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Coppa Rimet. Novanta anni dopo

La prima volta in Europa per la Coppa del Mondo tenacemente voluta da Jules Rimet. Una prima volta nostra, che la organizziamo e la vinciamo anche. Merito di tutti, merito di tanti, merito suo, di Vittorio Pozzo, l'alpino allenatore, l'unico che la vincerà per due volte. La grande storia del nostro calcio nazionale, inizia così.
Coppa Rimet 1934

Siamo nel 1934. L’organizzazione della prima Coppa del Mondo di calcio in Europa è italiana.
Una bella sfida, ma a noi piacciono le sfide. Potremmo dire della moka di Luigi de Ponti per Bialetti un anno prima o del cambio per biciclette di Tullio Campagnolo un anno dopo. O del radar di Guglielmo Marconi e Ugo Tiberio sempre nel 1935 o giù di lì.
Siamo fatti così, siamo fatti per fare le cose per bene. E la Coppa Rimet ’34 resta da noi. 

La Coppa del mondo di calcio è rimasta nelle nostre mani complessivamente per 24 anni

Il Brasile, cinque vittorie contro le nostre quattro, è a quota 20 anni. La Germania quota 16 anni, metà dei quali di una nazione divisa. Quasi un quarto di secolo a casa nostra tra cui, i più curiosi, due anni trascorsi in un fusto vuoto destinato all’olio extravergine. Custodi del prezioso segreto sono i coniugi Barassi, parenti di Ottorino, segretario generale FIGC e deus ex machina dell’organizzazione mondiale ’34, il secondo della storia.

Ottorino Barassi

Ottorino vive la sua routine casa-lavoro a Roma ma, quando il caos bellico avanza, decide di portare con sé la Coppa Rimet, prima nella sua abitazione in zona Vaticano e poi nel paesotto del foggiano, non distante da dove l’Army Corps of Engineers piazza una base aerea da dove si parte per bombardare e dove, di sicuro, il trofeo è l’ultimo dei pensieri di tutti. Anche Ottorino Barassi è ingegnere, ma la sua passione è il calcio e sarà molto di più di un lavoro. Tesserato per la Cremonese nel primo dopoguerra, frequenta un corso arbitrale e da lì si bruciano le tappe: VP dell’associazione italiana arbitri, direttore di gara per la seconda divisione, segretario del direttorio federale con un triennio al vertice della federazione rugby a completare l’ascesa. La Coppa del Mondo 1934 resta il suo progetto più bello. Scartabellare tra i suoi appunti ci trascina nel vortice di quei quattordici giorni (27 maggio-10 giugno) pieni di Italia. 

Una sfida

L’organizzazione presenta difficoltà di impostazione considerevoli. Le condizioni della prima edizione di Montevideo sono state fondamentalmente diverse e nessuna indicazione istruttiva è arrivata fino a noi.
Primo fattore, il mondiale italiano si svolge in otto differenti città contro la sola capitale uruguagia di quattro anni prima. Secondo fattore, la nuova formula. Non c’è il torneo di consolazione e la divisione in gironi durante le fasi finali, c’è soprattutto il problema della tardiva designazione delle squadre partecipanti. Strutturare il calendario tenendo conto della conformazione geografica dello stivale, le distanze, i tifosi, i tempi di recupero dei giocatori non è uno scherzo. Per fortuna, si va di rado alla ripetizione della partita a seguito del risultato di parità nei novanta minuti. La doppia sfida con la Spagna ci porta a giocare tre duri incontri nello spazio di quattro giorni, alla fine siamo noi i più penalizzati. Una preparazione meno affrettata avrebbe consentito una migliore diffusione dei biglietti all’estero, più comodi spostamenti per tifosi e delegazioni, favorendo spettacolo e turismo. La mancanza di esperienza porta poi ad optare per prezzi unici per ciascuna partita, anziché modificarli per le sfide più attese.

Progetto stadi

La capienza degli stadi è giudicata appropriata. Tutti tranne Roma che viene ampliato, non fosse altro per dare giusto lustro alla finalissima. La FIGC copre con garanzie finanziarie sulla base di due possibili opzioni: la prima prevede l’Italia finalista e quindi maggiori utili da distribuire tra le nazionali, la seconda Italia fuori subito con introiti più modesti, ma comunque in grado di coprire le spese. Le Autorità non si chiamano fuori: si adoperano per consentire il “prestito” degli stadi a condizioni favorevoli, facilitano i costi dei trasporti ferroviari, introducono esenzioni fiscali per la pubblicità. Concessioni “ad hoc” interessano le riprese cinematografiche, le trasmissioni radio e le serie speciali di francobolli.

