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Il mio sogno leggero

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Sono sempre stato affascinato dal volo degli uccelli, dal loro volteggiare in aria, dalla loro libertà nel muoversi tra cielo e terra. Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto provare, almeno per una volta nella vita, la stessa sensazione di libertà e di leggerezza.

La mia è la storia di un sogno che, come spesso accade, sembrava dovesse rimanere chiuso in un cassetto.

La vita però è fatta anche di sorprese e l’occasione arrivò quando meno me lo aspettavo.

Tramite un amico conobbi un istruttore di paracadutismo che mi offrì la possibilità di effettuare il primo lancio in tandem; agganciato a lui, mi sarei messo completamente nelle sue mani.

Non ci pensai un attimo in più e iniziai a contare non i giorni, ma i minuti che mi separavano dall’appuntamento.

Era il 2004, giugno, i primi giorni, quando l’estate si annuncia con un cielo che sa essere bellissimo.

L’Aero Club “Camillo La Rosa” di Latina è a circa un’ora di macchina da Roma e io non smisi mai di parlare, l’adrenalina premeva e doveva trovare sfogo.

La vestizione fu meticolosa, attenta, scrupolosa nonostante la mia impazienza; una volta finita salimmo a bordo di un Cessna 206 al quale era stato tolto sia il sedile posteriore che la porta, praticamente la stessa sensazione di volare a bordo di una vecchia Fiat 500.

L’aria sempre più fresca, il rumore del motore imballato, l’ansia, la tensione; tutto e tutto insieme mi fece compagnia fino a che non arrivammo in quota, 4.500 mt., e l’aereo si stabilizzò.

Era tutto pronto e allora fuori!

Saltammo e fu un brivido che non ho più scordato, un mix tra paura e felicità che mi fece arrivare a terra sfinito ma appagato.

Decisi che non avevo ottenuto abbastanza.

Volevo imparare di più, provare quelle sensazioni che avevo finalmente toccato, ma con un lancio in solitaria. Mi iscrissi al corso FVV (fune di vincolo con vela), divorai il manuale e superai con entusiasmo l’esame teorico. Passai alle prove pratiche a terra, finché arrivò il giorno del mio primo lancio.

Era una calda mattinata di luglio. Ero elettrizzato e carico di adrenalina. Arrivai con largo anticipo all’Aero Club “Camillo La Rosa” e dopo di me arrivarono gli istruttori, i piloti e gli altri paracadutisti. Indossai la mia tuta, il paracadute, l’istruttore controllò che fosse tutto in ordine e salimmo a bordo del Cessna 206 che, questa volta, si stabilizzò a quota 1.500

Ricevetti il segnale dall’istruttore e saltai!

Appena fuori dall’aereo contai i fatidici 1001/1002/1003/1004/1005 (come mi era stato insegnato), il paracadute era aperto.

Stavo volando!

Dondolavo nell’aria e intanto mi godevo la sensazione di libertà, il vento, il silenzio che mi circondava. Osservavo il mare e le colline dall’alto. Ero circondato da colori e paesaggi che non avevo mai visto da quella prospettiva. Dopo un po’ giunse il momento di rallentare per prepararmi all’atterraggio. Strinsi le manopole del paracadute, serrandole sempre di più per evitare di andare in stallo, toccai terra.

Il mio primo lancio era terminato.

Mi rialzai da terra, l’erba era alta, raccolsi il mio paracadute e mi incamminai verso l’hangar, leggero nel mio zibaldone di sensazioni e con addosso una felicità e una gioia mai provate prima.

È stato così per ognuno dei lanci successivi.

È stato così che la leggerezza, quella leggerezza che ti aiuta nell’affrontare anche le cose pesanti della vita, non mi ha più lasciato.

Fabio Orlandi, consulente assicurativo, appassionato di sport individuali, alterna palestra, difesa personale, sci, nuoto e paracadutismo.

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