Oronzo Pugliese è nato il 5 aprile 1910 a Turi (BA). Il tecnico pugliese, proveniente dal Foggia che aveva allenato con tale maestria da fargli assegnare il prestigioso premio Il Seminatore d’Oro, subentra all’argentino Juan Carlos Lorenzo e allena la Roma dal 1965 al 1968.
Don Oronzo Pugliese si è seduto sulla panchina giallorossa in 98 partite di Campionato, 3 di Coppa Italia, 2 di Mitropa Cup e 10 di Coppa delle Alpi. Il suo score recita: 115 gare con 37 vittorie, 37 pareggi e 41 sconfitte. Nei tre anni trascorsi con lui alla guida la Roma si è classificata ottava, decima ed ancora decima a pari merito(?) con la Sampdoria.
La prima stagione
Da ricordare del suo primo anno le vittorie casalinghe per 2-0 contro l’Inter di Herrera, poi vincitrice del campionato e contro il Milan per 1-0, nonché le vittorie corsare contro l’ostica Atalanta per 0-2 e contro la Fiorentina superata al Comunale di Firenze per 0-1. L’ultimo successo dei giallorossi in casa dei viola risaliva al 4 giugno 1961, Fiorentina-Roma 0-1 con rete di Menichelli.
La seconda stagione
Della stagione successiva 1966-67 meritano di essere ricordate la vittoria nel derby d’andata (23 ottobre 1966 Lazio-Roma 0-1 con rete di testa sotto la curva sud di Fabio Enzo su cross di Peirò) e quella 1-0 contro la Juventus, poi vincitrice del campionato il 4 ottobre 1966. L’autorete del bianconero Belcellino al 45⁰ minuto della ripresa fece esplodere di gioia gli spalti dell’Olimpico.
La settimana successiva i giallorossi vinsero anche a Bergamo (11 dicembre 1966, Atalanta-Roma 2-4 con rete di Colausig, Barison aut. di Poppi e Peirò)
Di rilievo anche il successo interno per 4-0 contro il Torino di Gigi Meroni il 24 dicembre 1966 con reti di Colausg, Enzo 2 e Peirò.
La settimana precedente Giacomo Losi aveva segnato a Foggia il gol del definitivo 2-2. Si è trattato del suo secondo ed ultimo gol giallorosso. Il primo, indimenticabile, lo aveva messo a segno, da infortunato relegato all’ala sinistra, il giorno 8 gennaio 1961 in Roma-Sampdoria, terminata con la vittoria in rimonta dei giallorossi ridotti in 10 per il grave incidente subito da Guarnacci costretto a lasciare il campo.
La rete di “Core de Roma” suggellò la vittoria dei Lupi per 3-2.
La terza stagione
Oronzo Pugliese viene confermato anche per la successiva stagione e nella prima parte del campionato sembra che la scelta fatta fosse quella giusta. La squadra, completamente rivoluzionata con le cessioni di Barison, Carpanesi, Colausig, Pellizzaro, Domenicacci, Olivieri, Russo, Schutz, Scala e Sensibile e con gli acquisti di Capello, Cordova, Ferrari, Jair, Pelagalli, Sirena e Taccola e con i rientri di Cappelli e Scaratti, inizia la stagione a spron battuto. Nelle prime sette giornate di campionato conquista 11 punti, frutto di 4 vittorie e 3 pareggi, che la portano al comando della classifica.
Ottime le prestazioni casalinghe contro le squadre del Napoli e della Fiorentina, entrambe battute dall’Olimpico per 2-1. Bella la vittoria corsara a Ferrara per 0-1, ottenuta grazie ad una rete fantastica messa a segno da Giuliano Taccola che superò in dribbling tutta la difesa spallina. Il centravanti toscano era già stato autore del gol del definitivo 1-1 a San Siro contro l’Inter.
Quella vittoria a Torino
La vittoria che condusse la Roma al comando della classifica del campionato fu quella di Juventus -Roma del 5 novembre 1967.
Pugliese mandò in campo la seguente formazione: Ginulfi (grande prova), Losi (capitano), Robotti, Carpenetti, Cappelli, Pelagalli, Ferrari, Capello (artefice della rete giallorossa su travolgente azione di Taccola), Jair, Taccola, Peirò.
La squadra, sospinta da oltre 10.000 tifosi venuti da Roma con tutti i mezzi, tra cui un treno speciale al quale erano state aggiunte così tante carrozze che per raggiungere le ultime si rese necessario percorrere sulla massicciata un lungo tratto oltre il marciapiede, disputò una partita entusiasmante vincendo meritatamente per 0-1.
Il Corriere dello Sport lunedì uscì con il titolo scritto a caratteri cubitali “Mai la Roma così grande”.
La squadra, al suo rientro a Roma, venne accolta alla stazione da una folla osannante che portò in trionfo alcuni calciatori.
Un Mago tira l’altro
La Roma, formata da diversi giocatori non di eccelso livello tecnico, andrà purtroppo a spegnersi. Dopo aver terminato il girone d’andata con 16 punti, nel girone di ritorno ne raccoglie la miseria di 11 (solo 2 le vittorie colte contro il Varese in casa per 2-0 e contro il Cagliari in trasferta per 1-2) e conclude il campionato a 27: il punteggio peggiore della Roma di Pugliese.
Dopo quest’annata negativa Don Oronzo non venne confermato e la guida tecnica della squadra passò ad Helenio Herrera.
Don Oronzo era oltre
Sul comportamento pirotecnico di Oronzo Pugliese, che a volte correva lungo linea con un asciugamano al collo per spronare la corsa dei suoi calciatori lanciati contro la porta avversaria, sulle sue colorite dichiarazione – richiestogli un parere su alcuni calciatori di non grande valore eventualmente da acquistare rispose: “Peppa per peppa, mi tengo la peppa mia” – e sul suo curioso abbigliamento – vestito di lino bianco con scarpe bicolori bianche e nere anche d’inverno se la scaramanzia lo richiedeva – si è parlato molto.
Il giornalista Enzo Sassi ha scritto sul pittoresco allenatore, nominato per meriti sportivi Commendatore della Repubblica, chiamato il Mago di Turi, tutto grinta, furbizie e buon senso contadino, il libro “La Roma di Don Oronzo” (1967, Edizioni Mediterranee) e il giornalista Giovanni Cataleta il libro “Oronzo Pugliese. Quando nel calcio esistevano i maghi” (2000, Utopia Edizioni).
Da Oronzo a Oronzo
Per ripetere le parole dello storico romanista Massimo Izzi “Che Oronzo Pugliese abbia rappresentato qualcosa di importante nella storia del calcio italiano è evidente anche per il lascito di memoria che la sua figura è stata capace di creare. Non è un mistero che l’Oronzo Canà del film L’Allenatore nel pallone sia stato disegnato da Lino Banfi sulla ricca anedottica raccolta sul Mago di Turi.
Pugliese, comunque, per la sua simpatia e schiettezza, per il suo vivere la partita con ardore e passione e per ricordare sempre ai giocatori di rispettare i tifosi, ha lasciato un caro ricordo di sé.