Search
Close this search box.

Anna Maria Peduzzi. La misteriosa “Marocchina”

Una vita da corsa quella di Anna Maria Peduzzi . Una vita che nel 1933 la vede entrare per prima e giovanissima nella scuderia Ferrari e che, con varie scuderie,la vedrà correre fino al 1961. Una vita di cui condividerà misteri e passione con Gianfranco Comotti, marito e pilota anche lui.
Anna Maria Peduzzi

Questa storia è un mistero, pieno di silenzi, attese, fughe e qualche informazione certa.
Certo, non è difficile stupirsi quando ad esserne la protagonista è una donna dal nome tanto enigmatico quanto le sue gesta, “La Marocchina”, al secolo Anna Maria Peduzzi.
Nata a Olgiate Comasco nel 1912 in una famiglia di costruttori edili, Anna Maria Peduzzi passa la sua giovinezza nella fragile tranquillità regalata dal Secolo Breve. Il primo sprint della sua vita lo deve al matrimonio, nel 1932, quando sposa Gianfranco Alessandro Maria Comotti, per tuttti semplicemenete Franco, pilota automobilistico che ha debuttato gareggiando nel 1928 al Gran Premio d’Italia, per poi continuare la sua carriera sia in Italia sia all’estero.
Franco, proprio come Anna Maria, è un uomo misterioso e, dopo aver partecipato nel 1929 all’Indianapolis 500, scompare dalle scene per concentrarsi sul suo lavoro nel commercio del petrolio. Riappare con un trucco degno di un mago nel 1932 a bordo di un’Alfa Romeo acquistata dalla giovane Scuderia Ferrari (vi firmerà un contratto di quattro anni) con cui arriva ottavo al Premio Reale di Roma, ottenendo sia la fama sia la sua fan numero uno, Anna Maria. Inizia così una partnership sia nella vita sia sulle piste.

Anna Maria Peduzzi
(Anna Maria Peduzzi su Alfa Romeo 6C 1750)

Nasce il mito de la “Marocchina”

La carriera di Anna Maria Peduzzi. inizia in gare locali e cronoscalate, utilizzando la macchina di Franco che non la perde mai di vista.
Sempre nel 1932, partecipa alla sua prima gara, la Salita di Gainsbergrennen, ottenendo il terzo posto e vedendosi accreditata per la prima volta come “Marocchina”, piuttosto che il suo nome completo.
Il titolo le calza a pennello; Anna Maria Peduzzi, mentre si colloca lungo la linea di partenza, sembra un’apparizione, una figura emersa da qualche libro noir, slanciata, con la pelle olivastra sottolineata dai suoi lunghi capelli scuri sicuramente spicca in mezzo al resto degli astanti.

Un nome, un destino

Anna Maria Peduzzi ancora non lo sa ma questo soprannome la seguirà per il resto della sua carriera, collezionando testate di giornali e striscioni d’incitamento. Il suo nome compare ovunque, tutti vogliono conoscere la giovane moglie del Comotti ma lei è una creatura d’ombra, eterea e quando la casa Ferrari le propone d’indossare il suo rosso d’ordinanza, le sue guance avvampano di un colorito molto simile.
Ancora non lo sa, ma appena l’inchiostro della sua firma si asciugherà abbastanza da suggellare l’accordo, lei ha fatto la storia: Anna Maria è la prima donna che entra a far parte della scuderia del cavallino.
Niente male per una giovane di vent’anni.

Anna Maria Peduzzi
(1000 Miglia 1934. Anna Maria Peduzzi e Franco Comotti su Alfa Romeo 6C 1500)

La 1000 Miglia del 1934: la prima vera gara importante.

Anna Maria PeduzziFranco Comotti, indossati i colori della Ferrari, condividono la loro Alfa Romeo e vincono la categoria dei 1500 cc, arrivando poi tredicesimi nella classifica generale.
Comincia un periodo di grandi traversate per la pilota Peduzzi che si cimenta soprattutto in gare di velocità.
Già in questo momento, però, i misteri che la circondano iniziano a infittirsi: scompare improvvisamente dall’ambiente delle corse, pare a causa di un caso grave di poliomielite e nessuno ne ha notizie per molto tempo. Riesce a guarire, ma da quel momento in poi sembra essere sempre inseguita da una debolezza cronica che non vuole lasciarla stare e che le presenta il conto sotto forma di fiato corto e braccia fortemente indolenzite.

