Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo…un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
Così scrive Filippo Tommaso Marinetti sul manifesto del futurismo il 20 febbraio 1909.
Il secolo è iniziato all’insegna dei motori, della velocità che lima il tempo e avvicina distanze. Nulla sarà più come prima.
Due anni dopo, il 23 aprile 1911 a Daytona Beach, Bob Burman su Blitzen Benz tocca i 228,10 km/h e stabilisce il record mondiale di velocità.
La velocità è avveniristica, la foto è straordinaria.
Estetica assoluta
Non ho idea se Marinetti abbia mai visto questa foto, ma trovare una sintesi più potente del quinto punto del Manifesto sembra difficile.
La fotografia ci restituisce un’immagine di dinamica assoluta, ci contagia con la sua tensione ideale, ci suggestiona con una rappresentazione di velocità pura che, insaziabile, pare tendere verso una soglia spazio-temporale per andare oltre ancora e scoprire l’impossibile.
Complice una tecnica fotografica che con la velocità deve ancora prendere le misure, l’immagine della Blitzen Benz protesa per forare il tempo, della velocità è icona estetica casuale, ma di rara perfezione.
La Blitzen Benz
21.503 cm3, 4 cilindri in linea, 200 cv, la Blitzen Benz è un mostro pensato e costruito per la velocità.
Progettata dal pilota di grandi successi Victor Emery sulla base di un precedente modello Benz da 15.095 cm3, nelle mani di Bob Burman la Blitzen manterrà fede alle sue premesse e il record di velocità sarà suo.
Almeno per qualche tempo, perché in quegli anni la politica dei record è strumento commerciale maneggiato da tutti i costruttori di automobili.
Il record della Benz, infatti, durerà fino al 12 febbraio 1919 quando Raffaele De Palma, pugliese di Biccari e naturalizzato americano come Ralph, sempre a Daytona Beach toccherà i 241,20 km/h su Packard 905. Record riconosciuto solo negli USA, ma questo nulla toglie all’impresa.
Daytona
Nella storia e nell’immaginario dei motori, non è seconda a nessuno.
La Nascar nasce a Daytona nel 1947 dove, dieci anni dopo, si inaugura l’International Speedway, circuito tra i più fascinosi e suggestivi al mondo.
Tutto questo, però, probabilmente non ci sarebbe stato senza Daytona Beach, ovvero quella fettuccia di sabbia stretta tra oceano e dune che si stende da Ormond Beach fino a sud di Daytona.
È a Daytona Beach, su un circuito basico di due rettilinei e quattro curve che li uniscono, che negli anni dei motori ruggenti corrono grandi campioni dell’automobilismo e si stabiliscono record su record.
Il primo il 27 gennaio 1904, quando William K.Vanderbilt fa segnare 148,54 km/h alla sua Mercedes.
L’ultimo in assoluto su spiaggia, fissato il 7 marzo 1935 da Malcom Campbell che su Blue Bird tocca i 445,32 km/h.
Nel mezzo il record della Blitzen Benz e del nostro Bob Burman.
Bob Burman
Pioniere della velocità, Bob Burman è uno dei piloti più straordinari del suo tempo.
Prima collaudatore e poi pilota, Burman della velocità farà il tratto distintivo della sua vita. Voluto da William Durant, fondatore della General Motors che lo assume insieme ai fratelli Chevrolet, tecnicamente crescerà con il team Buick.
Corre e vince Burman. Su strada, su circuiti come nel neonato di Indianapolis dove nel 1911 corre la prima edizione della 500 miglia e dove corre ancora nel 1912, nel 1913 e nel 1916. Stabilisce record Burman, quello con la Blitzen Benz, ma anche altri.
L’8 aprile 1916 alla Corona Road Race, Burman corre su una Peugeot. Con lui a bordo Erick Schrader, il meccanico di corsa.
È qui che il tempo impazzisce. Uno pneumatico scoppia, la macchina vola, si ribalta. Pilota e meccanico non hanno alcuna protezione, lo schianto è fatale per loro e per tre spettatori che vengono travolti.
Bob Burman, veloce fino all’ultimo istante, aveva 32 anni.