Olimpico di domenica. Olimpico alle 12.30, con il sole alto. Sembra lo stadio di un altro tempo, quello delle partite solo di domenica e solo alle 15.00. Le partite del “…perché, perché la domenica mi lasci sempre sola, per andare a vedere la partita di pallone, perché, perché, una volta non ci porti pure me...”. Rita Pavone cantava così nel 1956, Bruno Conti aveva appena un anno, ma quella canzone sarebbe rimasta nel tempo come un affresco di costume dell’Italia del boom. Un’Italia ottimista, fiduciosa e confidente in alcuni punti fermi; tra questi, la partita della domenica.
Poi i tempi sono cambiati, nel frattempo Bruno è cresciuto, ha girato un po’ intorno al baseball che si giocava a Nettuno ma poi, per fortuna sua, della Roma e del calcio, ha iniziato a giocare a pallone. Come tutti, ovviamente, giocando intorno casa. Prima con il Nettuno, poi con l’Anzio e poi, nel 1973 l’approdo in Primavera della Roma. Accolto da qualche scetticismo, lo vince dimostrando che la vera statura di un giocatore è quella tecnica, non quella dell’altezza.
I numeri di Bruno Conti
Fatto è che Bruno arriva e con la Primavera vince subito due scudetti, stagioni ’72-’73 e ’73-’74, e la Coppa Italia ’73-’74. Liedholm, siamo nel primo periodo giallorosso del Barone, lo fa esordire all’Olimpico il 10 febbraio 1974 contro il Torino. Un pareggio. Sono gli anni della “Rometta”. A seguire ci saranno un paio di parentesi al Genoa fino a quando, nella stagione ’79-’80, Bruno torna alla Roma per non muoversi più.
Roma per Bruno Conti significa sedici stagioni, 402 maglie e 47 goal, secondo scudetto, rigore sbagliato nella finale di Coppa Campioni contro il Liverpool e cinque Coppe Italia. Nel mezzo, ovviamente, la Coppa del Mondo dell’82.
Una vita di Roma
Roma per Bruno Conti significa amore sconfinato da giocatore – il 23 maggio 1991 la partita di addio contro l’Inter -, da allenatore – giovanissimi ed esordienti dal ’91 al ’93 e una panca di prima squadra ad interim nel 2005 – e da dirigente capace di seguire i ragazzi per farli diventare calciatori, ma soprattutto uomini. Significa aver sempre dato del suo per costruire la Roma del futuro in quello che per lui è stato un grande e unico presente.
50 anni e una domenica
Oggi l’Olimpico si è stretto intorno ai 50 anni di vita giallorossa di Bruno Conti così come solo lo stadio sa fare; applausi tutti in piedi, cori e bandiere. La maglia numero 7 incorniciata in un grande quadro portata sotto la curva, Bruno che agita mani e lancia baci al cielo, la grande bandiera che passa di mano e lui che la sventola da tifoso.
A vedere così, più che un saluto sembra la promessa di un amore ancora capace di sfidare il tempo.
L’altra domenica
Oltre alla domenica speciale di Bruno Conti, di domenica ce n’è stata un’altra: quella della partita. Rubando a D’annunzio, diciamo che partita vinta, capo ha. La Roma porta a casa 3 punti che servivano come non mai, El Sharawi risponde sul campo alle polemiche dei giorni appena trascorsi.
Non spetta a noi fare commenti tecnici, non è il nostro mestiere. Possiamo però dire di non aver visto un calcio spettacolare, ma di essere sobbalzati agli ennesimi pali così come abbiamo visto lo stadio sbuffare davanti a una lentezza nella costruzione del gioco. Possiamo anche dire di aver visto un rosso per Mourinho che, nel quadro di un arbitraggio forse con qualche fragilità di troppo, lascia particolarmente perplessi.
La questione tempo
Segnare al ’90 come ha fatto El Sharawi non è solo una questione di gioco, è questione di mentalità. È questione di una squadra che fino all’ultimo secondo cerca di fare il suo gioco.
Tempo, minuti, secondi. Il Gioco, quello con la maiuscola è fatto esattamente di questo. Chi entra in campo può vincere o perdere e può vincere o perdere per bravura, per fortuna o per caso. Tutto può accadere e tutto si deve accettare perché il tempo è la regola fondamentale del Gioco.
Vedere giocatori, come quelli del Monza oggi, che sistematicamente perdono tempo – in primis il portiere Di Gregorio con le sue rimesse di lentezza estenuante – è un insulto al Gioco, un sotterfugio che non fa bene a nessuno, nemmeno alla classifica, nemmeno al Monza.
Il ricordo della Sud
Al dodicesimo minuto un lungo applauso parte dalla Sud e contagia tutto lo stadio. Uno striscione recita “Stefano e Cristian, 9 anni sono passati ma nessuno vi ha dimenticati!”. Stefano De Amicis e il figlio di 7 anni tornavano a casa in scooter dopo Roma-Bayern Monaco. A un maledetto incrocio una macchina li prende in pieno e loro, a casa, non sono mai tornati.
La Sud non dimentica. Il cuore di Roma, il cuore della Roma, è anche questo.