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Erminio Spalla. Il pugile straordinario

Straordinario, ovvero oltre l'ordinario. Solo questo si può dire di Erminio Spalla, pugile, scrittore, attore, cantante lirico, uomo perbene, eclettico e generoso. Inspiegabilmente il mainstream mediatico lo dimentica quasi sempre. Primo italiano campione europeo dei pesi massimi, nel centenario della conquista noi lo ricordiamo così.
Erminio Spalla

a“Spalla Erminio, un passo avanti!”. Immagino la scena.
Più o meno ti avranno detto così mentre in fila con gli altri attendi il tuo turno.
Siete tutti ragazzi, poca vita alle spalle, per molti ce ne sarà poca anche davanti.
La cartolina precetto diceva di presentarsi al comando del 41° Fanteria a Savona. C’era anche il tagliando per prendere il treno a spese del Re.
Arrivi al portone, fai vedere la cartolina al piantone, lui allunga il naso e ti indica la strada. “Attraversa il cortile – dice – raggiungi la fila là in fondo. Il caporale è quello con baffi, ti dirà cosa fare”.
E tu vai.
Dietro di te però ci sono altri passi, ti volti, il biondino ha lo sguardo un po’ perso.
Dai su, stasera siamo in branda” gli dici.
Mica era male il letto mio, però”.
Sorridi, hai già capito, gli fai un cenno con la mano.
Io vengo da Milano, mi chiamo Erminio Spalla, tiro la boxe. Conosci la boxe?”.
Qualcosa, va…”
Tu stammi vicino, vedi che non ti succede nulla”.
Sì, più o meno sarà andata così, ma vallo a sapere se il biondino c’è mai più tornato a casa.
È il 1916. C’è la guerra. La Grande Guerra, così l’avremmo chiamata dopo.
Trincee, gas, le Schwarzlose da 500 colpi al minuto, il pugnale tra i denti, fango, sangue e merda. Tutto insieme.
Ora però riavvolgiamo il nastro, perché a questo mondo distratto bisogna ricordare chi sei.

1897

Monferrato, Borgo San Martino, il 7 luglio 1897 è un mercoledì. Tuo fratello Giuseppe ha già tre anni e gioca da qualche parte in casa. Tuo padre è al negozio, vende vino; da queste parti si pesta uva, Grignolino, Barbera, Dolcetto si fanno e si bevono.
Qualcuno è arrivato trafelato per avvisarlo “È ora! È ora!” gli grida e lui è uscito così di corsa che neanche chiude bottega. Qui ci si conosce tutti e se anche qualcuno entra, che fa? Beve vino? Ma tanto stasera offro io da bere a tutti. Così avrà pensato.

È qui che nasci, è qui che cresci veloce e più degli altri bambini.
Quando vi trasferite a Milano sembri già più grande della tua età, ma hai tutta la vita davanti.
Milano offrirà un futuro migliore a te e a tuo fratello. Così una sera a cena ha detto tuo padre e se ha detto così, c’è da credergli.

Erminio Spalla
(1920. Erminio Spalla, campione italiano pesi massimi)

Milano

Sei pieno di vita, le tue giornate non finiscono mai. Scuola, gioco, ma anche passioni e piccoli lavori.
Fai il garzone di bottega, come si faceva una volta, ma non sforni pane e non tagli stoffe. Pratichi materia dura, lavori il marmo in un atelier d’artista, lo studio dei Galli, padre e figlio. Il marmo ti porta nella bellezza, nel racconto epico capace di prendere forma e andare oltre il tempo. La sera poi vai ai corsi dell’Accademia di Brera e continui a studiare.
Scultura e pittura, la tua anima trova una strada.

Quando ti capita però fai anche altri lavoretti, tutti i ragazzi li fanno. Lavoretti come quel giorno, quando con tuo fratello  distribuisci volantini. A qualcuno non piacciono, sono tanti, vi rincorrono ma voi siete più veloci e poi vi infilate in un cinema, vi confondete nel buio del bianco e nero.
Non l’avresti mai più fatto, non avresti mai più mostrato le spalle a nessuno.
Sullo schermo muto due giganti combattono. Sono Jack Johnson, the Galveston Giant, e James Jeffries, the Boilermaker.
Da questo incontro Johnson, il figlio di ex schiavi, uscirà campione dei pesi massimi e lo rimarrà per sei anni.
Tu e tuo fratello guardate a bocca aperta, poi tornate a casa e provate a rifare quello che avete visto. Un gioco, una sfida, una vita da ragazzi. Non lo sapevi che sarebbe stata la tua vita e che un giorno anche con tuo fratello avresti incrociato guantoni veri.

