Atto di fede, sì, atto di fede. Non è il primo, non sarà l’ultimo.
Come vuoi commentare Roma-Milan?
Il Milan ha giocato meglio. O meglio, ha giocato. Superiorità fisica nella prestanza e nella preparazione dei giocatori che non sembrano affetti da rodaggio di terza partita, ma già in palla come se fossero alla decima di partita.
Superiorità tattica non discutibile. Messi in campo per occupare tutto il campo, i milanisti non lasciano spazi vuoti, ma li creano visto che si infilano nella difesa romanista più o meno a piacere.
Superiorità nella visione di gioco. I milanisti non fanno girare la palla, con la palla al piede attaccano e, fattore non trascurabile visto che si gioca a calcio, cercano anche di segnare. Ci riescono quasi subito, anche se su rigore.
Rigore sì o rigore no?
Usciamo dal giochino. L’arbitro richiamato dal VAR ha concesso il rigore, quindi diciamo che la gamba di Rui Patricio su Loftus- Cheek era troppo alta e fuori tempo. Il contatto c’è stato, arbitro e VAR dicono rigore. Concessione generosa? Il campionato è appena iniziato, aprirlo con le polemiche è inutile. Soprattutto perché così si evita anche il rischio di trasferire le criticità della squadra e del suo assetto sulle spalle di altri. L’arbitro ha dato rigore, il rigore c’era.
Atto di fede.
Se non tiri non segni
49 minuti di primo tempo e, nonostante lo svantaggio da recuperare, nessun tiro nella porta del diavolo.
Normale? Troppo normale non mi sembra. Per arrivare al primo vero tiro che impegna il portiere del Milan si devono aspettare circa 70 minuti di gioco. Un’enormità, ma i tiri prima o poi li faremo e segneremo anche.
Atto di fede.
L’Olimpico lo attendeva
Prima il tripudio della presentazione ufficiale, e va bene. Dopo, quando lo speaker ha passato in rassegna i nomi dei giocatori che sarebbero scesi in campo e di quelli destinati alla panchina, ognuno è stato salutato da cori e applausi tranne uno, l’ultimo.
L’ultimo, quello con il numero 90 sulle spalle, 90 come la paura, Romelu Lukaku, è stato accolto da un boato.
Sì, l’attesa era tanta e poco è mancato che dopo un paio di minuti dall’ingresso in campo Lukaku non mandasse in rete la prima palla giocata. Non è successo, ma se fosse successo l’Olimpico sarebbe venuto giù in ogni posto di ordine e grado.
Non è successo, ma succederà.
Atto di fede.
L’espulsione di Tomori al ’60 e gli ingressi di Bove, Lukaku e Spinazzola, danno alla Roma un po’ di movimento e di presenza in campo, ma le imprecisioni dei passaggi continuano, così come continuano cross e calci d’angolo quasi puntualmente tirati sull’uomo, piuttosto che a scavalcarlo. Di fatto, inutili. La superiorità numerica giallorossa si vede a sprazzi e comunque non impedisce ai milanisti in svantaggio numerico qualche discesa di troppo.
Note positive
Note positive della terza del campionato giallorosso da cercare con il lumicino. Una bella parata “una” di Rui Patricio che nel primo tempo evita il doppio svantaggio; Aouar che fin tanto che è rimasto in campo ha confermato le belle impressioni ricevute nelle prime due partite; Belotti che combatte solo e a testa bassa; Lukaku che fa intravedere la Roma che verrà; il goal di Spinazzola al ’92 che, se non certezze, restituisce almeno un po’ di dignità alla proporzione della sconfitta. Sia detto però che se il 2-1 è appena numericamente più dignitoso, il 2-0 avrebbe avuto un suo perché.
A questi punti tecnici, aggiungerei il silenzio stampa di Mourinho a fine partita. Una scelta di stile che personalmente apprezzo. Anche perché sentire le inevitabili parole di circostanza di Cristante “…adesso abbiamo la pausa che dobbiamo sfruttare per recuperare energie e ripartire” credo abbia precipitato più d’uno nello sconforto. Ma come recuperare energie? Alla terza di campionato, recuperare energie? Ma non si dovrebbe essere pieni di energie, stracolmi di energie, donatori di energie alla terza di campionato?
Ecco, direi meglio il silenzio. Finirà, sì finirà.
Atto di fede.
All’uscita, via dei Gladiatori più che una strada diventa un percorso terapeutico
Ascoltare le voci di stadio che rimbalzano su via dei Gladiatori concede un punto di osservazione singolare e strepitoso.
Si sente di tutto e il contrario di tutto. Terapia del tifo, appuinto. C’è persino chi giura che Mourinho se ne andrà perché ha già firmato con altri, mentre tanti non si danno pace per il mettere in campo la squadra con uno schema – a loro insindacabile parere – basato su un’indifendibile difesa a tre.
Dopo tre partite, un punto in classifica, sei goal subiti contro quattro fatti, c’è anche da chiedersi se per caso qualche motivo di attenzione questa voce, la seconda perché la prima è solo folklore, non lo meriti.
Di allenatore, per fortuna, ce n’è uno solo e non sessantamila. Ce n’è uno solo e non è uno qualunque. Lui quello che bisogna fare lo sa. Lo deve sapere per forza.
Atto di fede.
La Sud che canta
Mentre sono su via dei Gladiatori preso a cogliere voci e polso del tifo giallorosso in uscita, il tifo come sempre mi stupisce; la Sud canta ancora, come se niente fosse, come se non ci fosse un domani. Atto di fede, il loro, l’ennesimo della gente di curva.
Ora, senza andare oltre con tecnicismi tattici, la domanda che preme è una sola “Ma il campionato quando inizia?”
Oppure vogliamo considerare queste tre prime partite di stagione già campionato? Quello vero intendo, quello in cui si gioca al calcio, si sbagliano meno possibile i cross e si tira il più possibile in porta. Il calendario dice terza di campionato, ma il nostro sono convinto che debba ancora iniziare. E sono convinto che sarà bello.
Atto di fede.
Atto di fede, l’ultimo, almeno per questa sera.
Il campionato è iniziato e ogni campionato è fatto di vittorie, pareggi e sconfitte.
La Roma ha iniziato portandosi a casa un pareggio e due sconfitte. Le vittorie arriveranno, almeno statisticamente l’eventualità non teme grandi smentite.
Adesso piccola pausa, il campionato si ferma per gli impegni della Nazionale e riprenderà il 17 settembre con Roma-Empoli e un’unica certezza: non esistono più partite semplici o scontate. Per nessuno, però, non solo per la Roma.
Pensare diversamente rischia di trasformare l’atto di fede in atto di dolore.
Sarebbe troppo per tutti. Per Roma, per i tifosi della Sud e anche per quelli di via dei Gladiatori.
No, non ce lo possiamo permettere, proprio non ce lo possiamo permettere.