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Félicien Vervaecke. Il Tour del ’38 come romanzo

Una famiglia di ciclisti i Vervaecke, figli di un Belgio che al ciclismo ha dato campioni infiniti. Félicien Vervaecke ha avuto qualcosa in più però; buon ciclista, ottimo scalatore , ma l'unico a diventare idolo ed esempio di un ragazzino nel bel romanzo di Hugo Claus "La sofferenza del Belgio"
Félicien Vervaecke

“Tenere duro. Come Félicien Vervaecke aveva tenuto duro sulle Alpi l’anno prima (Papà era accanto a me sul sofà, la radio gracchiava, e Papà aveva detto «Questo per le Fiandre è uno dei momenti più memorabili»). Félicien Vervaecke aveva due minuti e quarantacinque secondi di vantaggio su Bartali, il 23 luglio, tutte le fabbriche erano deserte, come gli uffici e le scuole e alla radio Bartali e lo scaltro Waedje Wisser erano in testa, e Bartali scattò, e Vervaecke fu costretto a mollare, ma aveva tenuto duro e così in ogni circostanza dovrei fare anch’io.”

Il Tour del ’38 in un romanzo di formazione

Quanto appena riportato dimostra che grande letteratura e grande sport, messi nelle mani giuste, si completano a meraviglia. Il brano è tratto da “La sofferenza del Belgio” dello scrittore belga Hugo Claus. Il romanzo di formazione di un ragazzino sballottato tra i grandi avvenimenti della Seconda guerra mondiale e le piccole vicende della gente comune della sua terra, le Fiandre. Un grande libro nel quale Hugo Claus parla dei tanti paesini grigi e slavati, abitati da gente grigia e slavata, nelle Fiandre grige e slavate e di tante altre cose. E poi, dal momento che il Belgio sta al ciclismo come il Brasile sta al calcio, qua e là cita Bartali, Vervaecke, il Tour de France, tutti argomenti che in quegli anni facevano parte dell’immaginario collettivo di tanta gente.
Per i ciclofili più appassionati, vale la pena precisare che il brano riportato si riferisce al Tour de France del 1938, vinto da Gino Bartali proprio davanti al belga Félicien Vervaecke, idolo del protagonista del romanzo, vincitore nell’edizione di quell’anno di ben quattro tappe e maglia gialla per otto giorni.

Félicien Vervaecke

Tutt’altro che uno sconosciuto questo Vervaecke

Classe 1907, era il più giovane, e il più famoso, di tre fratelli nati nelle Fiandre occidentali e pur avendo sette anni più di Bartali in quel Tour del ’38 gli dette parecchio filo da torcere. Negli anni trenta fu un ottimo corridore che eccelleva soprattutto in salita. Ha partecipato a sette edizioni della Grand Boucle, vincendo in tutto sei tappe e due volte la classifica come miglior scalatore. Nell’edizione del 1934 finì quarto nella classifica generale, ma fu il primo tra gli isolati, vale a dire i corridori che non avevano una squadra. Ha corso anche in Italia, disputando una Milano-Sanremo dove finì decimo e partecipando al Giro d’Italia del 1934, nel quale si classificò trentesimo in classifica generale e vinse una tappa, la Campobasso-Bari.

Félicien Vervaecke Eddy Merckx
(Félicien Vervaecke con il giovane Eddy Merckx)

A braccetto con il cannibale

Se non bastasse ancora, a dimostrazione che il buon Vervaecke era uno che il ciclismo l’aveva veramente nel sangue e, come si dice, doveva avere il naso fino è doveroso ricordare che fu lui a guidare il grandissimo Eddy Merckx all’inizio della carriera, come testimonia una fotografia del 1962 che lo vede ritratto al fianco di un giovanissimo “cannibale” che, quasi a proteggerlo, lui tiene sottobraccio.

 

 

Silvano Calzini è nato e vive a Milano dove lavora nel mondo editoriale. Ama la letteratura, quella vera, Londra e lo sport in generale. Ha il vezzo di definirsi un nostalgico sportivo.

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