Amilcare Beretta, un figlio del suo tempo

All’inizio del secolo che prometteva tutto, tutto poteva accadere.  Poteva esistere anche un personaggio come Amilcare Beretta.
Campione italiano di nuoto nel 1904, olimpionico a Londra nel 1908, pugile campione dei pesi medi nel 1914 quando a Milano batte Eustacchio Sala, pallanuotista nella Rari Nantes Milano e poi in squadra nazionale alle Olimpiadi di Anversa del 1920.
Amilcare Beretta non lo incontri nel migliore dei modi. Racconti che avevi circa quindici anni e che stavi facendo il bagno nel Naviglio vicino casa. C’era una gara di nuoto in corso e non sapevi chi fosse quell’uomo che si sbraccia e ti urla di uscire dall’acqua. Sei sempre stato un uomo libero, perché mai avresti dovuto uscire? Rispondi a tono, lui anche. Ma non basta, l’uomo entra in acqua e vi azzuffate.
Non c’è partita, hai la peggio e potrebbe andare peggio ancora se alla vista dei nuotatori in arrivo l’altro non ti avesse detto “usciamo, continuiamo dopo”.  Il dopo ci sarà, ma non sarà più pugni e lotta. Vi parlate, scopri chi è, diventate amici.
Vi ritroverete qualche anno dopo in un ospedale da campo a smaltire ferite di trincea.
Dopo cinema e zuffa, però, qualcosa cambia.

Guanti e trincea

Le immagini di Jack Johnson ti hanno suggestionato, le botte che hai preso forse anche di più e così un giorno prendi la strada che ti porta all’U.S. Milanese, che è anche la terza squadra di calcio della città. A te però non interessa il calcio, tu non vuoi giocare a foot-ball, come si scriveva allora: tu vuoi imparare a tirare pugni.
Il fisico ti aiuta, l’anima anche. Sei forte, hai coraggio, ti alleni, sul ring ci arrivi presto, vinci i primi incontri e prometti bene.  
Poi però la Storia pretende il suo dazio. Torna il Risorgimento che non è finito a Custoza e neanche a Porta Pia, gli Imperi battono l’ultimo colpo, Sarajevo è solo la scintilla di un fuoco che gà covava, la guerra spalanca le porte, arriva la cartolina precetto ed eccoti a Savona.
Spalla Erminio, un passo avanti!”. Eccoci di nuovo qui, primo giorno davanti al caporale.
Tre mesi di addestramento e poi il fronte, anzi la fronte come scrivevano al tempo. Trentino occidentale, il Garda è lì sotto, l’Adamello è davanti, in mezzo è l’inferno.
Fante, fantaccino, ma non si molla, avanti o accoppati, avanti e accoppati.
Prendi i gradi, esci da sergente, ammaccato, con nastrino e croce di guerra.
La Patria è tutta lì, gradi, croce e nastrino. Ci credi e ci crederai ancora.

Appena puoi continui ad allenarti con quello che capita

Alzi tronchi, sposti rocce, fai muscoli, sgombri la testa, inganni la morte, la annebbi con il sudore, gli ridi in faccia.
Con gli inglesi combatti al fianco, ma qualcuno, nei momenti di riposo, lo stendi pure.
Quella volta, nelle retrovie, te ne stavi tranquillo a bere vino poggiato al tavolaccio di un’osteria. Entrano in tre, lentiggini, Sua Maestà e padroni del mondo. Uno ti prende il bicchiere e si beve tutto. Per te il vino è casa, padre e madre. Ti alzi e lo stendi.
Ora tocca agli altri, pensi. Sei in guardia, pronto a scattare, gli altri arrivano, ma invece di alzare pugni stretti e chiusi, allungano il braccio destro e le mani sono aperte.
Fair play, congrats, non parlate la stessa lingua, ma vi capite.
La voce gira veloce.
Il giorno dopo un capitano inglese ti fa chiamare, nessun rimprovero, nessuna consegna di rigore, chi ha visto la morte paro a paro sa riconoscere il valore. Il capitano ti parla di arte nobile, delle regole che hanno inventato loro perché, diavolo d’inglesi, con lo sport ci sanno fare veramente.
Quando torni a casa in licenza, approfitti per salire sul ring e mettere in cascina qualche incontro.
Hai coraggio e animo, non sopporti soprusi né per te e né per chi ti capita vicino. Qualche rissa ci scappa sempre, ma è anche grazie alla nomea che inizia a precederti che arrivi alla squadra di ginnastica del Comando.
Ti convocano, ti fanno combattere qualche match, ti mettono davanti Carlo Negri, pugile, ma anche tenente.
La prima volta ti lasci andare alla soggezione dei gradi e perdi, la seconda lo mandi ko.

