Chi come me ha quell’età per cui, in anni verdi, ha potuto assistere “live” alle gesta eroiche e leggendarie dei campioni del calcio dagli anni settanta in poi, non potrà che confermare il privilegio unico che ci è stato concesso. I nostri campioni li chiamavamo “il Cigno di Utrecht”, “le Roi”, “el Pibe de Oro”, il “Fenomeno”, “Spillo”, “il Kaiser”, “Penna Bianca”, “il Barone”, “il Profeta del Gol” e via discorrendo. I campioni di oggi, invece, hanno nomignoli di una banalità disarmante come “la Pulce” o “CR7”. Il primo evoca un parassita molesto e pernicioso che prospera nel pelo di cani poco curati; il secondo ricorda la marca di un liquore di scarsa qualità. Tempi che cambiano. In peggio, a quanto pare. Davvero vuoi mettere a paragone questi con quegli altri? Perderesti sempre, lascia stare.
Il “tuttocampista” fuori quota
Quell’elenco di assi della vecchia scuola non mi è sopravvenuto a caso: sono i campioni che ho avuto la fortuna di veder giocare dal vivo nei più svariati stadi d’Italia, ad eccezion fatta del Kaiser e del Profeta del gol. Le loro giocate, i loro gesti tecnici, i loro gol mi sono rimasti nel cuore e nei ricordi. Tra questi, davvero non saprei scegliere chi mi ha impressionato di più. Sarebbe semplice indicare “el Pibe de oro” come quello che più ha rapito il mio interesse, ma mentirei; il paio di volte che mi è capitato di osservare il suo “operato”, ne sono rimasto deluso. Maradona era un genio anche quando non era in forma, ma era pure capace di rendere prestazioni deludentissime quando aveva poca voglia di scendere in campo: non devo essere stato fortunato, ecco tutto.
Curiosamente, il “tuttocampista” che mi ha impressionato di più non è in questo elenco. Per quanto ne so, non gli è mai stato affibbiato un soprannome che ne riassumesse le immense doti e così rispondeva semplicemente al suo nome d’anagrafe: Gordon Cowans.
Dall’Aston Villa al Bari
Gordon Cowans, nato sotto la corona britannica a West Cornforth il 27 ottobre 1958, di professione regista del football, fu ingaggiato dall’allora “Associazione Sportiva Bari” nell’estate del 1985. Il presidente Vincenzo Matarrese durante quella torrida estate volle impegnarsi al massimo delle sue possibilità diplomatiche e – soprattutto – economiche, per dare al capoluogo pugliese una squadra competitiva che potesse puntare a qualcosa di più di una comoda salvezza. Rotti gli indugi, mise mano al portafoglio, e staccò un assegno di un miliardo e mezzo di lire a favore dell’Aston Villa per portare a casa il regista e il suo compagno di squadra Paul Rideout. L’operazione non impressionò molto i baresi che invece mugugnarono parecchio all’annuncio dell’acquisizione di quei due inglesi sconosciuti e fuori dal giro dei grandi nomi che giravano intorno alle notizie di calciomercato. Erano però solo pregiudizi di chi poco aveva dimestichezza con il calcio britannico. I tifosi baresi conclusero frettolosamente (e come scopriranno più tardi, colpevolmente) che Matarrese aveva comprato due, “scarpari”. A quella delusione si aggiunse lo smacco salentino: gli acerrimi rivali del Lecce, nella stessa sessione di mercato, avevano portato in Salento i più appetibili – ma solo per il fatto di essere argentini – Barbas e Pasculli e, a svernare, un tizio da niente, conosciuto dai più per un pomposo soprannome: “Barone”. Trattavasi di Franco Causio. Insomma i baresi, di primo acchito, qualche motivo di insoddisfazione, oggettivamente, pure ce lo avevano.