L’evento mediatico

La stampa, va sottolineato, comprende in modo mirabile l’avvenimento quasi presagendo il successo sportivo ed organizzativo. 68 testate giornalistiche italiane sono accreditate, ma è imponente la rappresentanza estera. Francia e Germania sono presenti con 27 giornali ciascuno, fuori dall’Europa spiccano sei pubblicazioni americane, 4 argentine ed altrettanto egiziane. Gli inglesi, che snobbano il torneo, fanno comunque arrivare da Londra i giornalisti dell’agenzia Reuters e del Central News Limited. Della Coppa del Mondo scrive anche L’Osservatore Romano. 

Coppa Rimet 1934

Il pubblico pagante

Vengono aboliti i biglietti d’invito, ma non per favorire maggiori incassi, piuttosto per un principio morale di uguali condizioni fra tutte le nazioni senza favorire così il padrone di casa. Una legione di volontari permette la buona riuscita della manifestazione, ma onestà e generosità risaltano tra gli enti più diversi ed in qualche modo coinvolti: compagnie di navigazione, società tipografiche, fornitori vari. L’introito totale del torneo finale sfiora i 4 milioni.  Il maggior incasso non è della finalissima, ma della semifinale Austria vs Italia di Milano con 811.526 lire, record italiano per partite internazionali. La finale con la Cecoslovacchia arriva a 747.045 lire. Tutte le nazionali hanno potuto contare su un rimborso spese, indennità giornaliera e partecipazione all’utile del torneo. Austriaci e cechi, per l’appunto, ne beneficiano in modo superiore alle altre, la sola Argentina – conti alla mano – chiude con il segno negativo. 

Quel 10 giugno

In campo andò come andò quel 10 giugno allo stadio PNF gremito in ogni ordine di posti. Noi con capitan Combi tra i pali, poi Monzeglio, Allemandi, Ferraris IV, Monti, Bertolini, Guaita, Meazza, Schiavio, Ferrari ed Orsi.
Anche loro, la Cecoslovacchia, con il capitano a difesa della porta, il leggendario Planicka. Arbitro lo svedese Ecklind, guardalinee Birlem, tedesco, e Ivancics, magiaro. In tribuna, affianco al primo ministro, il Duca di Spoleto e le principesse Mafalda D’Assia e Maria di Savoia.

Coppa Rimet 1934

È una partita meravigliosa e non potrebbe essere altrimenti

Settanta minuti di lotta accanita, quintetti di attaccanti lucidi e difese solide come rocce, vigore e correttezza. Antonin Puc sembra afflitto dai crampi, ma è proprio lui sull’azione conseguente da un suo calcio d’angolo a marcare il goal del vantaggio boemo (71′). La reazione è vibrante, scomposta. Schiavio sembra accusare la fatica più degli altri, Vittorio Pozzo chiede a Guaita di occupare il centro dell’attacco. Svoboda centra il palo. È il punto di svolta, Ferrari e Guaita ribaltano il fronte, trovano lo scambio e poi il passaggio per Orsi che segna il punto del pareggio che porta ai prolungamenti. L’Italia pesca nuove energie dove non ci sono, Monti è una macchina sputa palloni, Meazza è malconcio, ma si giova della poca attenzione avversaria quando decide di spostarsi all’ala. È suo il centro perfetto per Guaita che piazza l’ultimo scatto, serve Schiavio esausto ed implacabile. Tiro bruciante, Planicka la sfiora, faccia interna del palo, rete.

 

Minuto 97

Ancora 23 minuti dove tutto può accadere, i boemi sono straordinari e ci ricordano di chi è la migliore tecnica, ma l’Italia di Pozzo, di Barassi e di altri 40 milioni di italiani non cede, anzi l’ultima prodezza è di Planicka su una conclusione a botta sicura ancora di Guaita.
Italia vs Cecoslovacchia 2-1. Il fermo immagine è il commissario tecnico sulle spalle dei ragazzi al centro del campo, Bertolini con la testa fasciata, il tricolore che sventola alto.
La Coppa Rimet è italiana. 

 

Roberto Amorosino romano di nascita, vive a Washington DC. Ha lavorato presso organismi internazionali nell'area risorse umane. Giornalista freelance, ha collaborato con Il Corriere dello Sport, varie federazioni sportive nazionali e pubblicazioni on line e non. Costantemente alla ricerca di storie di Italia ed italiani, soprattutto se conosciuti poco e male. "Venti di calcio" è la sua opera prima.

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