Parigi

Il Piave, Trieste, Gorizia. La guerra finisce.
Il biondino di quel giorno a Savona non lo hai più visto, chissà che fine ha fatto. Ignoto militi, immenso come tanti.
Nel 1918 diventi pugile professionista, hai ancora le stellette e nel 1919 sei con i 130 inviati ai Giochi Interalleati di Parigi, una sorta di olimpiadi militari dove si gareggia in 17 competizioni sportive diverse.
La cerimonia di apertura è il 22 giugno allo stadio Pershing ed è qui che il 6 luglio combatti.
75.000 persone sugli spalti hanno gli occhi puntati sul ring. Non andiamo granché bene, poi arriva il tuo turno.
Inizi con il belga Vandenheyds, rimane in piedi meno di due round.
Poi c’è l’australiano Pettibridge, forte, fortissimo, pugni che sono mazze ferrate, ma tu sei un fante di trincea, le mazze ferrate le conosci, che vuoi che sia. È dura, ma vinci e ti porti a casa il titolo di campione militare dei pesi massimi.
In migliaia sugli spalti  esultano e ti festeggiano. Il tifo da stadio non è iniziato con il calcio, ma con il pugilato.
Tra quelli che ti hanno visto combattere c’è un americano, si chiama Gene Tunney dello United States Marine Corps.
Lui è The Fighting Marine. Vi incontrerete ancora. Da vicino, tra le corde.

La grande boxe

Finalmente niente più stellette. Milano, Velodromo Sempione, la storia dello sport passa di qui. Anche la tua.
Il 5 settembre 1920 combatti contro Eugenio Pilotta, anche lui trascorsi da pugile militare, nove match negli ultimi due anni, uno solo perso, cinque vinti per ko. Per inciso, tra questi, ben due volte Pilotta ha steso il tenente Negri.
Il match dura poco; al quarto round la mano dell’arbitro si agita a mezz’aria e conta i secondi su Pilotta al tappeto.

Sei campione italiano dei pesi massimi, lo rimarrai per sei anni.
Pilotta abbandona la boxe e la sua è un’altra di quelle storie di inizio secolo; si reiventerà masseur e sarà al seguito della nazionale dei miracoli, quella di Vittorio Pozzo.
Il titolo italiano ti porta fama e cartelli internazionali. Berlino, Londra, Stati Uniti, Brasile: la grande boxe.
Spalla Erminio, un passo avanti!” ricordi? Altro che se lo hai fatto il passo avanti.

Spalla vs Benedicto ticket
(Erminio Spalla vs Benedicto ticket)

Campione europeo. Il primo!

Certo, non tutto va bene. Qualche incontro lo vinci e qualcuno ne perdi.
Dal 2 gennaio del 1922, però, entri in una lunga serie positiva.
Quattordici incontri, quattordici vittorie di cui dieci per ko.
Al quindicesimo incontro trovi Piet van der Veer, un gigante olandese.  Sei all’Arena di Milano, è il 20 maggio 1923 ed è qui, davanti al pubblico di casa, che dopo venti incessanti riprese diventi campione europeo dei pesi massimi.
Sei il primo pugile italiano a conquistare un titolo europeo.
Non saprei dirti perché, ma la memoria di questo primato è sfuggita di mano e quando oggi su qualche rivista patinata si divertono a stilare elenchi dei pugili italiani più famosi o migliori di sempre, tu non ci sei praticamente mai.
Non saprei dirti il perché, ma forse lo immagino.

