Come sia nata la mia passione per le auto non lo so, mi ricordo però benissimo che da piccolo ero attratto dai modellini delle auto e che fortunatamente vicino allo studio del dentista da cui ero in cura ortodontica vi era un bellissimo negozio di giocattoli, la mia meta preferita, con una vetrina piena di macchinette.
Sugli undici, dodici anni ho iniziato a leggere AutoItaliana e i primi Autosprint che studiavo con attenzione. Una spinta decisiva la ricevetti da un giovane geometra, Adriano Salvi, che lavorava nello studio di ingegneria di mio padre posto sullo stesso pianerottolo dell’abitazione e che quindi frequentavo spesso. Con lui, che aveva parecchie conoscenze fra i piloti torinesi, dipingevamo i numeri sulle porte dei modellini per farli da corsa, parlo di GiuliettaTi, GiuliaTI, Flavia Coupè.
Siamo ai primi anni ’60 e mi portò a vedere alcune corse in salita di cui ho un ricordo della bellissima Aosta-Pila. Ricordo la sua 500 blu con volante in pelle e leva del cambio accorciata con pomello in legno sulla quale mi insegnava a fare la doppietta, tanti anni dopo con grande piacere ci siamo ritrovati accomunati dalla passione a correre le medesime gare di rally e velocità in salita con le autostoriche che erano le stesse con cui ci divertivamo nello studio di mio padre. Considero questo un gran bel ricordo e una grande affezione per quella persona.
In quel periodo accompagnavo molto volentieri mio padre Lazzaro a visitare i cantieri perché, quando eravamo in campagna, mi lasciava guidare la sua Fiat 1500, cambio al volante, sulle strade sterrate dove facevo i primi “traversi”.
A quindici anni mi prese la passione per le moto da fuoristada e la prima fu un Guazzoni 50 giallo a disco rotante un gioiello in quegli anni, a cui seguì il Gilera Regolarità, la Ossa da trial e il Bultaco Sherpa.
Con tutte mi industriai per andare a partecipare alle gare di regolarità e trial recandomi in moto in quanto non avevo ancora l’auto e quando la moto si rompeva mendicavo un passaggio per rientrare.
Dopo la maturità scientifica arrivò la Fiat 128 blu a due porte e dopo un anno mi iscrissi alla prima gara, il rally dei Monti Savonesi nella primavera del 1971, navigatore un compagno di Medicina, Elvio Novarese con il quale partecipammo ad alcuni rally che all’epoca erano tutti sulla terra. Per far capire quanto grande fosse la passione e quanto scarsi i mezzi economici a disposizione, per il mio compleanno gli amici mi regalarono la coppia conica della 128 familiare che era un po’ più corta e nei rally andava meglio.
In quel periodo ad accrescere la mia passione fu il padre di quella che sarebbe diventata mia moglie, questo signore era il campione degli anni 50 Gino Valenzano, pilota ufficiale prima Lancia e poi Maserati che stimolò ulteriormente il mio interesse per le competizioni automobilistiche vedendo in casa le bellissiime e grandi coppe con scrtto Sebrig, Le Mans, Targa Florio, e tante altre.
L’auto successiva fu la Simca Rally 2 color giallo acido con cofano nero, orribile a vedersi ma economica con sconto sull’acquisto e con bei premi per le corse. Ovviamente era la mia unica auto e ci andavo all’università quando non era in officina, la mia fidanzata non voleva salirci perché si vergognava e quindi andavo a prenderla con la Flavia di mio padre.
Nel frattempo ero diventato maestro di sci e i proventi dell’insegnamento sulla neve erano ovviamente investiti nelle corse, che però nonostante la buona volontà e le discrete doti velocistiche messe in mostra, a causa degli scarsi mezzi economici non diedero i risultati sperati e mio padre giustamente mi fece intendere che le risorse necessarie per emergere erano superiori alle possibilità e che forse era meglio che mi impegnassi negli studi, pertanto vendetti l’auto da corsa e terminai gli studi di medicina.
