Fernando De Napoli. Una vita da mediano.

Dal passato nell’Avellino al Napoli di Diego Armando Maradona, fino al Milan dei Tulipani, passando per il Rimini di Arrigo Sacchi, una vita al servizio del centrocampo per l’ex calciatore irpino
Fernando De Napoli

Uno dei temi ricorrenti nelle biografie dei protagonisti del pallone degli anni Ottanta riguarda le radici della propria passione. Non è raro, infatti, leggere in alcune loro interviste un richiamo al gioco del calcio coltivato da bambini, per strada, talvolta sul cemento. Un imprinting che contribuisce a forgiarne la personalità futura sul campo, al di là degli schemi con i quali si misureranno e degli allenatori chiamati a migliorarne il talento.
Così, fra le tante storie sportive che animano la provincia italiana, c’è posto per quella di Fernando De Napoli, da Chiusano di San Domenico, e della sua vita da mediano.

I primi passi

Nella località montana a ovest di Avellino, Fernando De Napoli nasce nel cuore degli anni Sessanta. Il pallone è un costante compagno di giochi al punto che, da giovanissimo, comincia a muovere i primi passi nel calcio, fra le file della Mirgia di Mercogliano, società sportiva alle falde di Montevergine. Da lì al salto nelle giovanili dell’Avellino è un passaggio quasi naturale. Ed è proprio fra i Lupi che si guadagnerà l’eloquente soprannome di Rambo, per via di una grinta e di un’attitudine a recuperare palloni saldate a un’estetica da maglia intrisa nel fango che non può non ricordare l’emblematico film di Sylvester Stallone. Polmoni generosi e piedi buoni catturano l’attenzione del Rimini che, nella stagione 1982/83, milita nel girone A della C1 ed è allenato da un giovane Arrigo Sacchi. Un’annata in Romagna dove il diciottenne Fernando De Napoli si confronta con l’organizzazione di gioco di un allenatore destinato a rivoluzionare il calcio moderno.

Fernando De Napoli

La maturità

L’anno successivo è quello del rientro nella squadra biancoverde, e soprattutto dell’esordio nella massima serie. Le prestazioni positive ne agevolano un ingresso nel giro dei titolari, in attesa della chiamata in maglia azzurra da parte del commissario tecnico Enzo Bearzot. Il suo è finora il primo e unico caso di calciatore dell’Avellino convocato ai Mondiali. Nel 1986, la sua definitiva maturazione coincide con la fase finale del ciclo azzurro, detentore del titolo spagnolo. Fra le nuove leve, pronte a raccogliere l’eredità dei campioni del Vecio, c’è anche lui. In campo in Messico contro la Bulgaria, condivide il reparto con Salvatore Bagni e Antonio Di Gennaro. Esce a pochi minuti dalla fine, sostituito da Beppe Baresi, nella successiva sfida con l’Argentina. Entrambe le gare finiscono 1-1. È presente anche nella vittoria per 3-2 contro la Corea del Sud, e nella sconfitta contro la Francia che, con le reti di Michel Platini e di Yannick Stopyra, estromette l’Italia dalla competizione.

I successi al Napoli

Il punto di svolta della carriera di Nando De Napoli è senza dubbio il trasferimento al Napoli, nella stagione 1986/87.
Il suo acquisto insieme a quello dell’attaccante Andrea Carnevale nella sessione estiva, oltre a quello del centrocampista Francesco Romano nel mercato di ottobre, è funzionale a un definitivo salto di qualità della rosa, arricchita da un fuoriclasse come Maradona.
Il cammino in campionato culminerà così con uno storico scudetto, unitamente a una vittoria anche in Coppa Italia.
Un contributo tanto silenzioso quanto prezioso nella mediana azzurra, per un giocatore che esplode di gioia davanti al suo capitano mentre gli porge il microfono, a sua volta cedutogli dal giornalista Gian Piero Galeazzi, durante i festeggiamenti negli spogliatoi.
«Una cosa stupenda!», esclama così Fernando De Napoli in un video tornato in auge nella ricorrenza del trentennale dello scudetto partenopeo.

Arriveranno ulteriori trofei con quella casacca addosso.

Dalla Coppa Uefa al secondo scudetto, oltre alla Supercoppa italiana. Un percorso lungo e coinvolgente, quello della competizione internazionale targata 1988/89, caratterizzato da sfide secche con andata e ritorno, e partito dai trentaduesimi di finale. In un autentico crescendo, il Napoli di Ottavio Bianchi elimina nell’ordine Paok Salonicco, Lokomotive Lipsia, Bordeaux, Juventus dopo una travolgente rimonta ai tempi supplementari e Bayern Monaco.
L’ultimo ostacolo prima del traguardo è rappresentato dallo Stoccarda.
Fulcro del gioco partenopeo è naturalmente il fantasista con la maglia numero 10.