Oltre

Tu non sei mai stato un clichè. Il tuo viso non da pugile, empatico e aperto, è stato poi una fortuna per la tua seconda vita.
Ispiravi naturale simpatia, la gente ti voleva bene perché, comunque, l’addrizza torti di cui avevi aria e cuore, è sempre un eroe popolare.
Colpi potenti, reazioni improvvise, incassi portentosi, nessuna paura dello scontro fisico, rispetto e amicizia per gli avversari una volta scesi dal ring. Il tuo pugilato fuori dagli schemi ristretti, in qualche modo, ti ha fatto essere un rivoluzionario romantico.
Ma tu sei oltre l’ordinario, l’ho premesso.
Hai scritto libri, hai dipinto, hai scolpito, hai recitato in oltre cinquanta film, hai studiato e cantato il bel canto, ti sei sempre messo in gioco.
Come posso chiamarti, se non straordinario?

America del Sud

Argentina, Brasile; fascino elettivo, destini da compiere che il titolo italiano ti mette a portata di mano.
Il 27 gennaio 1924 fai scalo a Rio de Janeiro, traversata sul Lutetia, Compagnie de Navigation Sud-Atlantique. Le rotte oceaniche sono cosa loro e inglese, ma aspetta qualche anno che sta per arrivare il Rex.
La tua destinazione però è l’Argentina, a Buenos Aires ti aspetta Luis Angel Firpo, il Toro selvaggio della Pampa.
Il match è fissato per il 7 marzo. Allo stadio del River Plate accorrono in migliaia.
Resisti quattordici riprese prima di andare ko. Firpo è veramente uno dei pugili più forti di ogni tempo.

Qualcuno sulla stampa locale parla di combine. Ti viene da ridere, combine a te? 
Proponi di rifare subito il match, ma Firpo non accetta.
Ci vorranno due anni prima di incrociare di nuovo i guanti con lui.
Quando accadrà, a Buenos Aires il 3 aprile del 1926, sei però nella tua fase discendente. Firpo è sempre forte; perderai ancora, ai punti.
Hai perso con Firpo, ma in Brasile ti vogliono lo stesso. Anche lì c’è tanto cuore e tanta voglia d’Italia e anche se il pugilato non è particolarmente amato, il successo di pubblico è assicurato. In effetti l’incontro è solo un’esibizione, un’operazione commerciale degli organizzatori, nessun titolo in palio.
Quello che accadrà dopo è una pagina in chiaro scuro.

(Erminio Spalla vs Benedicto dos Santos)

Un match dispari

Ditão, così lo chiamavano, aveva iniziato ad allenarsi in un’accademia di boxe di San Paolo nel 1922. È un brasiliano nero, 185 centimetri di muscoli, fisico possente, un bel dritto.
Il 17 aprile 1924 alcuni trafili di stampa locale annunciano che Erminio Spalla, il campione italiano, è ospite della famiglia Matarazzo e che in una delle loro tante e sterminate proprietà si sta allenando per incontrare Ditão.
Con grande attesa e aspettative, l’11 maggio circa ventimila persone si ritrovano al Parque Antarctica, lo stadio della squadra di calcio Palestra Italia che deve il suo nome proprio a una delle azienda della famiglia Matarazzo.
Il match è palesemente dispari.
Benedicto dos Santos ha solo quattro incontri all’attivo, tre vinti per ko alla prima ripresa, ma nessuna esperienza internazionale. Soprattutto, non ha nessuna logica speranza di poter sostenere un confronto con te, campione con oltre quaranta match sulle spalle.
Alle 16,00, quando inizia la prima delle dodici riprese previste, a queste cose non ci pensa nessuno. Forse solo tu.
Il Giaguaro Brasiliano comunque picchia duro, ha leve lunghe, tu incassi, gli vai sotto per colpire al grosso, ma ne prendi tante. Alla nona con un dritto al volto lo butti giù. È finita qui, pensi, invece no.

