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La rabona. Una firma dai passi incrociati

Una simmetria misteriosa, spiazzante. Un gesto atletico che va oltre le regole, un gesto non per tutti, anzi, per pochissimi. Talmente pochi che quando irrompe sul campo di calcio diventa quasi sempre storia. È la rabona, più che una parola e un gesto misterioso, vera fantasia al potere. Delle gambe.
rabona

Uno dei complimenti più insoliti che il cantautore Francesco Guccini rivolge al musicista Jimmy Villotti riguarda una sua caratteristica posturale, quella di riuscire ad accavallare le gambe «posando ambedue i piedi per terra». In effetti, se si accetta una simmetria misteriosa fra la musica e lo sport – magari in nome del ritmo che scandisce le dinamiche delle due dimensioni – il corpo del singolo esecutore è a pieno titolo funzionale alle trame prodotte. Siano esse note su uno spartito, o movimenti su un campo da calcio. Un preambolo forse un po’ tortuoso, ma utile a raccontare l’origine di un tiro conosciuto dietro il vocabolo rabona. Un tiro che raramente s’insinua in una partita di pallone ma che, quando capita, genera una sensazione di istantanea sospensione, negli avversari che lo subiscono e negli spettatori che si trovano ad osservarlo.

La descrizione della giocata

Il termine rabo, in spagnolo, significa coda. La parola rabona, pertanto, nella sua traduzione italiana sta a indicare una sorta di colpo di coda. Come quello che materialmente ricevono le mosche, per aver infastidito le mucche. Nel calcio, è la gamba d’appoggio che incrocia quella apparente di tiro, e che sferra il colpo che l’avversario non si aspetta. Ad adottare questa soluzione volta a dribblare l’intuito rivale è proprio il calciatore consapevole del suo piede debole. Il destro, cioè, finta di calciare il pallone con il sinistro, lasciando intendere che la posizione di partenza nei confronti della sfera non potrà che portare a tale conclusione. La sorpresa consiste, tuttavia, nel cambiare all’ultimo istante il piede con il quale calciare la palla. La gamba diretta al pallone si scansa e apre il sipario al piede forte. L’impatto desiderato sarà potente o preciso, a seconda che l’autore opti per il tiro o per l’assist. In ogni modo, uno spettacolo estetico. Dove il corpo del tiratore si comprime volutamente per liberare la stoccata.

rabona
(Ricardo Infante)

Il pioniere internazionale

L’Argentina è una terra fertile alle prodezze. E proprio nel corso di una partita fra Estudiantes de La Plata e Rosario Central, il 19 settembre del 1948, l’attaccante Ricardo Infante firma il 3-0 per la sua squadra con una rabona. Il Rosario era già sotto di due gol, mentre l’Estudiantes continuava ad attaccare. Un tiro della squadra in vantaggio si stampa sul palo. Il rimbalzo che ne scaturisce catapulta la palla a pochi passi dal piede mancino di Infante, abituato a calciare con l’altro piede. Il lessico calcistico dell’epoca ancora non contempla la giocata che il centravanti improvvisa con un guizzo. La gamba sinistra si sposta al lato, e quella destra colpisce la sfera. Una rete che strappa perfino i complimenti del portiere avversario e dell’arbitro. Solo una foto sbiadita cristallizza il piccolo grande evento. Nasce ufficialmente la rabona, o l’incrociata. Un gesto che sarebbe transitato per i piedi di diversi calciatori argentini, da Claudio Borghi a Diego Armando Maradona, da Ángel Di María a Matías Urbano, fino ai tempi più recenti di Erik Lamela.

Lo stile (ro)Cocò italiano

A diffondere la pratica della rabona in Italia è un’ala destra proveniente da Bari. Si chiama Giovanni Roccotelli, ed è soprannominato Cocò. Lo stile, come tanti attaccanti nati negli anni Cinquanta del secolo scorso, si plasma per strada. La svolta nella carriera è la maglia granata del Torino, con il debutto nella massima serie. Poi, nella stagione 1976/77, si trasferisce nelle file del Cagliari. E proprio in una partita di quel campionato di serie B, contro i biancazzurri della Spal, esegue un cross di rabona dalla fascia sinistra in area che non viene raccolto dai compagni. L’anno successivo, sempre dalla corsia di sinistra, con la casacca dell’Ascoli indovina un assist vincente per il compagno Claudio Ambu che insacca nella porta del Modena. Ancora una volta, il passaggio arriva con l’incrociata. Un pezzo ormai entrato nel suo repertorio.

RABONA
(Ricardo Paciocco)

Il primo rigore incrociato

Se ricorrere alla rabona nello svolgimento di una gara, quando la palla è contesa, non è più una rarità, decisamente meno frequente è su gioco inattivo. Men che meno, quando il direttore fischia un penalty a proprio favore. Eppure, c’è chi ha deciso di sfidare l’adrenalina, il 13 maggio del 1990, a Reggio Calabria. La squadra amaranto di Bruno Bolchi è in piena lotta per la promozione in serie A, e l’avversaria di turno è la Triestina. Il risultato è inchiodato sull’1-1, e manca un quarto d’ora alla fine. Nei giorni prima, in un’amichevole contro la Nazionale militare, Ricardo Paciocco aveva già siglato un gol su penalty usando l’incrociata. In quest’occasione, però, la posta in palio è decisamente più alta. L’attaccante italiano, nato in Venezuela, colloca il pallone sul dischetto e prepara la rincorsa come se dovesse calciare con il piede sinistro. Qualcuno, dalla panchina, ha già intuito il suo proposito. Poco prima d’impattare la sfera, il sinistro si sposta e lascia spazio al tiro incrociato del destro. Il portiere è spiazzato e la palla gonfia la rete. La Reggina sussulta e festeggia. La promozione, però, sfumerà nelle settimane successive.
Non quel segno di Ricardo Paciocco, impresso ancora nella memoria dei suoi tifosi.

 

Giuseppe Malaspina giornalista con la passione per il calcio e per le storie. Scrive sul blog www.salvataggisullalinea.it. Ha collaborato con il Resto del Carlino.

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