I fratelli Abbagnale, scugnizzi del remo

I fratelli Abbagnale, gli scugnizzi del remo che con Peppiniello Di Capua e Giuseppe La Mura, da Pompei sono entrati nel mito dello sport.
Fratelli Abbagnale Seoul 1988

Ci sono momenti nella storia che restano scolpiti nel tempo, plastici, iconici.
Tra questi c’è senz’altro il tripudio dei fratelli Abbagnale alle Olimpiadi di Seoul 1988. Solo a sentire quel cognome, nella mente si accende repentinamente una istantanea vivida, che ha il colore azzurro delle divise dei fratelloni Giuseppe e Carmine, e la colonna sonora delle urla orgasmiche e debordanti di “Bisteccone” Galeazzi, anch’egli ex canottiere.

Una storia di famiglia

La favola, anzi la leggenda della famiglia italiana più iridata della storia del canottaggio, ha origine nelle campagne di Pompei: Giuseppe, Carmine ed Agostino, infatti, sono tre dei sei figli di una coppia di contadini. È lo zio materno, Giuseppe La Mura, dirigente del circolo Canottieri Stabia, a convincere il più grande, Giuseppe (classe 1959), a provare quello sport minore per seguito, se paragonato agli sport di squadra e all’atletica leggera, ma completo, perché sviluppa l’intera massa muscolare dell’atleta, e sano, perché praticato all’aria aperta, sull’acqua di laghi e fiumi.
Confortati dai risultati del fratello maggiore, che fa incetta di titoli italiani juniores e seniores, presto anche Carmine (1962) ed Agostino (1966) si uniranno al circolo stabiese guidato dallo zio, vincendo tutto quello che c’era da vincere in ambito nazionale, mondiale ed olimpico.

Fratelli Abbagnale e Peppiniello Di CapuaIl due con nella storia

In particolare, il due con, l’armo rimasto più famoso nell’immaginario collettivo italico, con Giuseppe capovoga, Carmine prodiere e con timoniere Peppiniello Di Capua (1958), nato a Salerno ma stabiese di adozione, si aggiudicherà 7 ori, 2 argenti ed 1 bronzo ai mondiali; 2 ori ed un argento olimpici; e ben 28 titoli italiani assoluti. Numeri importanti, da far girare la testa, soprattutto se si considera che sono stati ottenuti in 13 stagioni soltanto, dal 1981 al 1993.

Il culto dell’allenamento

Giuseppe La Mura
(Giuseppe La Mura)

Alla base di queste straordinarie imprese, oltre a mezzi fisici notevoli, alla volontà incrollabile, ad una vita impeccabile da atleti ed una dieta sana, garantita anche dalla genuinità dei prodotti del proprio orto, c’erano senz’altro gli spossanti allenamenti imposti dallo zio Giuseppe, detto “il dottore”.

Si iniziava sin dalle prime luci dell’alba: sveglia alle cinque, dieci chilometri di corsa da Pompei fino a raggiungere il circolo a Castellammare di Stabia, e poi remare duro, per ore, nel mare placido del golfo stabiese, almeno fino all’ora di andare a scuola. Poi, nel pomeriggio, di nuovo in palestra. Un modello di lavoro scientifico, quello di Giuseppe La Mura, poi esportato e imitato in tutto il mondo. Ogni cosa era calcolata al centimetro e non si poteva sgarrare.

Il metodo La Mura

“A quei tempi, gli atleti dell’Est percorrevano 80 chilometri al giorno in barca”, raccontò La Mura a La Repubblica in un’intervista del 2011. “Era come fare l’operaio, quattro allenamenti di 20 km, otto ore in acqua. Noi eravamo fermi a 20, 25. Così appresi tecniche, metodi, conobbi l’importanza dell’energia e del dispendio di forze. I nostri allenamenti erano sempre più massacranti, ma finalmente stavamo spostando l’orizzonte della fatica seguendo un metodo scientifico e matematico. Chiamai docenti di matematica, esperti, amici, medici: con le vecchie calcolatrici facevamo conti infiniti per capire fin dove potevamo spingere ogni atleta, e i nostri conti si rivelarono presto infallibili. Cominciai a considerare il canottaggio non più come uno sport ciclico, ma a-ciclico e lavorammo sui pesi e sull’intensità. I nostri ragazzi sapevano andare al 95% per i 2000 metri di gara, gli altri erano abituati all’80% anche per 20 km: inutile”.

Un piano di allenamento ai limiti dell’umana sopportazione, che rese tuttavia i fratelli Abbagnale delle macchine per vincere, portandoli meritatamente sul tetto del mondo, e regalando all’Italia intera gioie indescrivibili, di nuovo protagonista in uno sport che giaceva languido da un lato da anni, con l’ultima medaglia internazionale azzurra conquistata solo nel 1968.

fratelli Abbagnale lanciano in acqua Peppiniello Di CapuaDa Monaco e Seoul: gli Abbagnale nella leggenda

Proprio lo scorso mese di settembre si sono festeggiati i quarant’anni dalla prima medaglia d’oro mondiale del due con, conquistata esattamente il 6 settembre 1981 nel bacino di Monaco di Baviera. Quel giorno ebbe inizio l’intramontabile epopea degli scugnizzi del canottaggio.

