Così recitava – Tradizione e Distinzione – uno striscione che appariva in Curva Sud diversi anni fa, mai dimenticato, come tutti gli altri striscioni naturalmente. Riprendo questi termini per ricordare lo stadio Olimpico degli anni d’oro della tifoseria Romanista, dove non esisteva angolo vuoto che non fosse ricoperto da una pezza o da uno striscione. Parole diverse, ma dai colori che univano tutto il popolo della Curva Sud: il giallo ocra e il rosso pompeiano.
Storie di tifoseria
Non è di certo un inno allo striscione, che ricordo con orgoglio e onore, ma una specifica riguardo la tifoseria giallorossa che in questi ultimi anni ha subito un enorme cambiamento. Molti dei personaggi che hanno fatto la storia della tifoseria giallorossa hanno abbandonato il settore per ritrovarsi tutti insieme, ancora una volta, non piu’ in quello spicchio di stadio, bensì nel settore in basso la Tribuna Tevere. Tutti uniti, tutti insieme.
I gruppi storici
Alcuni vecchi incalliti tifosi e gruppi invece sono rimasti al loro posto e, con l’ausilio della poca memoria rimasta, ricordo con affetto e emozione due gruppi di Curva Sud che hanno fatto la storia romana e romanista, Fedayn e Boys. Gruppi storici che nonostante le avversità ideologiche, seguono assiduamente fianco a fianco la Roma in ogni sua prestazione calcistica, campionato coppa europea e, se anche fosse, la piu’ banale partita amichevole anche contro la squadra dal nome impronunciabile o da chissà quale minore categoria calcistica.
È il fenomeno della tradizione che fa stare sugli spalti gente che per qualsivoglia ragione fa parte di questi due storici gruppi che hanno insegnato la storia del tifo al mondo intero.
Il mio forte sentimento mi riporta negli anni del Commando Ultra Curva Sud, uno striscione di ben quarantadue metri che prendeva tutta la curva, posto sul vetro in basso ma ben visibile da chiunque.
Il tifo è memoria
Al cuore non si riesce a dare un input diverso da quello dei ricordi, ed ecco che in questo campionato appena iniziato, certe memorie riprendono il loro percorso storico e tornano alla mente come fossero quegli anni, i migliori anni della nostra vita…Non voglio fare torto a nessun altro striscione che per scarsa memoria non riporto alla luce, sono tutti impressi nella storia e con essi volti e bandiere, sciarpe e soprannomi di gente che viveva i propri novanta minuti in perfetta sintonia con il fratello di curva accanto.
I cori
Voglio però ribadire un concetto basilare che è legato al termine tradizione, quello legato strettamente ai cori che partono dai vari settori per poi unirsi in uno e unico canto d’amore per la Roma, la nostra amata A.S.Roma.
Come non ricordare quello legato alla marsigliese che partiva dopo solo alcuni secondi dall’inizio della partita per arrivare allo struggente coro di una certa partita di coppa che ha visto protagonisti canori una curva intera cantare senza mai fermarsi a sostegno della squadra che proprio in quella partita alzava bandiera bianca contro uno squadrone germanico. Episodio molto legato al cuore del presidentissimo Dino Viola.
L’inno
Oggi tutto questo ha lasciato il posto all’inno vero della Roma, quello che ci distingue per amore viscerale da tutte le altre tifoserie, cantato da un Antonello Venditti di parecchi anni fa e di altrettanti parecchi capelli fa…
A cantarlo in coro è uno stadio intero che non può di certo sottrarsi a tale melodia. Fortemente voluto, prima dell’inizio della partita dall’attuale signor allenatore e sottoscritto fermamente dalla sempre più presente dirigenza tutta stelle e strisce, contro ogni forma di regolamento. Ultimamente ci sono state alcune flebili polemiche legate proprio all’inno cantato in curva per l’aggiunta di due bellissimi termini come “Bella” e “Mia” che, se pur struggenti hanno creato un dibattito, a volte acceso, tra la vecchia tifoseria e quella attuale.
Nessuna polemica
I vecchi sostengono che un inno debba rimanere per sempre nel ricordo e nel canto così com’è, senza nessuna aggiunta.
Qualcuno dei giovani sostiene invece che i due termini diano un senso maggiore di appartenenza ai colori giallorossi.
Lungi da me ogni sorta di polemica, democraticamente tutto è ammesso, dico soltanto che per onore della tradizione romana e della distinzione giallorossa l’inno dovrebbe rimanere quello del tutto originale, senza nessuna sentimentale forma di amore.
Gli altri
Da quello che posso ricordare altre tifoserie, magari odiate ma riconosciute dal mondo come quella dei reds del Liverpool, il loro inno non lo hanno mai aggiornato. “You’ll never walk alone” quello era, quello è, quello sarà, fino a quando il pallone rotolerà sui rettangoli di gioco. Capiamoci però, ho solo fatto un esempio che non ha alcun tipo di sentimento verso quella squadra!
Lo stesso discorso vale anche per il piccolo coro rivolto all’ultimo dei campioni arrivati a vestire la nostra maglia, proveniente, guarda caso, da quella nazione. Sto parlando del jingle che accompagna Gini Wijnaldum, ripreso proprio dai tifosi inglesi e dalla Kop del Liverpool. Eppure per anni abbiamo cantato a squarciagola l’odio, prettamente calcistico, verso la squadra che maledettamente scese a Roma e portò via il trofeo più importante dell’epoca.
Anima nostra
Se deve essere un simpatico motivetto da attaccare ai cori della curva, lo sia solo a vantaggio del giocatore, ma non più di tanto e non per tutto l’intero campionato. In fondo siamo esperti di cori inneggianti i nostri calciatori e la nostra amata squadra, cantiamo le nostre canzoni senza andare a toccare inni che ci piacciono molto meno.
Tradizione e Distinzione non è solo un modo di dire, un vecchio gruppo o un vecchio striscione.
Tradizione e Distinzione è stile e anima nostra.