La guerra

1940: l’Europa è travolta dalla Seconda Guerra Mondiale e la coppia Peruzzi-Comotti vede la propria carriera forzatamente messa in pausa. Tutte le piste sono chiuse e le gare organizzate cancellate. È un periodo pieno di paura, di sussurri e mani che si cercano mentre il mondo intorno muta profondamente. 
Per essere due che amano la velocità, in questo caso la frenesia degli eventi è troppo da sostenere anche per loro: Franco Comotti è fortemente antifascista e vede nella fuga verso Parigi la possibilità di cercare, almeno per un po’, un granello di agognata tranquillità. Gli basta uno sguardo verso Anna Maria per comprendere come l’unica vera cosa importante adesso sia portare in salvo il suo futuro, quella donna dagli occhi scuri che sembrano una finestra nel suo mondo interno. Sono due creature simili, se la caveranno. Sì, se la caveranno. Giusto?

Agente sotto copertura?

La guerra si sposta, trascina con sé il grigio del fumo e il rosso acceso delle esplosioni e Anna Maria non può fare altro che rimanere a guardare insieme al resto del mondo. Gianfranco accetta con più difficoltà questa situazione e nelle lunghe notti del 1944 torna in segreto in Italia, lavorando sotto copertura come agente per gli Alleati.
Non è chiaro se la Marocchina lo abbia seguito, ma per una coppia che della segretezza ha fatto il proprio marchio di fabbrica non è difficile immaginarseli in azione insieme, con la stessa sincronia che mostravano sul campo di gara.

Nella buona e nella cattiva sorte”, vero?

Mentre Anna Maria riesce a rimanere lontana dai radar degli invasori, Franco purtroppo viene catturato e condannato a morte dai nazisti ma, con una rocambolesca fuga, riesce a tornare fra le sue braccia, ripetendole quanto sia dispiaciuto, che avrebbe dovuto far più attenzione e come questa non è la vita che le ha promesso. Ma Anna Maria, tentando di calmare il fremito delle sue mani, non riesce a parlare per la gioia che le stringe la gola: Franco è tornato e nient’altro ha importanza. Non c’è tempo per pensare ai bei tempi andati, la strada da percorrere è ancora lunga.

 Il ritorno dietro il volante

Luglio 1952: ecco il primo avvistamento post bellico della Marocchina.
Diciassette anni dopo la sua ultima gara è a bordo di una Stanguellini-Fiat Sport Bialbero 750 e si prepara ad affrontare il percorso dell’Eifelrennen. Purtroppo il suo ritorno in grande stile subisce una brusca frenata quando, dopo aver superato la linea del traguardo, scopre di esser stata squalificata dalla giuria di gara.
Ancora provata dalla poliomielite di tanti anni fa, per far partire la sua macchina, ha avuto bisogno di un aiuto esterno ma questo pare non far parte del regolamento.
Anna Maria è rattristata dall’accaduto anche se, da un ceeto punto di vita ne è quasi sollevata.
Torna con i pensieri alle sfide e ingiustizie che ha dovuto affrontare negli anni precedenti, e si rende conto di quanto sia bello che l’essere squalificata per una sciocchezza sia tornata a essere la sua preoccupazione maggiore.

Il mazzo di fiori più grande

In ogni caso, la Marocchina sembra tornare subito alle glorie del passato. In poco tempo colleziona vittorie: una medaglia di bronzo nella Coppa Ascoli, una d’argento nella categoria 750 cc del Circuito di Senigallia, una coppa nel Trofeo Sardo e un quarto posto nel Bari Grand Prix.
Franco Comotti continua ad attenderla a ogni traguardo con il mazzo di fiori più grande di tutti i presenti.
È contento di seguirla in ogni città e su ogni pista e vedere le rughe scavate sul viso di sua moglie scomparire poco a poco per far spazio ai suoi meravigliosi sorrisi timidi è un regalo che non pensava di poter ricevere di nuovo.

