Sono Francesco Bocciardo, sono nato a Genova, ho ventisette anni e sono un ragazzo come tanti, cioè avrei desiderato esserlo. Infatti ero un bambino come tanti quando sono nato, ma poi a un anno e mezzo di età mi fu diagnosticata una tetraplegia distale spastica. Quando il medico lo comunicò, per i miei fu un duro colpo, io invece non potevo ancora sapere come sarebbe andata la mia vita e non potevo sapere del nuoto…
Il mio primo ricordo di vita è legato all’acqua: ho l’immagine molto chiara di me, all’età di tre, quattro anni, un bambino impacciato come un pezzo di marmo che a stento riusciva a muoversi, figuriamoci a stare a galla. Non avrei mai immaginato che con il passare del tempo sarebbe poi diventata la mia seconda casa. Se qualcuno, allora, mi avesse detto solamente che quel bimbo, una quindicina di anni dopo, avrebbe partecipato ad una Paralimpiade, non ci avrei creduto. La mia famiglia temeva che il nuoto fosse troppo intenso e difficile per me; tutti ad eccezione di mio padre e mio nonno, convinti delle mie potenzialità. Alla fine furono proprio loro due a “vincere”.
Poco per volta mi sono scoperto competitivo, e nel tempo ho voluto confrontarmi continuamente con nuovi avversari per migliorarmi, e alla fine sono arrivato a vincere nel 2016 una medaglia d’oro alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro.
A dire il vero non è stata questa la sfida più difficile che io abbia dovuto affrontare nella mia vita, ma il fatto di dover accettare la mia disabilità.
È stato un percorso lungo che ha richiesto del tempo per essere assimilato.
Mi è capitato, e mi capiterà sempre, di vedere il volto incuriosito dei bambini che mi fissano per strada, non capendo il mio strano modo di camminare. Tuttavia un episodio mi rimarrà per sempre impresso nella mente: la volta in cui un bambino mi chiese perché camminassi così e io gli risposi che da bambino non mangiavo abbastanza frutta e verdura. Non dimenticherò mai la sua faccia incredula a metà fra paura e sorpresa. Proprio quell’incontro mi ha spinto ad andare a parlare nelle scuole, nella speranza che sempre più bambini comprendano cosa sia la disabilità e che non si tratta di nulla di contagioso.
Il nuoto mi ha anche aiutato a trovare la mia anima gemella, Camilla. L’ho conosciuta in piscina, durante il turno delle 7:00, o anche soprannominato “il turno dei fissati del cloro”. Abbiamo iniziato a parlare quasi per caso, scoprendo di avere molte cose in comune, e dallo scambiarci i numeri di telefono siamo finiti a vivere assieme. Ormai conviviamo felicemente da più di un anno. Abbiamo iniziato a “chattare” forse in uno dei momenti più difficili della mia carriera agonistica. Se posso affermare, senza dubbio, che la medaglia d’oro sia stato il momento migliore della mia carriera di atleta ad oggi, allo stesso tempo posso assicurare che la medaglia di argento ai mondiali di Città del Messico, nel 2017, è stato quello più complicato. I 400 metri stile libero a più di duemila mila metri di altitudine furono terribili, un’esperienza alla quale non ero preparato: la gara era interminabile, la corsia sembrava in salita e sentivo il fiato mancare. Tuttavia è forse vero il detto che i momenti difficili tirano fuori il carattere delle persone e così è stato; ho capito quanto ancora tenessi al nuoto e quanto ancora potessi migliorare e crescere.
Oltre alla mia ragazza, per uscire da questo momento difficile, sono stati fondamentali l’aiuto della mia famiglia e del mio migliore amico Daniele, anche ribattezzato Danny. Daniele è stato presente durante tutte le mie Paralimpiadi (sia a Londra 2012 che a Rio 2016) con tanto di viso dipinto con il tricolore, la bandiera e la parrucca azzurra, ed avrebbe tanto desiderato raggiungermi anche a Tokyo, cosa che purtroppo non sarà possibile a causa delle restrizioni Covid-19.
La mia famiglia è stata fondamentale grazie al suo continuo sostegno ed incentivo nell’aiutarmi a trovare la mia strada, non solo nel nuoto, ma più in generale nella vita. Vengo da una famiglia di avvocati, in cui la laurea in giurisprudenza è sempre stata un must, eppure quando ho deciso di iscrivermi a Scienze Politiche mi hanno appoggiato, tant’è che sono riuscito a laurearmi in anticipo, sia alla triennale che alla magistrale con il massimo dei voti, e successivamente ho portato a termine anche gli studi come consulente del lavoro.