Fedayn. Colori, tifo e valori

Fedayn, ovvero 50 anni di amore incondizionato per la Roma. Una storia di tifo che si chiama vita e passione sconfinata.
Fedayn

Non sono una persona sopra le parti. Di anni passati in Curva Sud ne ho trascorsi tanti, forse due generazioni passando da Giacomo Losi fino a Francesco Totti, ovvero, i Capitani della “Maggica”. In questo lungo tempo ho conosciuto tanti ragazzi, ora uomini dai capelli argentati con i quali ho avuto un ottimo rapporto, nel rispetto e nell’educazione che distinguono quel mondo spesso denigrato da un perbenismo di facciata: il mondo ultrà.

Il tifo contro

Quante critiche al “tifo contro”, quante illazioni e malevolenze sulle Curve piene di ragazzi dalla fedina penale poco pulita.
Giudizi da poco, viziati da pregiudizi favoriti anche da certa stampa, spesso più che altro alla ricerca del caso da sbattere in prima pagina. Giudizi e pregiudizi il più delle volte sbandierati da chi quel mondo non lo conosce se non per storie raccontate e spesso inventate. Pregiudizi di chi non ha mai capito quanto amore si porti dentro chi va allo stadio a volte quasi senza vedere la partita, perché rivolto verso la Curva che aspetta solo un cenno per iniziare a cantare.

La mia Roma

Ho sostenuto la mia Roma per decenni e ogni volta ho perso la voce in quei novanta minuti di passione, ho deriso e anche insultato gli avversari e i loro tifosi, inutile nascondersi dietro a un dito.
Ho avuto la grande fortuna di conoscere i più grandi sostenitori della “Maggica” che hanno vissuto la Curva. Qualcuno ancora oggi allo stadio, altri non più presenti per il peso degli anni, altri ancora invece hanno cambiato campo e sono andati in Curva Paradiso.  Con nessuno ho avuto mai modo di discutere, di litigare, meno che mai di arrivare alle mani e con ognuno di loro ho gioito e sofferto fino a piangere per una sconfitta. Ribelli e dannati tutti noi, ma un cuore unico per tutti.

fedayn
(Photo credit: Stefano Trippetta)

Fedayn. Figli di Roma

È di questi tempi l’anniversario di uno dei gruppi storici della Curva Sud, e mi onoro di dichiararmi un grande amico fraterno di chi ha fatto la storia dei Fedayn: il Guerriero e Alessandro Marchionni, per tutti “Giorgetto”, andato via troppo presto, fratello di mille e mille partite che una volta, tanto per distinguersi a suo modo, si travestì persino da Papa.
A marzo hanno festeggiato i loro primi cinquant’anni di storia, hanno riempito Roma di manifesti e calato un meraviglioso striscione in quella strada che appartiene alla storia non solo del tifo, ma della città.
Nati in quello spicchio di Roma che al tempo era estrema periferia della Capitale prima i ragazzi dei quartieri di Cinecittà, Cecafumo, Quadraro e poi tutti gli altri in questo gruppo storico della tifoseria romana hanno trovato casa e famiglia.
Inutile dire, poi, che i Fedayn sono diventati uno dei gruppi del tifo organizzato più riconosciuti nell’emisfero del tifo calcistico.

Fedayn
(Photo credit: Stefano Trippetta)

Il Guerriero

Tanti gli episodi e gli aneddoti che mi legano ai Fedayn, ma di tutti ne voglio ricordare uno.
Voglio raccontare di quando, per puro caso e fortuna, ho incontrato su un mezzo pubblico il Guerriero. È bastato guardarci in faccia per riconoscerci subito e abbracciarci come due veri fratelli. Non ci vedevamo da diverso tempo, ma sembrava che fosse passato solo un attimo. In quel breve tragitto abbiamo ricordato nomi, partite e striscioni, colori e cori e alla fine quel suo saluto che non dimenticherò mai: “Onore a te fratè..!”

Ultrà

Solo un osservatore distratto o in malafede può relegare il mondo Ultrà in un perimetro sociale di disagio e di marginalità, tacciandoli di essere una specie di disturbatori di un tranquillo pomeriggio allo stadio.
Ultrà invece è tutta altra cosa: è amore assoluto alla maglia e ai colori, dedizione, sacrificio personale e spesso anche economico, è riconoscersi dietro una bandiera senza alcuna distinzione di ceto sociale o di fede politica.
Ultrà è amore che diventa fantasia creativa, capace d’inventare coreografie che dalla Curva non stupiscono solo lo stadio, ma bucano il video, entrano nelle case, riempiono i cuori anche di è lontano, esaltano e rendono orgoglioso chiunque di essere tifoso della Roma.

Fedayn
(Photo credit: Stefano Trippetta)

E quando more un prete…

Ho una certa età, ma ancora oggi tutto questo mi affascina e mi lega ancora di più al mondo del mio pallone, quello che ho iniziato a vivere poco più che bambino e che non lascerò mai.
Certo, il mondo cambia e anche il tifo può cambiare mode e modi, ma il mio mondo è sempre quello dipinto da una frase di grande significato, scritta su una maglia di colore amaranto con i caratteri di colore giallo ocra: Ricordo che gridavi forte il tuo odio contro la repressione mettendo in gioco la tua sorte in questa tua ribellione”.
Per altri mille anni ancora Fedayn e il mio ricordo legato al vostro inno: “E quando more un prete…”

 

Stefano Trippetta 64 anni, romano. Scrittore non per vocazione ma solo per passione rivolta alla città che fortunatamente mi ha voluto, scelto e cresciuto. Attraverso il filtro di una buona memoria sono riuscito a dividere questa grande madre: da una parte la Roma del cuore, la Lupa, tatuata con orgoglio; dall'altra quella razionale legata a ogni tipo di cambiamento, atteggiamento, costume.

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