I successi di Gordon Cowans
Ma per loro torto: pochi infatti ricordavano che nemmeno cinque anni prima, stagione 1980-1981, quello sconosciuto che rispondeva al nome di Gordon Cowans, era stato il regista dell’Aston Villa che aveva vinto il campionato inglese dopo un’attesa durata sessantuno anni. Fosse stato solo quello: l’anno successivo, i “Villains” facevano “strike” vincendo la Charity Shield e – nientemeno – la Coppa dei Campioni.
Con una squadra di giocatori semisconosciuti, con pochissima tecnica a disposizione e nessun passato credibile, i ragazzi di Ron Saunders portarono fino in fondo la loro stagione diventando la sesta squadra inglese di seguito a vincere il più nobile trofeo continentale dopo che Nottingham Forest e Liverpool si erano divisi le ultime cinque edizioni, due successi i primi e tre i secondi.
La finale dei Campioni
Il 26 Maggio 1982, nello stadio di Rotterdam, in finale avevano avuto la meglio sul Bayern Monaco, che quell’anno vantava davvero uno squadrone: Klaus Augenthaler, Paul Breitner, Dieter Hoeness, Karl Heinz Rummenigge, i più noti. Dall’altra parte, una squadra la cui gran parte dei giocatori erano semplici portatori d’acqua, onesti mestieranti del pallone. I migliori, Peter Withe, Dennis Mortimer e lo stesso Gordon Cowans, contavano giusto una manciata di presenze in nazionale a testa. Su YouTube è presente più di un video dove è possibile vedere i riflessi filmati di quella finale, con i tedeschi in istituzionale casacca rossa a prendere letteralmente a pallate gli inglesi in completo bianco. L’assalto del Bayern si fermò su tutti gli ostacoli che l’Aston Villa potè opporre, sulle innumerevoli parate di Jimmy Rimmer e sul muro composto dai rocciosi Allan Evans e Ken Mc Nought. Gordon Cowans spese tutte le sue riserve polmonari nel tenere in piedi la squadra e nel tentativo di ricucire le trame di centrocampo, giocando sapientemente decine di palloni malgrado il forsennato pressing del centrocampo bavarese. Con la sua capacità di calcio tenne in continua apprensione la difesa tedesca con i suoi tiri piazzati. Nel secondo tempo il copione fu identico, solo che in occasione dell’unica sortita dell’Aston Villa questi segnarono grazie ad un tiro svirgolato di Mortimer che si trasformò in assist per Peter Withe. Il centravanti si ritrovò in assoluta solitudine davanti al portiere Manfred Muller e potè appoggiare in rete a porta praticamente vuota. Inaspettatamente in svantaggio, a nulla servirono i furiosi tentativi del Bayern di invertire l’abbrivio della partita. I tedeschi ci provarono fino alla fine e quando si videro pure annullare un gol di Rummenigge per un macroscopico errore del guardalinee nella valutazione di un fuorigioco, realizzarono che niente avrebbe potuto evitare la loro sconfitta. L’Aston Villa nel giro di soli due soli anni aveva vinto il suo settimo campionato (il sesto risaliva al lontano 1910) e la sua prima e ultima Coppa dei Campioni: un vero e proprio miracolo sportivo che fino a quel momento era stato realizzato solo dal Nottingham Forest nel 1979.
L’esordio con il Bari
Tornando a quell’estate del 1985, non occorse molto tempo prima che i baresi si rendessero conto che Gordon Cowans era tutt’altro che un parvenue. E di che campione di razza gli aveva portato in casa il presidente Vincenzo Matarrese!
