Search
Close this search box.

Michele Alboreto. L’ultimo italiano.

Michele Alboreto, ultimo italiano a salire sul gradino più alto del podio per la Ferrari. Un campione gentiluomo e la sua vita normale.
Michele Alboreto

Michele Alboreto aveva una storia normale, una di quelle che oggi per scriverle dovresti lavorare di grande fantasia.
Fuori dal gossip, fuori da ogni protagonismo, Michele amava correre, era bravo e lo faceva con stile. Lo stesso in pista e fuori pista.
Uno stile che portò Enzo Ferrari a paragonarlo a Manfred Von Trips, pilota gentiluomo della Ferrari, anche lui con una storia finita troppo presto, sul circuito di Monza nel 1961.

Una storia italiana

Una storia di vita normale quella di Michele Alboreto, ma una storia di vita sportiva che lo ha fatto essere pilota italiano tra i migliori di sempre; solo per rimanere alla Formula 1, i suoi numeri raccontano di 194 Gran Premi, 5 vittorie, 9 secondi posti, 9 terzi posti.
È il 1979 quando Michele Alboreto inizia a girare: campionato europeo di Formula 3, campionato mondiale sport prototipi e poi, il 3 maggio 1981 su Tyrrel, l’esordio in Formula 1 a Imola per il Gran Premio di San Marino.
Non conquista punti, il podio lo vede solo da lontano, ma si fa comunque notare, la Tyrrel lo conferma nel 1982 e nel 1983.
Il 25 settembre 1982 Michele Alboreto vince il Gran Premio di Las Vegas. Gli Stati Uniti una delle loro stelle dovevano averla riservata per lui perché il 5 giugno dell’anno successivo, a Detroit, vince il Gran Premio degli Stati Uniti d’America Est.
Tra i due podi, sino a finire la stagione ’83, belle corse, ma senza grandi afflati, eppure è proprio in questi anni che Enzo Ferrari si accorge di Michele Alboreto; del ragazzo gli piacciono stile di guida, stile di vita, modi ed educazione, lo vuole nella sua scuderia e glielo annuncia.
Andrà così.

Le stagioni in Ferrari

Nel 1984 Michele Alboreto arriva in Ferrari dove rimarrà per cinque stagioni, fino al 1988, e dove darà tanto.
Tre volte primo, in Argentina nel 1984, in Canada e in Germania nel 1985, l’anno in cui sfiora la vittoria mondiale dietro a Alain Prost su McLaren, e poi tanti altri podi e tante altre belle corse.

Michele AlboretoTra queste, una, simbolica forse più di altre.
Monza, 11 settembre 1988. Al Gran Premio d’Italia il podio è rosso Ferrari con Gerhard Berger primo e Michele Alboreto secondo.
Non è un giorno qualunque qull’11 settembre e quello non è un podio qualunque. Neanche un mese prima, il 14 agosto, dopo aver lasciato un’impronta indelebile nella storia dei motori e nella cultura di massa, Enzo Ferrari passa avanti.
Quel giorno, quel podio è il suo mondo che lo saluta e gli rende omaggio.

La vita dopo

Nel 1989 Michele Alboreto lascia la Ferrari e torna con la Tyrrel. Rimarrà in Formula 1, con varie scuderie, fino al 1994.
Le corse, però, rimangono la sua vita, soprattutto le corse di lunga distanza e durata, la 12 Ore di Sebring, la 24 Ore di Le Mans.
Il 25 aprile 2001 Michele Alboreto è in Germania, sul circuito di Lausitzring; in vista della prossima 24 Ore di Le Mans sta provando un’Audi RS8 Sport.
Il suo appuntamento con il destino è lì, quel giorno.

Lausitzring

Sul rettilineo l’Audi perde il controllo, l’ascia l’asfalto, vola in aria per un centinaio di metri e nell’impatto a terra si distrugge.
Michele Alboreto muore sul colpo.
L’inchiesta accerterà la causa dell’incidente nella foratura dello pneumatico posteriore sinistro.
Tra i pochi italiani ad arrivare in Ferrari dopo la morte di Luigi Musso nel 1958, ultimo italiano a portare la Ferrari sul gradino più alto del podio, Michele Alboreto è stato un campione dalla vita normale.

La storia nella foto

Signore di velocità e di equilibrio, sposato con la ragazza conosciuta sui banchi di scuola, Michele Alboreto ci piace ricordarlo così come lo vediamo nella foto che abbiamo scelto per raccontare la sua storia: nella sua monoposto, nel mondo che sentiva come suo, con lo sguardo a guardare lassù e il sorriso di un amico di cui ti puoi fidare.

 

Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)

ARTICOLI CORRELATI

Zipline Lago d'Orta

Outdoor ai Grandi Laghi. In Piemonte

La magica atmosfera dei Grandi Laghi dell’alto Piemonte, tra sentieri profumati e giardini in fiore, si alterna a nuove esperienze outdoor e wellness sulle verdi e panoramiche montagne ossolane. Tra adrenalina e slow living, un’occasione per aprire la bella stagione.

Leggi tutto »
Achille Lauro

Achille Lauro. Estetica di un Comandante

1956. Stadio del Vomero. Alla prima di campionato il Napoli incontra l’Atalanta. Achille Lauro, ‘O Comandante, è lì. In prima fila, anzi, oltre la prima fila. È in campo. La fotografia ci restituisce una storia, ma soprattutto ci restituisce il ritratto di un mondo scomparso

Leggi tutto »
Sea Bird

Sea Bird. La crociera atlantica da Providence a Roma

Nel 1912 la rivista “Lega Navale” pubblica un’intervista al comandante del Sea Bird, l’anglo-americano Thomas Fleming Day, arrivato in Italia dopo una storica traversata atlantica con un piccolo yawl di solo 25 piedi e un misterioso messaggio del sindaco di Providence per il sindaco di Roma. Un racconto sparito che torna a nuova vita e nuovi lettori.

Leggi tutto »

Villa Borghese tra sport e vita

Villa Borghese dove si corre per amore e dove si ama di corsa, dove si portano i figli a crescere, dove il laghetto ti sorprende e ti ospita e dove tra cielo, tetti e cupole Roma si stende sotto la Terrazza del Pincio. A Villa Borghese, cuore verde di Roma, anche la corsa diventa un destino.

Leggi tutto »
Settebello

Settebello. La squadra imbattibile

È tra le Nazionali più medagliate di sempre, in uno sport, la pallanuoto, che vanta una orgogliosa tradizione in Italia. Per questo è per tutti diventata il “Settebello”. Ma il vero punto di svolta, probabilmente, fu la partita contro la padrona di casa nella finale dell’Olimpiade di Barcellona del 1992.

Leggi tutto »



La nostra newsletter
Chiudi