Dopo la laurea ebbi in regalo la mitica Golf GTI 1600 sulla quale provvidi subito a montare il rollbar per poter correre, partecipai con successo a molti slalom economici in salita e ad alcune cronoscalate come la Cesana – Sestriere: importante notare che era sempre l’unica auto di cui disponevo. Mi recavo alle gare con le gomme slick nel baule, se pioveva usavo quelle stradali. Diversamente da ciò che accade oggi, infatti iniziano a correre per la maggior parte figli di padri facoltosi che hanno loro più passione dei rampolli e che spendono molte migliaia di euro per noleggiare auto da corsa super sofisticate.
L’anno successivo passai alla Ritmo Abarth 130 in quanto la Fiat concedeva un bello sconto, con la Ritmo blu partecipai a parecchie cronoscalate fra cui ricordo con grande piacere la mitica e bellissima Bolzano – Mendola e il Rally del Sestriere.
Nel frattempo mi ero sposato, messo su famiglia e lo studio odontoiatrico che mi permetteva di avere un minimo di disponibilità economica; la passione era sempre la stessa e mia moglie abituata alle corse in famiglia non mi ha mai ostacolato nel modo più assoluto.
In questo periodo un amico mi chiese di andare a fare una bellissima gara di autostoriche, la Coppa d’Italia con una leggera Lotus Elite del 1960, era una gara che comprendeva gare in pista e in salita attraverso l’Italia a cui partecipavano auto stupende come le Ferrari GTO e SWB, le Jaguar E Type, le Giulia TZ ecc, le auto dei miei modellini da piccolo, questa partecipazione mi entusiasmò per l’ambiente delle autostoriche e mi procurai una Giulietta Sprint Veloce da usare in gara.
Con questa vettura ho un bellissimo ricordo della vittoria alla Coppa Intereuropa a Monza dove vinsi di pochissimo su ben 24 Giuliette alla partenza dopo una serie di sorpassi e controsorpassi fino alla bandiera a scacchi. Ricordo inoltre una Coppa delle Alpi quasi tutta di notte e sulla neve con la prima tappa da Sestriere a Madonna di Campiglio e la seconda sulle Dolomiti da Madonna di Campiglio a Cortina; una innevatissima Montecarlo – Sestriere nell’86 dove con l’amico Paolo Mollica giungemmo secondi assoluti con molti dubbi sul risultato in quanto eravamo sicuri di essere noi i vincitori, ma ci dissero di essere stati penalizzati ad un controllo segreto per cui non andammo alla premiazione. Trentacinque anni dopo mi fu confermato che eravamo stati derubati dell’imporante vittoria a bordo della Giulietta Sprint del 1962 con la quale eravamo andati veramente forte battendo un famoso pilota. Quello che vinse o che vollero che vincesse.
Trovai una bellissima Alfa Romeo Giulia TI Super, auto rara costruita in soli 500 esemplari per le corse, la feci preparare dal mago Virgilio Conrero e mi diede molte soddisfazioni vincendo il neonato Campionato Italiano Rally Autostoriche quando le auto partecipanti erano quelle costruite fino al 1965.
Nel frattempo ebbi la fortuna di incontrare un munifico sponsor che mi sostenne per numerosi anni permettendomi di correre quasi da professionista i rally con una Opel Kadett GSI 2000 gestita da Conrero. Disponevo inoltre di una vettura quasi identica, un muletto per le ricognizioni con due meccanici e un furgone. Mentre io e il navigatore dormivamo, loro di notte si alzavano cambiavano le pastiglie dei freni, pneumatici e quanto necessario.
Nello stesso anno vinsi di appena un secondo il Turismo di Serie alla Cesana -Sestriere valida per il Campionato Europeo della Montagna, la vettura fu sottoposta a verifica tecnica che si protrasse fino alle ore 20 in quanto furono smontate sia la mia vettura che quella di colui che aveva sporto reclamo e quando finalmente la vettura fu dichiarata conforme mi recai alla premiazione, la sala era vuota con la mia coppa sola soletta su un tavolo in quanto la premiazione era terminata da più di due ore. Sinceramente, per una gara importante mi sarei aspettato un finale più entusiasmante.
