Search
Close this search box.

Pelé 1966. Una storia inglese

Pelé è il calcio. Lo è stato anche quando non glielo hanno permesso. Proprio come in questa storia inglese, una storia che inizia l'11 luglio del 1966.
pelé 1966

O Rei si nasce

Pelé è inutile spiegarlo.
Edson Arantes do Nascimento era un bambino che puliva scarpe e giocava con palle fatte di stracci, perché ad averli i soldi per comprare un pallone a Bauru, anni quaranta, nell’immenso Stato di San Paolo del Brasile.
Ma in fondo che vuoi che sia per uno che a meno di 16 anni diventa titolare in prima squadra del Santos, a 17 gioca in nazionale e a 21 viene dichiarato tesoro nazionale dal presidente brasiliano Jânio Quadros per scongiurarne la vendita all’estero e sorvoliamo su tutto quello che ha fatto dopo.
Il pallone per Edson Arantes do Nascimento, in arte Pelé, è un destino e lui è o Rei.

Pelé. L’uomo da abbattere

Alf Ramsey era uomo che sapeva del mondo e aveva occhio lungo.
Nel 1962, quando diventa allenatore dell’Inghilterra, inizia subito a ripetere che quel Mondiale, quello che avrebbero giocato in casa, sarebbe stato cosa loro.
Ramsey mette su una bella squadra, individualità forti, una squadra che può competere, certo, ma chissà.
Il Brasile, Campione del Mondo nel 1958 e nel 1962, è la squadra da battere e gli inglesi, padri nobili del calcio che non avevano ancora mai vinto nulla, lo sapevano bene.
In molti, e non solo inglesi, sapevano però che c’era anche un uomo da battere, o forse da abbattere, un uomo che aveva un numero, il 10, e un nome, Pelé.

pelé 1966
(L’Intrepido 28 luglio 1966)

La suggestione della saudade

Nel 1966 dalla copertina dell’Intrepido Walter Molino ci racconta una storia leggera.
Con un tratto grafico che disegna un’epoca e che lo farà essere uno dei più apprezzati disegnatori italiani, Molino restituisce al giovane lettore dell’Intrepido l’immagine di un Pelé malato di nostalgia per la lontananza dalla giovane moglie, con la quale si intrattiene a lungo al telefono, togliendo magari tempo prezioso agli allenamenti, come sembra ricordargli un trafelato Feola, l’allenatore della nazionale brasiliana.
In fondo la saudade è anima del Brasile, potrebbe anche essere andata così.
Ma in questo caso la saudade è solo una suggestione romantica.
La realtà fu diversa.

Il Mondiale del 1966

Sin dall’inizio, il Mondiale del 1966 non fu come tutti gli altri.
Le polemiche ci furono sin dall’assegnazione all’Inghilterra, proseguirono con la partecipazione della Corea del Nord, sarebbero passate per la strana storia della Coppa Rimet rubata e qualche tempo dopo “casualmente” ritrovata sotto un albero grazie a un cagnolino di provvidenziale curiosità, esplosero con il ritiro delle squadre africane e della Corea del Sud e il tutto messo insieme sarebbe stato solo il preludio delle polemiche finali.
Polemiche che, per quanto ci riguarda da vicino, furono quelle che scoppiarono a seguito della clamorosa sconfitta che subimmo dalla Corea del Nord con relativo rientro a casa anticipato, forti contestazioni di piazza e successivo esonero di Edmondo Fabbri.
Ma non fummo gli unici a tornare a casa.

La storia inglese di Pelé

La storia inglese di Pelé inizia l’11 luglio del 1966.
A Wembley la regina Elisabetta apre ufficialmente il Campionato del Mondo e l’Inghilterra ottiene uno scialbo pareggio a reti inviolate con l’Uruguay.
La storia inglese di Pelè si svolge però in tre puntate e non a Wembley, ma al Goodison Park di Liverpool, perché lui e il Brasile a Wembley non ci arriveranno mai.
A Liverpool il terzo girone diventa un tutti contro il Brasile.
O meglio, un tutti contro Pelè perché, di fatto, Bulgaria, Ungheria e Portogallo è contro di lui che giocano anche se, in effetti, l’Ungheria non ne avrà occasione.