Fernando De Napoli

La maglia sudata

Il centrocampo è un reparto dove Fernando De Napoli dialoga con compagni come Alemão e Massimo Crippa, senza tralasciare elementi come Luca Fusi e Francesco Romano. A testimoniare l’impegno in campo è la solita maglia sudata, oltre ad assist precisi e inserimenti. Non manca qualche brivido proprio nel ritorno della finale.
C’è spazio, infatti, per due svarioni ininfluenti, negli ultimi minuti della partita a Stoccarda. Un autogol e un assist involontario all’avversario Olaf Schmäler che fisseranno il punteggio sul 3-3, non inficiando il 2-1 a favore del Napoli dell’andata, e soprattutto non pregiudicando il rendimento nel percorso europeo dello stesso Rambo. Che, pur non sottraendosi a un’autocritica nell’intervista a fine incontro («li ho fatti pareggiare»), correrà a festeggiare la conquista del trofeo insieme a compagni e tifosi.

La conclusione della carriera

L’addio del Pibe de oro dalla compagine azzurra sarà accompagnato da una progressiva e inevitabile involuzione del gioco della squadra partenopea.
Nella stagione 1992/93 Fernando De Napoli si trasferisce al Milan.
Nelle file rossonere vincerà un paio di scudetti e uno Champions League. Dovrà però fare i conti un infortunio al ginocchio che, sostanzialmente, porrà la sua carriera verso la strada del ritiro.
Meno di una decina, le presenze nel Milan. Seguite da un’annata convincente nella Reggiana, intervallata da una breve parentesi al Cagliari.
In Nazionale, infine, la sua partita conclusiva è datata 25 marzo 1992. Reduce da una mancata qualificazione ai campionati europei, l’Italia ha da poco sostituito Azeglio Vicini con Arrigo Sacchi.
In panchina siede dunque il Profeta di Fusignano e gli avversari dell’amichevole sono i tedeschi di Berti Vogts. Si gioca al Delle Alpi di Torino e Roberto Baggio, su rigore, siglerà l’1-0 definitivo.
Nando De Napoli uscirà dopo un quarto d’ora della ripresa, rilevato da Gianluigi Lentini.

Giuseppe Malaspina giornalista con la passione per il calcio e per le storie. Scrive sul blog www.salvataggisullalinea.it. Ha collaborato con il Resto del Carlino.

ARTICOLI CORRELATI

Piotr Zieliński

Piotr Zieliński. Calcio e cuore

In una stagione segnata dall’irruzione sul mercato dei dollari arabi che attirano campioni in piena attività in un campionato meno che mediocre, Piotr Zieliński, in totale controtendenza, preferisce decurtarsi lo stipendio e rinnovare il contratto con il suo Napoli. Ma Piotr è prima di tutto un grande uomo, dai valori importanti, cristallini. Il suo impegno nel sociale, sebbene mai esibito, è encomiabile e ci fa capire perché in Patria, al di là delle sue indiscusse qualità tecniche, tutti lo amino.

Leggi tutto »
Zamora

Zamora. Il portiere divino

Campione, artista, figura politica enigmatica, sex symbol, poderoso bevitore di cognac e fumatore compulsivo. Con un nome da film, la vita di Zamora sembra veramente uscita da una sceneggiatura. Invece no. È tutto vero e lui è stato solo un portiere. Uno dei più grandi di sempre.

Leggi tutto »

Gegè Munari, ala sinistra e ambidestro della batteria

Il nostro viaggio non convenzionale tra jazz e sport continua con un artista assoluto, un maestro della batteria che tutti i più grandi del jazz hanno voluto accanto, Gegè Munari che ci racconta la sua musica e le sue passioni, tra jazz, calcio e Napoli di Maradona.

Leggi tutto »
Genoa serie A

Il Genoa ritornA

La serie A ritrova il Genoa. Hai presente il figliol prodigo? La festa più grande che ci sia. La festa per chi non è mai andato via. La festa per chi vuoi vedere e lo rivedrai. Siamo tutti figli tuoi, Genoa Football & Cricket Club 1893. Bentornato!

Leggi tutto »
Crazy Gang

Crazy Gang. La pazza squadra di Wimbledon

Il 14 maggio 1988 il Wimbledon, vero underdog del campionato inglese, conquistò la FA Cup battendo i molto più quotati rivali del Liverpool. Ma la squadra allenata da Bobby Gould aveva una particolarità: era formata da veri bad boys, ragazzi che nulla avevano da invidiare ai teppisti della periferia londinese. Per questo li chiamarono la Crazy Gang.

Leggi tutto »



La nostra newsletter
Chiudi