Le gare continuano

Nel frattempo Anna Maria Peduzzi non si ferma e l’anno successivo partecipa sia alla Targa Florio sia alla 1000 Miglia. Mentre nel primo caso finisce fuori pista e si vede costretta a ritirarsi, partecipa alla 1000 Miglia in coppia con Franco Goldoni con cui ottiene un terzo posto (su sessantatré) nella categoria 750 cc.
Nel 1954 rimane ancora nella Scuderia Ferrari e, nonostante la brutta esperienza dell’anno prima, si iscrive nuovamente alle stesse competizioni. I risultti, però, non arrivano e lei si ritira dall’imminente Giro di Sicilia.

La Ferrari quattro cilindri

Anna Maria Peduzzi ottiene risultati simili l’anno successivo, ma tutto cambia quando nel 1956 viene offerta alla Marocchina l’occasione di guidare una Ferrari quattro cilindri 2 litri, definita dalla stampa locale come “unica nel suo genere”. Condivide la macchina con la belga Gilbert Thirion, famosa in patria per aver iniziato la carriera a bordo di una splendida Porsche guidata dal padre. Le due affrontano la mille chilometri di Parigi e il Supercortemaggiore Grand Prix.

Le ultime gare in Italia

Nel 1957 Anna Maria si prende una pausa dalle competizioni internazionali e decide di concentrarsi sulle principali gare italiane, partecipando nuovamente (ma senza successo) alla Targa Florio e al Gran Premio di Pergusa. Tuttavia le è offerta la possibilità di gareggiare nella mille chilometri di Buenos Aires che lei, nonostante sappia come questo la renderebbe la pilota di punta della Ferrari, declina educatamente. Anche in passato non le è mai piaciuto molto gareggiare fuori dall’Italia, preferendo le imprevedibili curve della Sicilia o le silenziose montagne della Lombardia.

L’addio alle corse e gli ultimi anni con Gianfranco

La Marocchina continua a gareggiare e far parlare di sè fino al 1961 quando, alla fine della Coppa Ascari, dice per sempre addio al mondo delle corse. Franco Comotti si è già ritirato da diversi anni per concentrarsi sul suo lavoro di commerciante di petrolio fra il Mediterraneo e il Nord Africa e lei vuole dargli una mano.

Anni leggeri

Sono anni leggeri, accompagnati dai tanti articoli di giornale che parlano di loro ma che, appesi al muro, poco a poco ingialliscono lasciando il posto a foto di una vita diversa. Una vita dove la macchina è solo uno strumento.
Anna Maria trova difficile ammetterlo anche a sé stessa ma quel ritorno graduale nell’anonimato non le pesa: quando sente parlare di 1000 Miglia non invidia quei giovani che, ancora col fiatone, sono inseguiti da microfoni e domande scomode.
I coniugi Comotti si concedono di parlare dei “tempi andati” solo quando il sole è tramontato dietro l’orizzonte e le cicale suonano tutto intorno a casa loro, scambiandosi sguardi d’intesa che solo loro riescono a decifrare.

Non hanno bisogno di altro, loro creature lievi.

Il 10 Maggio 1963, Franco dice addio a questo mondo e si lascia indietro Anna Maria, non senza baciare per un’ultima volta le mani delicate della sua Marocchina.
Per la prima volta da tanto tempo, Anna Maria non ha nessuno con cui godersi il silenzio.
L’alone di mistero che le ha sempre fatto compagnia si fa sempre più fitto.
È così che scopre come sia facile far perdere le proprie tracce e lasciare che il mondo continui a correrle intorno mentre lei lo osserva dalla casa di Bergsmo che era stata sua e di Franco.
Concede alle automobili sguardi fugaci e quando la Ferrari le invia gli auguri per il suo compleanno sorride al pensiero di come, tanti anni prima, Franco avesse dovuto insistere per convincerla a salire accanto a lui in macchina.