Al rally mondiale di S. Remo del 1989 che si svolgeva con le prime prove su asfalto nell’entroterra sanremese per poi spostarsi con un lungo trasferimento sulle prove in terra toscane e marchigiane al temine della prima tappa eravamo in un’ottima 22^ posizione ma il secondo giorno sulla terra bucammo due volte di seguito e usciti dalla prova speciale con la gomma a terra io e il navigatore la cambiammo velocemente ma un bullone non volle saperne di avvitarsi per cui ripartimmo con una ruota anteriore fissata con soli 3 bulloni che pensavamo fossero sufficienti e per non arrivare in ritardo al controllo orario non ci fermammo all’assistenza, errore fatale in quanto nella prova successiva perdemmo la ruota e dovemmo con grande dispiacere ritirarci quando avevamo la chance di terminare in ottima posizione un rally molto prestigioso.
Visto che l’età era ormai matura e che lo sponsor voleva visibilità in un mondo più elitario decisi di tornare ai rally storici che stavano crescendo di importanza e costruimmo la vettura che al momento era la più competitiva, la Lotus Elan creatura di Colin Chapman leggerissima e potente, 640 kg per 180 HP.
Per una vettura così ci voleva un navigatore bravo e leggero quindi azzardai una telefonata ad una blasonatissima navigatrice torinese, Fabrizia Pons, che conoscevo fin dai suoi esordi. Fabrizia era stata navigatrice di Michelle Mouton nella squadra Audi ed erano le uniche donne ad aver vinto un rally mondiale, aveva corso anche con i grandi campioni Hannu Mikkola e Ari Vatanen. Fabrizia aveva interrotto la sua attività di copilota professionista, si era sposata e da poco messo al mondo 2 figli. Inaspettatamente rispose con grande entusiasmo alla mia proposta di fare il Rallye du Var con partenza da Tolone, mi chiese ma le storiche fanno una gara vera?
Fu una gara difficile ma bellissima sulle prove speciali alle spalle di St. Tropez e St. Maxim che si concluse con una splendida vittoria che ripetemmo l’anno successivo. Fabrizia che in Francia era popolarissima si divertì e si entusiasmò e corremmo due anni insieme in tutta Europa ottenendo numerose vittorie. All’inizio confesso che ero un po’ intimorito dal fatto che una navigatrice che aveva corso con i più veloci rallisti del mondo potesse fare dei paragoni con la mia guida ma il fatto che fosse sicura e mi spronasse con grande entusiasmo ad andare sempre più veloce aumentò la mia autostima e imparai ad avere una mentalità molto più professionale. Devo dire che affrontava le gare per auto storiche con lo stesso impegno e meticolosità con cui lo faceva da professionista nelle gare del mondiale rally. Dopo questa parentesi Fabrizia tornò a correre nei rally moderni con Piero Liatti a bordo della Subaru ufficiale con la quale vinsero il Rally di Montecarlo e lasciarono la vittoria nel S. Remo a Colin Mc Rae in lotta per il campionato mondiale.
Il periodo con la Lotus fu entusiasmante e il ricordo sportivamente più bello della mia carriera sportiva è un rally dell’Isola d’Elba del 1991 durante il quale lottammo per due giorni con un avversario milanese Peter Zanchi con una vettura identica preparata dal famoso milanese Facetti, mentre la mia era preparata a Torino da Virgilio Conrero quindi una bella rivalità Torino – Milano, combattemmo in modo forsennato fino a trovarci appaiati come tempi alla partenza dell’ultima prova speciale, chi l’avesse vinta avrebbe vinto il rally. Cercai di dare tutto prendendo anche qualche rischio necessario e vinsi per due secondi; grande soddisfazione l’abbraccio dei meccanici che avevano lavorato duramente per tutta la gara, in quei momenti l’adrenalina e la gioia per la vittoria ripagano largamente dei sacrifici fatti.
Il rally dell’Isola d’Elba lo vinsi ancora nel ’94 e per ben due volte arrivai secondo, in quel periodo conoscevo meglio le strade dell’Elba e dell’entroterra sanremese che quelle intorno a casa.
Conservo della Lotus un bellissimo ricordo, era veloce e leggerissima, mi permise anche di vincere una prestigiosa Susa Moncenisio battendo anche le vetture moderne come BMW M3, Sierra Cosworth e Alfa 75, aveva però un grande difetto era fragile e pericolosa in quanto proprio per il suo concetto estremo molti componenti erano al limite e si rompevano i mozzi perdendo le ruote posteriori, inoltre era piccola e con la scocca di plastica e si era poco protetti.
