Il 4 luglio 1954 sui 1000 metri del premio Tramuschio a San Siro un cavallo vince la sua prima corsa al galoppo. Ha un temperamento tutto suo, non sa ancora come si affronta una competizione, arranca come mai accade in allenamento, rischia di perdere contro la compagna di scuderia e sorellastra Donata Veneziana, la spunta ma a fatica. Non accadrà più, le successive quindici corse Ribot non le vincerà, le dominerà stracciando avversari e dubbi.
La carriera perfetta
Ribot, l’invincibile con la carenatura di Fausto Coppi, ma è un cavallo. Eppure il parallelo è inevitabile con quella capacità polmonare fuori dalla norma. Due perfette macchine da corsa.
È piccolo, fatto strano, diciamo bruttino, i sottopancia normali non riescono a cingergli il torace. Lui vuole solo galoppare, al trotto è la disperazione. Non si da’ pace, sbraita, “è un briccone” dicono. Al galoppo diventa serio, sicuro, “è un ragioniere” dicono.
Figlio di Tenerani (un campione) e Romanella (bella ed un Criterium Nazionale a due anni), lui sangue freddo lei bollente. Ribot è ribelle quando passeggia, disarciona il fantino, vola nel bosco oppure strascica i piedi inciampando al primo sasso. Saggio, esemplare quando galoppa, muso proteso in avanti, sviluppa una falcata lunga e leggera. Al box è bravo, ama la compagnia dei suoi dirimpettai (Audran prima, il fedelissimo Magistris dopo), adora le carezze ed il suono della voce, le sue orecchie si drizzano. È un cavallo sereno, solo la noia di trotterellare lo indispone.
Il capolavoro di Federico Tesio
“Piccolo com’è, verrà pronto presto. Ha l’aria del velocista, potrebbe far bene in dirittura”. “Con quel caratterino dove vuoi che vada“. Ribot è nato a Newmarket il 27 febbraio 1952, re Giorgio VI è morto da venti giorni. Ribot è di proprietà della scuderia Razza Dormello Olgiata di Federico Tesio e del socio marchese Mario Incisa della Rocchetta. Federico Tesio è il mago, il Da Vinci della nostra ippica, politico, perseguito per collusione con l’Italia di prima, ma soprattutto impareggiabile allevatore. Il suo capolavoro si chiama Ribot, la R della mamma Romanella ed il nome di un acquarellista francese. Lo vede, giorno per giorno, allenarsi duramente sulla sabbia, migliorare, volare sull’erba, sfiorarla come un soffio di vento, demolire i battistrada. Non lo vedrà mai in gara, muore due mesi prima del suo esordio, regalando al mondo delle corse il campione irripetibile.
Dalla prima corsa in poi
Tra scetticismo ed entusiasmo, Ribot affronta la sua prima corsa. Vince, ma “è bislacco come tutti i figli di Romanella“. Enrico Camici è il fantino. È lui a sgombrare il campo dagli ultimi dubbi dopo la vittoria numero due al Gran Criterium. “Ho sbagliato io, pensavo di aver ormai vinto, sottovalutando il ritorno di Gail, non so dove Ribot ha trovato la forza per accelerare di nuovo. È un fuoriclasse“.
Ribot non è più il cavallino, è osannato, anche se lui ancora prende e parte per il bosco. Adesso però sono in dieci, venti a cercarlo prima che succeda qualcosa di brutto. Lui si allena anche così, la fuga mattutina. Vince, a Milano, a Pisa, ovunque. Vince facile anche contro avversari più grandi e smaliziati. Si fa male, si ferma, riparte con gli anteriori protetti, torna a vincere.
L’Arc de Triomphe
L’esame di maturità non può non essere oltre confine. L’Arc de Triomphe, da sempre, presenta al via i migliori. Ribot non è favorito, se non per tanti italiani che affollano la sala scommesse. Ribot vince, stravince con il brivido. Hidalgo incespica in avvio e scosso procede verso Camici costretto ad allungare nonostante il traguardo lontano. Salta il piano di corsa, ma Ribot pensa solo ad andare più veloce, sono tre lunghezze su Beau Prince al nastro d’arrivo. Per una volta, gli italiani fanno la fila compostamente in quel di Longchamps. Al botteghino del totalizzatore Ribot vincente paga anche 10 contro 1 e ci abbracciamo.
Da San Siro ad Ascot
Ribot torna a San Siro per dare 15 lunghezze a Norman, non un carneade, vincitore dei due precedenti GP Jockey Club e stracciare la concorrenza in altre due corse. Senza rivali in Italia, Ribot sbarca ad Ascot, centomila spettatori ed una regina per la sua corsa più importante, King George and Queen Elizabeth Stakes. Tutti per High Veldt, il gioiello della corona, che si presenta davanti ai 200 metri. Camici è in controllo deve solo assecondare Ribot, cinque lunghezze di margine. Una prova di forza e bellezza, giù il cappello dei sudditi di sua maestà, privilegio riservato solo per i cavalli della famiglia reale.
Ribot, l’Italien
La sfida più grande è tornare in Francia, stavolta con i favori del pronostico. Al via l’aristocrazia europea e due americani costruiti per vincere l’Arc. Sono Fisherman e Career Boy, corrono di squadra, uno parte, l’altro copre e rilancia. Camici e Ribot non sbagliano nulla, devono solo decidere quando rendere il ritmo insostenibile per il resto del campo. Tre, quattro, sono sei lunghezze al traguardo su Talgo, Tanerko ed il malcapitato Career Boy.
Delirio in tribuna, “85 mila fortunati hanno avuto la possibilità di vedere il miglior purosangue che abbia mai calcato la pista di un ippodromo“. Lo scrive “L’Equipe” di Ribot, l’Italien.
Come sull’Izoard, in cima al K2, a Monza. Ribot, oltre l’ippica, nella leggenda. Il cavallo che aveva solo voglia di galoppare.