È lo spettacolo, bellezza

L’arbitro conta lentamente, il Giaguaro si rialza, ma ha accusato. Colpisci ancora e lui accusa ancora. Fai cenno all’arbitro di farla finita, di sospendere, ma lui non ci pensa proprio. All’undicesima ripresa decidi di farla finire tu, colpisci in pieno viso e lui cade come un peso morto.
Hai vinto, il Giaguaro ti ha fatto sudare più del previsto, ma non c’è soddisfazione nel vederlo a terra privo di sensi.
Ditão non si riprenderà per ore. Ricoverato all’ospedale Alemão, ci rimarrà per mesi e quando uscirà non sarà più lo stesso. La lesione cerebrale, l’emorragia, hanno laaciato il segno. Prima di partire per gli Stati Uniti vai in ospedale, non te lo fanno vedere, gli lasci un biglietto e gli conservi un posto nei tuoi pensieri perché tu sei fatto così, il biglietto non ti basta mica.
Ditão rimarrà in ospedale a lungo, la borsa che ha guadagnato se ne va quasi tutta per pagare le spese. Per lui rinunci a una parte dei diritti che ti sarebbero spettati per la commercializzazione del film dell’incontro. Nel 1926, quando ritorni a Buenos Aires per il secondo match con Firpo, non hai dimenticato il tuo impegno e organizzi una manifestazione di pugilato dedicata a raccogliere fondi proprio per Ditão.
Così va la vita, così va la tua.

Gene Tunney

Anche su di lui vale la pena raccontare qualcosa in più.
The Fighting Marine ti aveva visto ai Giochi Interalleati di Parigi, di te già sapeva e sapeva anche che nel frattempo eri diventato un campione.
Obiettivo di Gene Tunney era arrivare a incontrare Jack Dempsey. Tu eri la strada veloce per arrivarci ed eri probabilmente il pugile più forte che in quel momento si potesse trovare davanti. Gli organizzatori si mettono al lavoro, una bella borsa appiana ogni dubbio.
Il 26 giugno 1924 allo Yankee Stadium, Bronx, New York, il pubblico rumoreggia, vuole pugni e spettacolo.
Avrà gli uni e l’altro.
Alla prima ripresa abbatti Tunney con un destro. Poteva finire tutto prima di iniziare? No, non poteva.
Tunney è una furia, ti tempesta di colpi, labbra e naso sanguinano, resisti, fai di tutto, alla settima ripresa sembra di assistere a un incontro di wrestling. L’arbitro interrompe per ko tecnico, il vincitore è Tunney.
Due anni dopo, il 23 settembre 1926, davanti ai 120.000 del Sesquicentennial Stadium di Filadelfia, the Fighting Marine batterà Jack Dempsey e sarà campione mondiale dei massimi.
Nell’ottobre 1928 Gene e Mary “Polly” Lauder sbarcano a Napoli dal transatlantico Saturnia. Vanno a sposarsi a Roma, in banchina, ad attenderli ci sei tu.
Il ring è un quadrato, la vita un cerchio, tutto torna.

Paulino Uzcudun
(Paulino Uzcudun)

Tutto passa

Nel 1924 le riviste americane The Ring e Ring Record Book and Boxing Encyclopedia ti classificano nei primi dieci pugili dell’anno.
il 28 settembre concedi la rivincita a Piet van der Veer, ma ancora una volta vinci ai punti, il campione europeo rimani tu.
Tutto passa, però.
Il 18 maggio 1926 all’Arena Plaza de Toros Monumental di Barcellona, il basco Paulino Uzcudum ti toglie la cintura. Tranquillo però, i conti con lui li regolerà Carnera a Villa Borghese.
Il 25 settembre 1927 è invece il veneziano Riccardo Bertazzolo a toglierti il titolo nazionale. Rimarrete amici e reciterete anche insieme.
Hai 30 anni, ne hai prese e date tante. Hai capito da solo che è tempo di scendere dal ring.

Inventare la vita

Facile a dirsi, meno a farsi. In ogni caso tu ci riesci.
Sceso dal ring riprendi in mano le tue passioni; dipingi, scolpisci, scrivi.
La memoria può anche fare agguati, ma prima che questo possa avvenire racconti la tua vita in tre libri Per le strade del mondo, Nella vita e sul ring e Una tonnellata di pugni.
Nel 1933 torni in Brasile, a San Paolo, città italiana che più italiana non si può.  Apri una palestra con scuola di pugilato, ti trovi bene, lanci anche una rivista, ti dedichi allo studio del canto.
Pungi come un’ape, vola come una farfalla. Dice così Muhammad Alì prima del match con Sonny Liston del 1964. Se ti avesse conosciuto, secondo me gli saresti piaciuto.
Nel 1934 ti raggiunge la famiglia al completo e sempre nel 1934 il ring ti chiama ancora. Non hai nessun titolo e non ne cerchi nessuno, però combatti ancora tre volte e tre volte vinci. Allo Estadio Paulista contro il francese Marcel Nilles e lo statunitense Laverne Baxter, al Teatro Colyseu contro il polacco Wladek Zbyszko.
Il canto ti appassiona sempre di più, vieni scritturato, ti esibisci e l’anima ne guadagna.
Nel 1937 sei di nuovo in Italia, fai l’artista, coltivi amicizie.
Nel 1939 il tuo debutto al cinema con Io, suo padre di Mario Bonnard.  Farai altri 53 film, lavorerai con Alessandrini, Gallone, Blasetti, Mattoli, Bragaglia, Salce, De Sica, Dino Risi. Sarai in pellicole di culto come Fabiola, Miracolo a Milano, Poveri ma belli, Il Mattatore.
Nel 1957 sei nel primo Carosello per pubblicizzare un brandy delle distillerie Fabbri.
Nel 1969 compari nello sceneggiato televisivo I fratelli Karamazov, successo straordinario della RAI che faceva cultura in prima serata.
Insomma, anche a inventare la vita non sei stato secondo a nessuno.