Cowans debuttò contro l’Ascoli ad agosto in Coppa Italia e neanche dopo dieci minuti di gioco un suo magistrale calcio dal corner permise, al già compagno del Villa Paul Rideout, di insaccare di testa il gol dello 0-1. Durante tutto il primo tempo Gordon dispensò giocate di classe tra lanci millimetrici e passaggi misurati scientificamente con i quali più volte mise gli attaccanti baresi davanti al portiere ascolano, sempre senza successo. Il suo movimento continuo collegava la fase difensiva con l’attacco, dettava i tempi, chiamava schemi e soluzioni tattiche, il tutto sempre a testa alta e con una pulizia di tocco mirabile. Purtroppo di tutte queste doti si accorsero anche i ragazzi dell’Ascoli che presero a picchiarlo senza risparmio: Cowans, che i baresi come per tutti i nomi stranieri pronunciavano alla francese mettendo l’accento sull’ultima sillaba, al quindicesimo del secondo tempo dovette uscire per un ruvido intervento di Sabadini sulla già martoriata caviglia destra. Sembrava niente, invece per quel malanno Cowans, anzi Cowàns, stette fuori ben quattro mesi.
Le stagioni cadette
Quando rientrò, nel gennaio dell’anno successivo, era già troppo tardi. Il Bari era ormai molto indietro in classifica e non bastarono le sue residue venti presenze per rimettere in sesto la bagnarola. Il Bari retrocesse malgrado un buon inizio di Paul Rideout, che segnò con una certa continuità fino alla metà del girone d’andata, per poi perdere inesorabilmente la sua vena realizzativa. La fine delle contese registrò un bottino non esaltante per il centravanti, solo 8 gol in una trentina di partite. Al termine di quella stagione Bruno Bolchi salutò i suoi ragazzi e il nuovo allenatore, Enrico Catuzzi, ottenne da Matarrese di trattenere in squadra i due inglesi anche per quella a venire. Le vicende che ne seguirono furono alterne: mentre Cowàns si calò bene nel calcio cadetto grazie alla sua grande classe, Paul Rideout si confermò un attaccante troppo grezzo anche per la nostra serie B. I due completarono ancora due stagioni in biancorosso senza però riuscire a far tornare il Bari nella massima serie.
Ritorno a casa
Nell’estate del 1993 Cowans tornò all’Aston Villa ma non fu mai più quello stesso giocatore che guidò la squadra alla vittoria della Champions League nel 1982: poche le presenze, nessun gol. Martoriato dai tanti infortuni patiti lungo la sua carriera, in cerca di sé stesso e della forma migliore, diventò un girovago: Wolverhampton, Sheffield Utd, Bradford, Stockport County e infine Burnley furono i club di seconda divisione in cui dispensò, insieme agli ultimi spiccioli della sua carriera, la sua immensa sapienza calcistica. L’addio al calcio di Cowans fu mesto, con sei sole presenze nel Burnley nella stagione 1997-1998.
Chiedi chi era Gordon Cowans
Se chiedi in giro per Bari, pochi ti risponderanno di ricordarsi di tal Cowàns. Insomma, si può dargli torto? Ne è passato di tempo da quando l’associazione sportiva Bari ancora giocava nello Stadio della Vittoria, a due passi dal lungomare e dai bastioni della Fiera del Levante. Nel frattempo di biancorosso si sono vestiti fior di campioni, per lo più “registi”: David Platt, Zvonimir Boban, Pietro Maiellaro, Antonio Cassano, hanno tutti indossato la prestigiosa, ma pesante “10”, con fortune alterne. Tutti bravi, tutti fortissimi, gente che ha poi vinto tanto o tanto poco. Ma di questi, nessuno è anche minimamente avvicinabile a Gordon Cowans, anzi Gordòn Cowàns. Ho esagerato? Non ci credi? Vuoi capire quanto grande fosse? Fai così: stila un elenco dei tuoi preferiti dieci migliori giocatori di tutti i tempi. Metti al primo posto Maradona e al secondo Pelè, o viceversa, vedi tu. Poi, a seguire, inserisci – che ne so? – Van Basten, Platini, Cruijff, Del Piero, Zico, Puskas in quest’ordine o nell’ordine che preferisci. Inserisci a tuo gusto, scientificamente o come viene viene. Finito? All’undicesimo posto c’è Gordon Cowans.