Rari. Preziosi come tutto ciò che è raro. Fuori dagli schemi e dalle righe, sono uomini che del loro passaggio lasciano segni capaci di entrare nel profondo e di non uscirne più. Sono uomini che spesso ti fanno perdere le parole, perché ognuna di quelle che trovi ti sembra troppo piccola per raccontarli.
Giorgio Rossi è – non era, è – uno di loro.
55 anni di Roma sono un’immensità affettiva
Impossibile raccontare tutto quello che Giorgio Rossi ha fatto e che, soprattutto, è stato per la Roma. Provate a raccontare un grande amore, un amore che dura una vita, sempre quello, solo lui; non ci riuscirete, non troverete la sintesi. Potrete trovare aneddoti, momenti, emozioni che si rincorrono e ogni volta troverete lo stesso sapore.
Giorgio Rossi ha fatto crescere i ragazzini, li ha visti diventare ragazzi, poi uomini e più di uno diventare campione. Li ha consolati quando serviva, li ha sferzati, rimessi prima in piedi e poi in campo. Li ha visti delusi e contenti, litigare e fare pace, li ha visti andare via, qualcuno prima del tempo, e ha visto quelli che sono rimasti per sempre.
Nessuno di loro lo ha dimenticato.
Dal 1957 per sempre
Arrivato alla Roma nel 1957, ne diventa primo massaggiatore 29 anni dopo, nel 1986. Se vi sembrano tanti, guardatevi indietro: sono un attimo. Rimane con la squadra fino al 2012, rimane con il cuore in mano e le sue mani sì che sapevano cosa e come fare. Va via perché è diventato grande; lo dicono i segni sul viso e sulle mani, gli occhi che si sgranano acquosi, ma il cuore è quello di un ragazzino. Il cuore con la Roma rimane per sempre.
Un giorno di settembre
Giorgio Rossi con la Roma rimane anche dopo quel giorno di settembre, il 23 di cinque anni fa. Lui, quel giorno, cambia solo campo. Ma sì, dove pensate che sia mai andato Giorgio Rossi se non di nuovo a bordo campo, accanto a Renato Sacerdoti, a Dino Viola e a Franco Sensi, insieme al Barone pronto a rimettere a posto tutti quelli della squadra Paradiso, Giuliano, Ago e adesso anche Alberto, il portiere che non voleva essere ricordato per un rigore parato a Pelé.
A Giorgio Rossi tutti hanno voluto bene e in chiesa, a Don Bosco, quel pomeriggio c’erano tutti
“…oggi lo voglio ringraziare per quello che ha fatto per noi. Non lo ringrazio come capitano della Roma, ma come il ragazzino che dimenticava la cinta o i calzini e lui mi dava la sua. Era una persona unica”, così disse Daniele De Rossi.
Quattro le parole infinite di Francesco Totti “…era come un papà”. Già, come un papà.
Eusebio Di Francesco, allenatore del tempo, disse “…ha insegnato a tutti a essere sé stessi nella vittoria e nella sconfitta. Lui mi chiamava ogni tanto anche quando ero via da Roma per dirmi “ti voglio bene”.
Ecco, un uomo così come lo vuoi chiamare se non papà.
Sul marmo e sul cuore
Noi Cavalieri della Roma oggi, cinque anni dopo il suo cambio di campo, ricordiamo con affetto Giorgio Rossi, uomo prezioso. Lo ricordiamo come ha voluto essere ricordato lui quando ha lasciato detto di scrivere sul marmo quello che aveva scolpito nel cuore.
Ciao Cavaliere della Roma Giorgio Rossi, è stato un onore averti con noi. Continua a volerci bene che qui manchi a tutti.