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Atletica Leggera. Ode alla Regina

Tokyo 2020 è storia dello sport italiano e segna il grande ritorno dell'atletica leggera, regina olimpica lontana dai riflettori e spesso trascurata dai media. L'atletica leggera è disciplina madre, pop, basica, può essere praticata con poco ed è la naturale via di accesso a una vita sportiva di lunga durata. Questa è una riflessione sul futuro dello sport come patrimonio nazionale. Un futuro che inizia con un'ode alla Regina.
atletica leggera

L’incredibile 6 agosto

Luigi Busa nel Karate kumite 75 kg, Antonella Palmisano nella 20 km di marcia, Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Eseosa “Fausto” Desalu e Filippo Tortu per la staffetta 4×100 consegnano all’Italia tre ori in un medagliere olimpico che segna il record assoluto di tutte le Olimpiadi.

Nella storia delle partecipazioni olimpiche italiane il 6 agosto sarà ricordato come la giornata dei tre ori e sarà leggenda al pari del primo agosto, la domenica dei due ori conquistati nell’arco di 15 minuti da Marcel Jacobs e Gianmarco Tamberi.

Ogni medaglia, di qualunque disciplina e di qualunque metallo sia, è un pezzo d’Italia, ci rappresenta tutti e ci fa essere orgogliosi di uno sport italiano che tra le mille difficoltà che lo stringono, riesce comunque a dare il meglio di sé.

I momenti stroardinari, come a tutti gli effetti dobbiamo considerare la missione olimpica di Tokyo 2020, devono però andare oltre l’euforia e stimolare riflessioni che li portino al futuro.

Ebbene, al momento in cui pubblichiamo, delle 10 medaglie d’oro italiane 5 vengono dall’atletica leggera che, oltre alle quattro già citate, includono il campione dei 20 km di marcia Massimo Stano,

L’atletica leggera è la disciplina olimpica madre oltre che una grande tradizione italiana.

Campioni, atleti e ragazzi

Volendo rimanere solo agli ori olimpici l’atletica leggera italiana si chiama Ugo Frigerio (1920/1924), Luigi Beccali (1932), Ondina Valla (1936), Adolfo Consolini (1948), Pino Dordoni (1952), Livio Berruti (1960), Abdon Pamich (1964), Pietro Mennea (1980), Sara Simeoni (1980), Maurizio Damilano (1980), Alessandro Andrei (1984), Gabriella Dorio (1984), Alberto Cova (1984), Gelindo Bordin (1988),  Stefano Baldini (2004), Ivano Brugnetti (2004), Alex Schwazer (2008).

All’elenco mancano Dorando Pietri, primo alla maratona olimpica di Londra 1908 ma il cui drammatico finale gli tolse il titolo.
E manca anche Carlo Airoldi, la cui ingiusta storia abbiamo raccontato e che se non fosse stato escluso ad arte dalla maratona ateniese del 1896, con ogni probabilità sarebbe stato la prima medaglia d’oro olimpica italiana.

Ai medagliati d’oro si aggiungono poi gli innumerevoli medagliati di altro metallo e i campioni primatisti mondiali, europei ed universitari.

Ai campioni, però, noi vogliamo aggiungere anche tutti i ragazzi che dal 1968 al 1997, per intuizione dell’allora presidente del CONI Giulio Onesti, hanno partecipato con divertimento, gioia e trepidazione ai Giochi della Gioventù, la grande iniziativa di avvicinamento allo sport che nei suoi trenta anni di vita ha visto la partecipazione di centinaia di migliaia di studenti tra gli 11 e i 17 anni,  scoprendo passioni e talenti che molti avrebbero poi coltivato a lungo.
Una iniziativa, che forse per un malcelato senso di modernità, fu poi
inspiegabilmente accantonata, tra l’altro privando lo sport italiano di un grande impianto narrativo.

Ode alla Regina.

Oggi, sulla scia dello straordinario successo olimpico di Tokyo 2020, non possiamo non sottolineare come con le discipline dell’atletica leggera abbia vinto uno sport lontano dai riflettori e dal protagonismo social, uno sport fatto di sacrificio, di allenamenti che assaggiano aria, pioggia e sole alto.

L’atletica leggera è una chiave di accesso pop allo sport.
Basicamente, correre è per tutti e su questo deve essere ricostruito un clima culturale che renda la pratica sportiva abituale, lavorando soprattutto sui ragazzi in età evolutiva.
L’educazione fisica nelle scuole elementari e medie deve essere insegnamento centrale, deve insegnare ai ragazzi il piacere del movimento che da gioco diventa sport, promuovendo tutto l’impianto valoriale che lo sport si porta dietro; conoscenza di sé stessi, spirito competitivo sano, rispetto per l’altro, capacità di collaborare e di definire obiettivi personali e comuni.
Valori preziosi per una vita.

L’atletica leggera con i suoi esempi di atleti e campioni a tutto tondo è la piattaforma ideale per orientare una rinnovata politica di educazione allo sport capace di scoprire e valorizzare talenti, di educare al rispetto di sé stessi e del proprio benessere psico-fisico di lungo periodo fatto di pratica sportiva e buona alimentazione.

Uno sguardo al futuro

I Giochi della Gioventù mancano a tutti.
A noi che li abbiamo vissuti e a chi, invece, non sa cosa si è perso.

Oggi il successo olimpico italiano, e dell’atletica leggera in particolare, è l’occasione non rinviabile per incentivare la pratica sportiva e promuovere un’attitudine al benessere psico-fisico, obiettivo di salute pubblica e patrimonio del Paese.

Un progetto ambizioso, forse, ma in fondo, perché mai non dovremmo lasciare il piccolo cabotaggio e affrontare il mare aperto?
Un progetto che deve anche costruire immaginario, dare corpo ai sogni e lavorare sul fascino delle storie personali di campioni che diventano testimoni – non testimonial, che è un’altra cosa -.

Un grande progetto inizia sempre con una grande suggestione.
Proprio come fece John Fitgerald Kennedy quando il 12 settembre 1962 nel suo discorso allo stadio della Rice University di Houstun annunciò l’avventura della Luna dicendo: Scegliamo di andare sulla Luna in questo decennio e fare le altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili; perché quell’obiettivo servirà a organizzare e misurare il meglio delle nostre energie e capacità, perché quella sfida è una sfida che siamo disposti ad accettare, una che non siamo disposti a rimandare e una che intendiamo vincere.

Sostituiamo Luna con Sport e facciamolo.
Può essere ambizioso, ma anche più facile di quanto si possa pensare.

 

Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)

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