Ma, come si diceva all’inizio, e come confermato a più riprese anche da Giuseppe, oggi Presidente al terzo mandato della Federazione di Canottaggio, il momento clou per la famiglia Abbagnale fu proprio l’Olimpiade del 1988 a Seoul, quando il due con vinse l’oro sconfiggendo il temuto armo inglese (composto da Sir Stephen Redgrave, considerato il più forte canottiere della storia, ed Andy Holmes), finito addirittura in terza posizione, preceduti dall’equipaggio della Germania Est, e pochi minuti dopo Agostino arrivò primo con il 4 di coppia.
Fratelli Abbagnale e Peppiniello Di CapuaUn orgoglio infinito per Castellammare di Stabia e per la nazione intera. E mentre quelle immagini scorrono ancora fresche nella memoria, ci sembra di sentire ancora il vocione caro di Gian Piero Galeazzi che urla:

Giuseppe e Carmine… ultimi 250 metri li distaccano dalla gloria immensa di una vittoria olimpica!”

Davide Zingone Napoletano classe ‘73, vive a Roma dove dirige l’agenzia letteraria Babylon Café. Laureato con lode in Lingue e Letterature Straniere e in Scienze Turistiche, parla correntemente sei lingue. È autore della raccolta di racconti umoristici "Storie di ordinaria Kazzimma", Echos Edizioni, 2021; del saggio “Si ‘sta voce…”, Storie, curiosità e aneddoti sulle più famose canzoni classiche napoletane da Michelemmà a Malafemmena, Tabula Fati, 2022; e di “Tre saggi sull’Esperanto”, Echos Edizioni, 2022.

ARTICOLI CORRELATI

Attilio Fresia

Attilio Fresia. Oltre confine

Alla voce “pioniere” il dizionario di Oxford dice: “Scopritore o promotore di nuove possibilità di vita o di attività, collegate specialmente all’insediamento e allo sfruttamento relativo in terre sconosciute”. Spesso visionari, sempre coraggiosi. Attilio Fresia, forse né l’uno e né l’altro. È però il primo calciatore italiano all’estero. Non è poco. 

Leggi tutto »
Barazzutti e Connors

Corrado Barazzutti. Il furto di Forest Hills

1977. Us Open. Forest Hills, più che campi un tempio del tennis. Corrado Barazzutti arriva con la Davis cilena conquistata, è in forma e va avanti sino a dove nessun italiano era mai arrivato. La semifinale lo vede contro Jimmy Connors. Poteva finire in ogni modo, ma quello che fa Connors va oltre l’immaginazione e segna una delle più brutte pagine del tennis.

Leggi tutto »
San Siro

San Siro Rock Star. Dove suonano le leggende

Una lacrima,un ricordo, un emozione. La musica live è legata storicamente ai luoghi. L’attimo, un fermo immagine è impresso in un abbraccio, in una canzone, al compagno che avevi vicino. E quel tempio, San Siro ne ha regalati a milioni di fans. Oggi, parlare di demolizione è come abbattere un’idea, una storia, cancellare un luogo di culto. Da esso la parola cultura. Solo per ciò che ha rappresentato, ospitato e celebrato, bisognerebbe elevarlo a “monumento della musica nazionale”. San Siro, la Scala del rock, come lo definì Mick Jagger. Oltre 130 concerti, il meglio del rock mondiale ha calcato il suo terreno di gioco. Bowie, Vasco, Marley, Stones. Quarant’anni ed oltre a suon di musica e non sentirli. Finché ce ne hai stai lì, lì nel mezzo.

Leggi tutto »
GUERRA DEL FOOTBALL

La prima guerra del football

Terra, campo, pallone. Sembra un gioco, ma non sempre lo è. Non lo è stato nel 1969 quando El Salvador e Honduras si sono scontrati per la qualificazione a Mexico ’70. 100 ore di combattimenti e bombardamenti, 6.000 morti, 10.000 feriti non sono un gioco, sono la prima guerra del football.

Leggi tutto »
Armin Hary

Armin Hary. I 100 metri di Roma ’60

Armin Hary, forte di essere stato il primo a fissare il tempo sui 10 netti, arriva alle Olimpiadi di Roma da favorito. La gara regina dei Giochi Olimpici sarà serrata, ma Hary non deluderà le aspettative e sarà il più veloce. Veloce quanto la sua brevissima carriera.

Leggi tutto »
Alfred Wegener

Alfred Wegener. Il ghiaccio come destino

Una vita di studio e di avventura quella di Alfred Wegener. Scenziato ed esploratore, teorizza la Pangea e la deriva dei continenti, nel 1906 stabilsce il record di permanenza in volo su pallone aerostatico e per tre volte affronta il grande ghiaccio della Groenlandia. L’ultima spedizione nel 1930, poi anche il destino diventa ghiaccio

Leggi tutto »
Gigi Riva

Quando Gigi Riva tornerà…

9 aprile 1977. Gigi Riva lascia il calcio, quello giocato. Scarpini, maglietta, calzoncini, arbitri, fischietti e goal. Tanti goal. Sembra ieri. Era ieri. Il tempo, se sei Rombo di Tuono, è solo un opinione.

Leggi tutto »
Pink Floyd

Pink Floyd F.C. The dark side of soccer

Seconda metà anni ’60. Londra. L’altra Londra. Psichedelica, acida, onirica, visionaria oltre misura. I Pink Floyd si affacciano sulla scena per non uscirne più. Voce, chitarra, basso, batteria, tastiera: sembra una formazione classica, sarà una rivoluzione. E poi una passione inevitabile: il calcio.

Leggi tutto »



La nostra newsletter
Chiudi