La vita in rosso e blu. Grande storia, passione che bacia e inganna la delusione, amore che non passa, forte di quello che ha fatto, orgoglioso di quello che deve ancora fare. La vita in rosso e blu inizia nel 1893. Nessuno prima di loro, nessuno prima del Genoa Cricket and Football Club . Chiamatelo calcio, se volete, ma qui c’è altro e di più. Grande storia l’abbiamo detto, ma anche uomini fuori dal comune. I primi dieci sono inglesi, San Giorgio è Genova e Albione; il santo guarda, secondo me sorride e forse benedice anche. Di sicuro una benedizione la impartisce il console britannico Charles Alfred Payton; è da lui che i dieci si riuniscono, firmano un assegno al futuro e costituiscono il Genoa.
Il destino è un colpo di fulmine. Si gioca al porto con i marinai scesi a terra, ma anche a piazza d’armi, spesso si gioca dove capita, ma si gioca. Vestiti bene, maglie bianche all’inizio, poi bande rosse e blu, calzettoni al ginocchio, pallone di cuoio duro, cuciture a vista, pallone che quando piove Dio solo sa quanto pesa. Non importa. Tutti avanti, uomini e pallone, per giocare, vincere e forse anche perdere, ma soprattutto per portare palla a quelli che verranno dopo. Anche per noi.
L’anno della svolta
Marzo 1898; a Torino nasce la Federazione Italiana Football. Quello che diventerà il triangolo industriale, intanto è il triangolo del calcio italiano. L’8 maggio al velodromo Umberto I di Torino ci sono quattro squadre, tre giocano in casa, una no. È il primo campionato italiano ufficiale. È il primo scudo del Genoa che, fino alla stagione 1923/24, se ne cucirà altri otto. Tutto dimenticato? No, tutto vivo, il tempo è un attimo. Provate a chiedere a un tifoso genoano. Vi racconterà di una passione che passa di padre in figlio e di una curva che non si abbandona mai.
Storie, leggende, appartenenza
Vi racconterà di uomini e storie straordinare, di ieri e di oggi. Charles De Grave Sells, il primo presidente. James Richardson Spensley, medico, filosofo, calciatore, arbitro, una passione per il sanscrito, uomo che sarebbe piaciuto a Corto Maltese. William Garbut, da portuale ad allenatore, mister per primo. Giovanni De Prà, leggenda dei pali, paura non pervenuta, il bronzo di Amsterdam seppellito vicino al palo destro davanti alla Nord, i 70 minuti in campo a parare con un braccio rotto. E poi storie come quel Genoa-Juve del ’41, la mattina bombe dal mare e dal cielo, il pomeriggio tutti al Ferraris coi cuori in tempesta a tifare il Grifone che vince 2-0. Tutti sanno, nessuno dimentica. Appartenenza è la parola magica che non chiude le porte del passato e spalanca quelle del futuro.
Le storie prima o poi trovano casa
Mattia Mor lo sa. Convinto che le storie abbiano tanto da dire, sulle storie lavora. Una carriera internazionale, un trascorso da deputato, una sensibilità al futuro, con la sua Emotion Network coltiva ispirazioni da mettere in campo per tutti.
Sua l’idea di raccontare cuore e tifo del Genoa. E allora pronti via, la storia diventa progetto, il progetto diventa un film. Genoa Comunque e Ovunque, con la regia di Francesco G. Raganato e la produzione di Emotion Network e Dude Originals, racconta calcio e amore a latitudine rosso blu, grifone che rampa in alto indifferente al tempo e ai tempi, primo o secondo che siano. Genoa Comunque e Ovunque è amore senza compromessi per una squadra che magari vince poco, ma che è visceralmente propria. Non chiedetegli di essere imparziale, il film non lo è e vivaddio!
Un racconto corale
Genoa Comunque e Ovunque è un racconto a più mani e più voci. Voci di tifosi, alcuni famosi come Bresh o Alberto Zangrillo, altri no, ma tutti con un aneddoto personale da tessere in una trama comune.
Voci di dirigenti, primo tra tutti Andrès Blàzquez, l’amministratore delegato della società rapito “dalla bellezza di una comunità che non smette mai di stupire…una forza contagiosa”.
Voci di giocatori, come Claudio Onofri, Marco Rossi, Diego Milito, Domenico Criscito, Rodrigo Palacio, Goran Pandev, tutti presi a raccontare e a raccontarsi.
È la comunità che fa quadrato intorno al suo passato, al suo presente e al suo futuro.
“Tifare Genoa – dice Mattia Mor – significa soffrire tanto e gioire poco, essere parte di un vissuto, avere una fede, essere appassionati a prescindere dalle vittorie, nell’amore per una maglia che accompagna decine di migliaia di tifosi dall’infanzia alla vita intera”.
La partita immaginaria
Immaginaria eppure realissima, non un controsenso, ma il cuore del film.
Stadio Luigi Ferraris spogliatoi, parole, risate, maglie, scarpini che tacchettano, corridoi che si allungano. Giona o Pinocchio, scegliete voi, dal ventre della balena alla luce. Lo stadio è un altro mondo. Sugli spalti nessuno, in campo le glorie. Vecchie? Lo abbiamo detto, il tempo è un attimo. Sono calciatori. Ieri, oggi e sempre. La partita si gioca sul serio, ma è l’immaginario che entra in campo. I 22 calciano, dribblano, tirano. Il pallone si fa inseguire, ma quello che i 22 rincorrono sono vissuto ed emozioni tatuate nella memoria. Le immagini si sovrappongono, il tempo è unico, parallelo quantistico, per semplicità chiamiamolo vita.
Il film è anche altro
Genoa Comunque e Ovunque è un bel film e come accade per tutte le belle cose bisogna sapergli andare incontro. Dal 29 gennaio al 4 febbraio avrà una prima distribuzione in sala, soprattutto al nord Italia. Ci auguriamo che sia solo l’inizio perché abbiamo bisogno di storie e abbiamo bisogno di storie che raccontino il calcio della passione. Storie che restituiscano alle curve lo spirito al quale appartengono, quello del calcio popolare con i curvaroli che stanno al calcio come i loggionisti stanno all’Opera. Storie che sono cultura nostra, profonda, intima e comunitaria. Proprio come andare allo stadio al di là del risultato. Proprio come andare al cinema anche quando devi cercare la sala giusta per vedere il film giusto.
Genoa Comunque e Ovunque, appunto.