(1951. Erminio Spalla, il vecchio leone)

Spalla Erminio. Un passo avanti!

Già ancora una volta, perché tra la tua prima e la tua seconda vita in mezzo c’è stata un’altra guerra, la Seconda.
Una guerra che hai raccontato, perché sei stato il meccanico Brambilla in Giarabub di Goffredo Alessandrini. L’epica della sconfitta forse non ha trovato mai rappresentazione estetica più profonda.
Non basta, però.
Non sei più un ragazzino, hai quarantacinque anni, ma nell’autunno del ’42, finito di girare Giarabub, ti ritrovo con il tuo vecchio grado di sergente alla Scuola di Paracadutismo di Tarquinia. Questa volta non più fante, ma aviere perché le scuole di paracadutismo sono affidate all’arma azzurra. Non mi è chiaro se tu sia stato richiamato o se sia andato volontario, fatto sta che devi insegnare ai ragazzi del Nembo – quelli della Folgore stanno già morendo dall’altra parte del mare, a El Alamein – tecniche di assalto e difesa a mani nude, lotta e pugilato quindi. Per farlo, però, devi prendere anche tu il brevetto.

Erminio Spalla paracadutista
(Erminio Spalla paracadutista degli Arditi Incursori Regia Aeronautica. Sulla destra il tenente Gianni Brera)

Il tuo tenente è un ragazzino di 23 anni, volontario come tutti i paracadutisti.

È bravo a scrivere, lo impiegano molto all’Ufficio Propaganda del Corpo. Ti prende a simpatia anche perché per lui, appassionato di boxe, sei un mito. Si prende la confidenza del grado, Erminione ti chiama, parlate tanto, gli racconti di te, delle tue cose e lui, in compenso ti accompagna nel percorso che ti porterà al primo lancio e ti farà diventare un paracadutista istruttore.
Le cose poi vanno come vanno.

Il 10 luglio del ’43 la Scuola viene chiusa. Tu e il tenente vi perdete.
Passerà qualche anno, il mondo farà in tempo a cambiare. Dopo il 25 aprile vai per qualche tempo in Argentina, mentre il tenente diventerà un giornalista, uno di quelli nato con il dono della parola.
Il tuo tenente si chiama Gianni Brera.

(Erminio Spalla con alcune sue opere)

Accade così

Accade che un giorno di maggio del 1967 sei a Sequals ad attendere Primo Carnera che torna a casa dagli Stati Uniti. La montagna che cammina vuole morire a casa sua.
Accade poi che una sera d’agosto di qualche anno dopo stai cenando casa tua quando, improvviso, arriva il buio.
Non vedi più nulla, forse però in quel momento tutto ti torna a mente a memoria.
Il giorno dopo, il 14 agosto 1971 il cuore si mette a riposo, scendi dal ring per l’ultima volta. Intorno è silenzio.
Spalla Erminio, un passo avanti!”.
Forse anche questa volta ti hanno chiamato così e sicuramente anche questa volta il passo avanti l’avrai fatto col cuore e con tutto te stesso. Solo così sai fare le cose, tu.
Lasciati immaginare, sorriso ancora guascone, mentre saluti e vai.
Prima di andare, però, permetti anche a me la confidenza del tenente Brera, maestro di parole a cui tutti dobbiamo qualcosa, e lasciati salutare così, da amico.
Ciao Erminione!

 

Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)

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