I non addetti ai lavori da sempre considerano le corse pericolose mentre chi le pratica considera molto poco questo aspetto e l’incidente è un qualcosa che capita agli altri, perché non abbastanza bravi, perché hanno commesso un errore…invece gli incidenti capitano quando si va al limite delle possibilità dell’auto e del pilota, cosa che è l’essenza delle corse cercare il limite e non superarlo.
Proprio con la Lotus qualche spavento lo presi, ad un Rally di S. Remo centrai un rail e l’impatto fu così violento che io e la navigatrice, Lisa Costa portammo i lividi delle cinture di sicurezza per un paio di mesi e il direttore di gara mi disse che l’ANAS gli aveva presentato un conto salato in quanto il rail divelto aveva demolito un pezzo di strada.
L’unica volta in cui ho avuto paura fu nella Repubblica Ceka dove in un tratto velocissimo persi il controllo e pensai proprio in un posto così dobbiamo farci male!
L’angelo dei rally ci protesse e i pezzi dell’auto si sparsero in un raggio di 50 metri e l’unico danno fu causato dal fatto che l’auto rimase su un fianco in un fosso e un militare aprì la porta dalla parte della navigatrice afferrandola, lei sganciò le cinture mentre lui constatato che non si era ferita la lasciò andare e mi cadde pesantemente addosso.
Dopo questo periodo ricco di gare e di successi, ho interrotto l’attività per qualche anno dedicandomi completamente alla professione di odontoiatra nella quale ho ricoperto anche il ruolo di presidente dei dentisti torinesi e piemontesi per sei anni.
La passione e il forte stimolo che danno le corse mi fecero riprendere l’attività rallistica dopo qualche anno prima con una piccola Mini Cooper S e poi con la Opel Kadett GTE con la quale riuscii ad avere grandi soddisfazioni posizionandomi spesso davanti a vetture ben più prestazionali come Porsche 911, Lancia Stratos, Ford Escort.
Ricordo un rally del Tartufo dove tornai a correre con Fabrizia e alla partenza erano presenti 5 cattivissime Porsche, una di queste partiva davanti a noi e la Pons vedendola partire sgommando alla partenza della prima prova di velocità esclamò alla prima curva ci avrà già dato tre secondi! Finimmo secondi assoluti a poca distanza dal primo classificato e lei mi disse “bravo vai sempre forte” un piacevole complimento da chi se ne intende!
Un altro ricordo con un giovane navigatore Nick Berutti sul sedile di destra è di un Rally di S. Remo con un blasonatissimo plateau di concorrenti con super macchine, tempo pessimo con pioggia e nebbia, al termine della mitica PS del Colle Langan, dove feci la lunga discesa continuando a pulire il vetro che si appannava, un giornalista ci disse complimenti 2° tempo assoluto risposi se mi prendeva in giro, invece no finimmo la prima tappa fra lo stupore generale terzi assoluti, il giorno successivo sull’asciutto rompemmo il motore per tentare di non perdere terreno sulle vetture più potenti.
Attualmente corro con una Porsche 911 e mi dedico alle corse in salita, più economiche e che necessitano di molto meno tempo rispetto ai rally.
Molte gare e parecchie soddisfazioni come un campionato italiano di classe e un campionato francese lo scorso anno.
Ad aprile ho compiuto 70 anni durante la Coppa della Consuma a Firenze, un compleanno festeggiato con quello che mi piace! A questo punto il lettore si chiederà perché tante corse, tanti soldi, tante energie e anche qualche rischio? La risposta è difficile per chi non si è mai messo il casco in testa e non ha mai sentito l’emozione di essere alla partenza di una gara con 300 cavalli che ti spingono con violenza, l’emozione di percorrere in modo fluido belle traiettorie con l’urlo del motore nelle orecchie, cose che riescono a far trascorrere un week end con uno stacco totale dal lavoro e dalla routine, due giorni in cui si è concentrati in modo importante su quello che si sta facendo dimenticando tutto il resto, d’altronde Steve Mc Queen diceva: la corsa è vita il resto è attesa.