Alberto Ginulfi non è stato un portiere della Roma, è stato il Portiere della Roma.
Almeno per noi boomer. Almeno per chi ha visto da vicino, adulto o bambino che fosse, la Roma sofferente dei primi anni settanta. La Roma della Coppa Anglo-Americana del ’72, competizione ibrida di non brillante fortuna, ma che in quel grigio ’72 a Roma e alla Roma diede uno sprazzo di luce. La Roma di Marchini, del Mago e di Capello, Spinosi e Landini venduti alla Juventus.
La Roma di Ciccio Cordova, Amarildo, Del Sol ogni tiro è gol. Già, slogan da innocenza perduta.
E poi c’era lui. Il Portiere.
Alberto Ginulfi innamorato della maglia forse ancora più che del calcio.
Alberto Ginulfi che ieri è volato oltre i pali, oltre la traversa a inseguire quel pallone che per lui è stato vita e continuerà a esserlo anche dall’altra parte Alberto Ginulfi che uno, due, tre, via, tutti a ricordarlo con un coccodrillo già pronto per quel rigore parato a Pelé il 3 marzo del ‘72 nell’amichevole contro il Santos all’Olimpico. Come se avesse fatto solo questo. Come se fosse luce riflessa. Non bravo lui, ma bravo perché ha parato Pelé che lui sì che era bravo. Bel gesto, certo, ma dice bene De Gregori quando canta Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un calciatore.
Ecco, appunto, vale per chi tira e vale anche per chi para.
Quattordici anni di maglia
Oggi, domani, dopodomani e per chi verrà dopo ancora, Alberto Ginulfi merita di essere ricordato per i suoi quattordici di maglia giallorossa, per l’amore infinito con cui l’ha indossata e per tutti i goal presi, evitati, sventati.
Alberto Ginulfi di San Lorenzo, che a Roma non è un posto qualunque, ma quartiere con storia di ferro, vapore, sferraglio di treni e di bombe che fischiano sulla testa di gente senza colpa.
Giacomo Losi, capitano che della Roma è stato colonna, di lui disse “…un grande portiere che ho avuto alle spalle…un ragazzo d’oro”.
Ecco, un ragazzo d’oro. Ancora oggi, a guardarlo in faccia nelle vecchie foto, Alberto Ginulfi ti dice questo anche senza parlare. Un ragazzo d’oro, uno di quelli che oggi facciamo fatica a ricordare di che pasta fossero fatti. Un ragazzo d’oro fermato nel ’74 da un tracciato cardiaco che del suo cuore diceva cose strane. Fermo due mesi, Nazionale mancata per un soffio. Di cuore. Poi la vita cambia. Le due Coppa Italia e l’Anglo-Americana vanno in archivio insieme alla delusione della monetina della Coppa delle Coppe che ci beffa della finale. La maglia mai, quella ad Alberto Ginulfi rimane tatuata sul petto.
“…credo di aver fatto tanto per la Roma”
In tutto questo il rigore parato a Pelé è un dettaglio irrilevante se non per condire una nota di colore. Intervistato nel 2018 da Il Romanista, alla domanda sul rigore Alberto Ginulfi risponde testualmente “…non vorrei essere ricordato solo per quello. Certo, non è una cosa che capita tutti i giorni, ma io credo di aver fatto tanto per la Roma.”
Ecco, con grande affetto e rispetto, ricordiamo così Alberto Ginulfi, il Portiere che ha amato la Roma più di un rigore parato.
Il 17 settembre prossimo la Roma gioca all’Olimpico. Sembra quasi un appuntamento fissato nel tempo. Sono sicuro che tutti sapremo salutare Alberto Ginulfi come merita.