Altri tempi. altre auto.

Anna Maria lo sa, ma crede che a nessuno interessi più sapere cosa pensa un’anziana signora.
Il 23 agosto del 1979 con lo stesso silenzio con cui si è mossa nella sua vita, la Marocchina si spegne, consapevole di come i giornali (“forse solo quelli di nicchia” pensa) le concederanno un ultimo articolo in suo onore, con qualche foto d’epoca e l’elenco delle tante prodezze compiute in vita.
Eppure il lettore deve permettere questa indulgenza perché nella storia della Marocchina, ex pilota Ferrari e probabilmente ex spia, si scopre un mondo fatto di segreti, amore e asfalto diverso e mai più ritrovato.

Giulia Colasante si affaccia al mondo nell'ultimo anno del secolo scorso, in tempo per sentirne raccontare in diretta, abbastanza per rimanerne incuriosita. Laureata in Filosofia all'Università di Roma Tre, per tentare di capire il futuro che l'attende studia Scienze Cognitive della Comunicazione e dell'Azione. Che attende lei, ma anche un po' tutti gli altri.

ARTICOLI CORRELATI

Piero Taruffi

Piero Taruffi. Essere vento

Novantadue record di velocità tra automobili e moto, quarantadue vittorie in gare automobilistiche e ventitrè in gare motociclistiche, una creatura – il Bisiluro -, la progettazione di circuiti e libri che hanno fatto scuola. Precursore dell’aerodinamica su strada, nessuno ha mai parlato alla velocità come ha fatto Piero Taruffi. Non aveva segreti, semplicemente lui era vento.

Leggi tutto »
Lorenzo Bandini

Lorenzo Bandini. Il bravo ragazzo

7 maggio 1967. Montecarlo. Lorenzo Bandini è in seconda fila dietro Jack Brabham. La pole position gli è sfuggita di un soffio, ma non importa; è lì e vuole fare la sua corsa. O meglio vuole fare sua la corsa. Tra una partenza più difficile del previsto, la rincorsa alla posizione di testa e l’arrivo sognato, il destino di Lorenzo prende il volo in una chicane e diventa fuoco e fiamme.

Leggi tutto »
Castellotti

Eugenio Castellotti. Il pilota guascone

Eugenio Castellotti. Bello, coraggioso, invidiato da molti, amato da tutti. Una carriera troppo breve nei motori che aveva sognato sin da piccolo e un destino che si incrocia con quello di Alberto Ascari con il quale ha condiviso lo stesso sogno. Fino alla fine.

Leggi tutto »
Alfonso de Portago e Linda Christian

Alfonso de Portago. Ultimo bacio, ultima corsa

Aristocratico di nascita, coraggioso per vocazione, bello e dannato per destino. La vita di Alfonso de Portago è un paradigma di avventura, rischio, sport, amore e passione. Fino all’ultimo, fino al 12 maggio del ’57, il giorno dell’ultimo bacio con Linda Christian, il giorno della tragedia di Guidizzolo e dell’ultima Mille Miglia.

Leggi tutto »
Bob Walter

Bob Walter. Ballerina, pilota, garagista.

Diventata famosa sulla scena parigina come danzatrice della “serpentine dance” Baptistine Duprè, alias Bob Walter, si reinventa diverse volte prima come pilota e poi come imprenditrice di una nuova ditta che organizza fughe d’amore e matrimoni per giovani francesi. Tutto a bordo delle sue auto da corsa.

Leggi tutto »
Dorothy Levitt

Dorothy Levitt. Pistola o specchietto?

Guardarsi alle spalle. Quante volte le donne sono costrette a farlo. Questa è la storia dell’insospettabile “invenzione” dello specchietto retrovisore. Ma soprattutto è la storia di Dorothy Levitt, pioniera dei motori, e del suo desiderio d’indipendenza che ha migliorato la vita di tutti.

Leggi tutto »



La nostra newsletter
Chiudi