Il 12 luglio il bulgaro Zekow, cannoniere di gioco rude, sotto gli occhi indifferenti dell’arbitro tedesco Kurt Tschenscher, lo colpirà duro al ginocchio e Pelè è costretto a fermarsi per quattro giorni.
Il 15 luglio l’Ungheria, come se il tempo fosse tornato indietro a quando era la grande Ungheria di Puskás, batterà il Brasile per 3 a 1.
Il 19 luglio il Portogallo trascinato da un grande Eusebio batte il Brasile per 3 a 1. Gli uomini allenati da Otto Glória picchiano forte, ma George McCabe, arbitro inglese, lascia fare. Picchia forte João Pedro Morais, difensore dello Sporting Lisbona, basso, agguerrito, capace di infilarsi nel campo e di segnare, ma capace anche di colpire e fare male, come fa con Pelè.
Il regolamento al tempo non prevedeva sostituzioni.
Pelè sarà in campo per tutta la partita, ma lo farà zoppicando vistosamente ed è l’ombra di se stesso.

Il Brasile che era arrivato a Londra forte di due titoli consecutivi conquistati, esce dai Mondiali.
Pelé è stato abbattuto e in aperta polemica con l’arbitraggio e il sistema inglese, dichiarerà che non avrebbe mai più giocato un Mondiale.
Nei fatti non andò così, e noi ce ne saremmo accorti quattro anni dopo, nella finale mondiale di Città del Messico, persa 4 a 1 con marcature aperte proprio da Pelè.

Le finali di Wembley

Il 30 luglio del 1966 a Wembley l’Inghilterra batterà 4 a 2 la Germania Ovest, sarà campione del Mondo, ma è anche un trionfo di polemiche per due goal, il terzo e il quarto, che sarebbero stati da annullare.
Di fatto il Mondiale del 1966 sarà ricordato come quello della coppa rubata.

Tornando ai nostri giorni, non possiamo non osservare l’analogia con le polemiche seguite al rigore concesso all’Inghilterra nella partita contro la Danimarca, rigore che ne ha determinato la vittoria e l’accesso alla finale europea.
L’11 luglio del 1966 a Wembley iniziano i Mondiali che passeranno alla storia del calcio come quelli della coppa rubata, l’unica vinta dall’Inghilterra
L’11 luglio 2021 a Wembley, l’Inghilterra incontrerà l’Italia per giocare la sua prima finale di campionato Europeo.

La storia inglese di Pelé è solo una storia del secolo scorso.
Forse.

Marco Panella, (Roma 1963) direttore editoriale di Sportmemory, giornalista, scrittore. Ha pubblicato i romanzi "Io sono Elettra" (RAI Libri 2024) e "Tutto in una notte" (Robin 2019), la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021), i saggi "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016), "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015).

ARTICOLI CORRELATI

Cané

Quando Cané era meglio di Didì, Vavà e Pelè…

In un calcio mitico, lontano anni luce da quello di oggi, si consumò l’epopea di Cané, ala brasiliana che infiammò la tifoseria napoletana fino a meritarsi un coro geniale in cui una sua parte anatomica era considerata meglio dei più grandi giocatori verdeoro dell’epoca.

Leggi tutto »
Pelé

Pelé. Quel giorno all’Olimpico

Io c’ero quel giorno all’Olimpico. Erano i primi anni sessanta, se poi fosse Roma-Santos del ’60, del ’61 o del ’63, lasciatemi il dubbio della memoria. Però io c’ero e Pelé l’ho visto veramente giocare. L’ho visto e lui sì che me lo ricordo come fosse ieri.

Leggi tutto »
Pelè 1000

Pelé. Il millesimo

19 novembre 1969. Maracanà. Trentaquattresimo del secondo tempo. El Gato Andrade sfiora il pallone che O’Rey Pelé dal dischetto insacca alla sua sinistra. Non è un goal qualunque, è il suo millesimo e nessuno lo ha dimenticato.

Leggi tutto »
Pelé

Pelé. La stagione a stelle e strisce

Una parentesi l’esperienza statunitense di Pelé, ma come tutte le cose che ha fatto, anche questa fu straordinaria. Così come fu straordinario il Cosmos di quegli anni, più che una squadra come la possiamo intendere noi, un vero e proprio media che sdoganò il calcio al grande pubblico a stelle e strisce.

Leggi tutto »