Una missione impossibile se non ce l’hai, te la devi trovare.
Era il mio ultimo anno nella categoria U20 di sciabola.
Ero entrata da poco a far parte della famiglia delle Fiamme Rosse grazie ad una medaglia d’Argento del Mondiale cadetti individuale conquistata a Tashkent nel 2015 e ad un’altra di Bronzo individuale al Mondiale giovani di Bourges l’anno successivo, più 2 titoli italiani e altre medaglie internazionali.
Era un periodo in cui cercavo, forse anche in modo esagerato e a volte controproducente, di dimostrare il mio valore anche per far conoscere il neonato gruppo sportivo di cui mi onoro di far parte.
A Frascati
Qualche mese prima avevo preso la maturità classica e finalmente era finito il calvario dei 300 chilometri giornalieri che dovevo fare per andare da Terni a Frascati per allenarmi. Ora mi sarei potuta concentrare sulla scherma e sulla mia sciabola in modo professionistico trasferendomi a vivere da sola a Frascati a pochi passi dalla palestra dove insegna il mio Maestro Andrea Aquili e frequentata dai principali top fencer in circolazione.
Quello fu un anno di maturazione, condizionato da piccoli infortuni minori ma che mi aveva visto sempre protagonista nelle gare nazionali ed internazionali di sciabola.
La Coppa del Mondo
Eravamo ai primi di gennaio ed eravamo giunti all’epilogo della Coppa del Mondo con le ultime 2 gare da disputare dove ero la favorita numero uno in quanto in entrambe circostanze le russe, che normalmente sono le avversarie più ostiche e vincenti, non avrebbero partecipato: Segovia (Spagna) e Algeri .
Sembrava una situazione ideale ma due giorni prima della partenza mentre ero all’Acqua Acetosa in ritiro con la nazionale, accusai un piccolo rialzo febbrile. Nulla di preoccupante e che passava con l’utilizzo di comuni antipiretici. Sembrava un banalissimo accenno di influenza e non gli diedi peso. Altre volte avevo gestito piccoli malanni senza rinunciare alla partecipazione alle mie gare di sciabola.
La situazione peggiorò non appena atterrati a Madrid e all’arrivo in albergo a Segovia quella febbricola, che sarebbe dovuta sparire, si trasformò in qualcosa che non avrei mai immaginato, né tantomeno provato. Il corpo madido di sudore e squassato dai brividi con la febbre che invece di scendere saliva fino a limiti molto oltre il preoccupante, avvicinandosi al fondo scala del termometro. Una debolezza infinita mi pervase e anche dopo la somministrazione di antibiotici non c’era accenno di miglioramento.
Il mio pensiero comunque andava alla gara e allo svanire della ghiotta opportunità di arricchire il mio palmares con un’altra medaglia internazionale.
Tra l’enorme delusione e senso di disfatta ricorderò sempre con grande simpatia la battuta in inglese, tra lo scherzoso e l’irriverente, che la mattina della gara Gigi Tarantino, capo delegazione italiana, fece ad un gruppo di avversarie dopo che era trapelata la notizia che ero malata e che non avrei partecipato alla gara: vi ha detto bene che la Lucarini sta male! Tutte avete guadagnato una posizione!
Le atlete si guardavano e ridacchiavano…
La polmonite
Al ritorno in Italia, dopo accurati esami, mi fu diagnosticata una polmonite bilaterale con un importante versamento pleurico.
Dopo la pandemia da Sars- cov 2 tutti sappiamo cosa significhi la saturazione d’ossigeno e quando i valori diventano preoccupanti. Bene io sono arrivata all’89%.
Sono stata malissimo ma poi, pian piano, grazie alle cure, ne sono uscita ma ci è voluto un mese.
La missione impossibile
Il ritorno agli allenamenti è stato un dramma.
Avevo perso diversi chili e la massa muscolare si era ridotta notevolmente.
Ho dovuto stringere i tempi per il recupero della forma fisica, perché avevo di lì a poco la gara più importante dell’anno: il Mondiale che proprio in quell’anno si sarebbe disputato in Italia a Verona. La mia sciabola non poteva più attendere.
Con il maestro Aquili e il preparatore atletico Alessandro Manfredi abbiamo impostato la missione impossibile per una nuova preparazione atletica, dimezzando i tempi che normalmente sono necessari.
Fu ben chiaro fin dall’inizio che ciò costituiva un all in perché esponeva il mio fisico, già provato, a dei potenziali infortuni.
Poco prima del Mondiale c’era da disputare la seconda prova di qualificazione del Campionato Italiano.
Con il Maestro Aquili valutammo l’opportunità di non parteciparvi poiché, avendo vinto la prima prova, ero automaticamente qualificata per la finale. Disputare una gara, comunque impegnativa, con una preparazione ancora non completa, avrebbe potuto crearmi dei problemi al di là del fatto che non avrei garantito una prestazione brillante.
Decidemmo comunque di partecipare, con il dire che mi sarei fermata non appena avessi accusato il benché minimo problema.
En garde!
La gara iniziò male con i gironi eliminatori, dove offrii una performance sottotono.
Alla prima diretta rischiai di essere eliminata da un’avversaria che normalmente non mi avrebbe impensierito.
Mi mancava il fiato, la sciabola sembrava pesantissima e i pensieri nella mia testa si accavallavano invece di scorrere fluidi come servirebbe nella pratica della sciabola.
Accadde però un qualcosa di miracoloso nel mio fisico.
Inizialmente, dopo i gironi, mi sentivo spossata e mi figuravo che con l’andare avanti della competizione lo sarei stata sempre di più, invece accadde il contrario!
Non saprei dire se si trattò di un fenomeno più psichico che fisico, fatto è che vinsi la gara e nell’assalto finale battei la mia avversaria 15 a 4. Avevo vinto la gara e quindi il Trofeo Itas così come vinsi poi, a distanza di 2 mesi la finalissima, conquistando il mio terzo titolo italiano.
Il giorno successivo ero a pezzi.
Non c’era un centimetro del mio corpo che non mi provocasse dolore se lo muovevo.
Questo era il prezzo che ho dovuto pagare per scongiurare quello che era il mio incubo: non venire convocata al Mondiale dal CT della nazionale, Giovanni Sirovich, perché alcune voci maligne sul mio stato di salute erano circolate in modo subdolo.
Al Mondiale di Verona mi presentai ancora in non perfetta forma, ma sufficiente a conquistare le prime due medaglie mondiali per le Fiamme Rosse nella scherma, sciabola individuale e sciabola a squadre, e che nella mia personale bacheca si andavano ad aggiungere alle altre tre conquistate in precedenza.
La stagione agonistica che sembrava persa, grazie a coloro che mi sono stati vicino, ha riservato un finale che mi ha permesso di realizzare la mia missione impossibile, di concludere con successo il mio percorso U20 e di rappresentare con onore i VVF e le Fiamme Rosse.