Vog. Lo sport immaginario

Se esiste uno sport immaginario, è certamente passato attraverso la vita promessa da Vog, l'indimenticabile vogatore moderno che negli anni settanta occhieggiava dalle pagine dei fumetti.
Vog vogatore moderno

Inutile negare.

Noi ragazzini degli anni settanta su Vog. Il vogatore moderno abbiamo costruito un intero immaginario.
Il Vog è entrato nel nostro quotidiano dalle prime o dalle ultime pagine dei fumetti, a volte anche dalla terza di copertina ed era in ottima compagnia; occhiali a raggi x che promettevano di vedere oltre il possibile e il lecito, pistole lanciarazzo di libera vendita, fucili di precisione con relativi piombini, creme miracolose che promettevano non solo di lucidare, ma anche di far crescere i muscoli, radio che assicuravano di farti ascoltare musica da tutto il mondo, ma anche i canali riservati della Polizia.
Insomma, tutto e più di tutto, nel trionfo della vendita per corrispondenza e senza resa, in una sorta di Neolitico dei diritti del consumatore.
Ma siamo seri, in fondo a chi interessava il diritto di resa quando le meraviglie promesse erano tali e tante?
Certo non a noi, sorpresi a fare i conti con i primi falliti corteggiamenti pre adolescenziali e ai quali l’immaginario assicurato da Vog accorreva in saldo aiuto.

L’iconografia pubblicitaria è perfetta.

Guardiamola bene.
Sulla destra la scena è estiva, ma non l’estate stagionale, qui siamo nell’estate che tra attese e rivalse dura tutto l’anno e la scena non può essere più esplicita di così.
Sulla sinistra troviamo un mingherlino alto e allampanato, un sellerone come si dice a Roma con una definizione che ruba il nome gergale al sedano, piegato su se stesso ed emarginato da tutto quello che gli accade intorno.
In particolare, il nostro è emarginato dagli sguardi seduttivi delle donne che ambiscono al bello di turno, fisico scolpito e vaghe fattezze clarkentiane, che si mostra mentre si asciuga dopo un bagno di mare.
Sempre sulla sinistra, appena sotto il mingherlino, una ragazza con acconciatura e occhialoni tipicamente anni settanta e con profilo che echeggia Sofia Loren, non ha alcuna remora di ruolo ad alzare ostentatamente gli occhiali per godersi lo spettacolo. La libertà, negli anni settanta, passava anche da qui ed era più che un’ipotesi.
Se mai servisse spiegare meglio, il claim della scena è inequivocabile: Per avere successo con le donne bisogna essere uomini virili, uomini dai muscoli d’acciaio. Niente suscita più ammirazione di una possente e perfetta corporatura.

La seconda scena è una conferma.

La virilità trova ulteriore enfasi quando la prestanza fisica si sposa con l’altra faccia del successo, non solo donne, ma anche fama e la ricchezza, che in effetti ne sono in qualche modo ulteriore garanzia.
Il bello di prima questa volta è su un ring dove, ovviamente, sta stendendo l’avversario con un pugno al fulmicotone e anche qui la descrizione della scena è senza mezzi termini e giri di parole.
Un ring illuminato fra le grida della folla. Questa è la boxe. Uno sport leggendario che porta gloria e ricchezza. Forza ragazzi! Niente è impossibile, ognuno di Voi ha la stoffa del campione.
In tutto ciò, il Voi con la reverenziale V maiuscola è grammatica pubblicitaria che sfiora la poesia pura.

Il messaggio è ormai definito.

L’immaginario colpito su più fronti non può che iniziare a lavorare, il sillogismo tra Vog. Il vogatore moderno e il successo con le donne, la fama e la ricchezza è quasi completo.
Come ogni narrazione che si rispetti, letteraria o iconografica che sia, adesso è il tempo della chiusa.
Il nostro bello si tiene in forma e si garantisce donne, fama e ricchezza vogando come da disegno perché 3 minuti di Vog, imitato ma mai eguagliato come garantisce il simil timbro sulla sinistra, equivalgono a ben 10 km di bicicletta.
Ad osservare la scena a questo punto c’è l’altro contraddittorio estetico della prestanza, non più il mingherlino sellerone di cui sopra, ma uno sconfitto omino in canottiera, improbabilmente pantalone di pigiamesca fattura, fisico barilottero, testa accasciata su una spalla, sguardo chino, occhio spento e rassegnato a un futuro gramo.

La speranza però è a portata di mano.

Forse anche per il mingherlino e per il barilottero, anzi per chi legge la pubblicità, la speranza può diventare certezza.
Nel 1972 ordinare Vog. Il vogatore moderno costava 3.500 lire, una cifra modesta perché i migliori sogni da vendere sono quelli alla portata di tutti.
Il segno del tempo è in qualche modo impietoso e i paragoni sono impossibili, eppure nello sport immaginario di Vog. Il vogatore moderno si riflette un’epoca e un costume che è stato di tutti.
Come ho chiarito in apertura, inutile negarlo.
Un costume cambiato, certamente, ma che a molti di noi farà sorridere e farà ritornare prepotentemente alla memoria il sapore del tempo delle poche regole e dei sogni a basso costo.

 

Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)

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