Domenico De Lillo. Ciclista di curva

Una vita in pista quella di Domenico De Lillo, pistard mezzofondista. Una vita in bicicletta, dove ha imparato ad andare quasi prima di camminare. Un vita da ciclista di curva perché le curve, in pista o su strada, sono l'essenza del ciclismo.
Domenico De Lillo ciclista

Se vi dovesse sembrare un paradosso, siete in tempo per ricredervi.
Un ciclista di curva può esistere e io lo sono per almeno tre buoni motivi.

Un bambino in biciletta

Il primo riguarda la mia vita, quella in cui sono capitato e che sin dall’inizio poteva prendere una curva sbagliata che chissà dove mi avrebbe potuto portare.

Domenico De Lillo piccolo ciclista
(In bicicletta a 4 anni)

Io sono nato a Milano, nel 1937, quartiere Isola, al tempo non proprio un bel posto, ricco solo di un’umanità spesso marginale che vi albergava e che lo avrebbe reso noto come uno dei quartieri della mala milanese.
La mia famiglia viveva di lavoro, ma nel mezzo dei sacrifici che si facevano per andare avanti brillava la passione per il ciclismo di mio padre.
Una passione che non si poteva permettere di praticare, ma di cui era avido di emozioni.
Una passione contagiosa.

Il mio Vigorelli

Qui arriviamo al secondo motivo.
L’altra curva importante della ma vita l’ho incontrata che avevo veramente pochi anni.
Non una curva di vita o di strada, ma di pista.
Una curva di quello che per tutti noi è stato, e nella memoria continua a essere, il tempio del ciclismo: lo storico velodromo Vigorelli di Milano.
Solo evocarne il nome strappa il velo del tempo e mi fa rivedere ancora bambino stretto nella mano di mio padre che mi portava con lui a vedere le corse dei pistard, eroi curvi e stretti a un manubrio che sfidavano tempi, traiettorie ed equilibri precari in quell’altro mondo del ciclismo che è la pista.

(Le curve del Vigorelli)

Ebbene io al Vigorelli più crescevo e più mi stringevo alla balaustra della curva di arrivo mentre trepidavo per l’arrivo dei mezzofondisti.
La balaustra di una curva che mi avrebbe indirizzato verso la strada della mia vita; il ciclismo, ovviamente in pista.

La curva come metafora

E finalmente siamo al terzo motivo.
La curva definitiva, quella che ho percorso migliaia e migliaia di volte nella mia vita di ciclista mezzofondista dietro motori.
La curva delle piste dove correvo una specialità oggi appannata, uscita dal panorama olimpico, piste che sono state testimoni di sfide e gesti atletici straordinari.

De Lillo e Rancati
(Domemico De Lillo e Carlo Rancati)

Quella curva dove stare dietro ai motori non è poi così banale e scontato, ma gioco di tecnica e studiato equilibrio e solo qualche volta, se una discreta fortuna gioca dalla tua parte, anche improvvisato.

La curva, quindi, per me è metafora e destino, sfida e direzione obbligata, confidente a cui ho affidato sogni e ambizioni ricevendone una vita sportiva ricca di emozioni e di passione.
Una passione che veramente mi ha sempre accompagnato; quando la rincorrevo immaginandomi grande da bambino, quando la vivevo nei sogni toccati con mano da atleta, quando la rendevo contagiosa nei sogni condivisi da allenatore e direttore sportivo e anche adesso che mi rende vivo il ricordo.

La pista come passione

Una passione che mi ha fatto iniziare a correre da subito, per strada, da irregolare.
In pista, dietro ai motori, ci si poteva andare solo dopo i 18 anni, ma io mica avevo tutto quel tempo da perdere.
È così che ogni cosa che si muoveva in strada, a quattro o a due ruote, diventava il mio sparring partner del momento e mentre gli altri ragazzini dell’Isola si dedicavano a giochi, studio, primi amori e anche altre cose non sempre raccontabili, io correvo e inseguivo, inseguivo e correvo.
Finalmente i 18 anni arrivano e la pista inizia a scandire il mio tempo quotidiano, la mia vita da stayer.

Domenico De Lillo e Bruno Pellizzari
(Domenico De Lillo dietro Bruno Pellizzari)

Dal 1959 al 1961 sono campione italiano dilettanti nel mezzofondo, poi passo professionista e tra il 1965 e il 1973 conquisto otto titoli italiani, gli ultimi due indoor, prendo il bronzo ai Mondiali di Amsterdam del ’67, stabilisco il record mondiale sui 100 km e il record mondiale dell’ora.
Gli anni passano, il mondo cambia e cambiano anche le regole del mezzofondo e anche per me arriva il momento di passare la mano.
O meglio, di cambiare veste.

Cambio corsa

Lascio la corsa, ma poco dopo, nel 1976, inizio la mia second life, quella da allenatore che mi ha regalato emozioni ed incontri straordinari.
Correre può essere un talento o una vocazione, ma insegnare, veder crescere gli atleti e portarli al successo è una soddisfazione veramente unica.

De Lillo e Vicino
(1983. Campionati del Mondo. Domenico De Lillo davanti a Bruno Vicino)

E anche in questa veste le soddisfazioni non sono mancate, grazie anche a quello che avevo imparato dal mio allenatore storico, August Meuleman, con il quale ho avuto un’intesa molto più che sportiva.
Soddisfazioni che si chiamano, ad esempio, Pietro Algeri e Bruno Vicino: con loro ho condiviso tutto, sogni, emozioni, delusioni, risate e anche qualche lacrima.

Nel 1979 cambio ancora; da allenatore a direttore sportivo.
Sono gli anni di Moreno Argentin, che incontro quando correva da dilettante nella Baggio San Siro e che poi seguo da professionista nella Gewiss Bianchi, un team straordinario di cui all’epoca era amministratore delegato Felice Gimondi e che aveva in scuderia atleti come Paolo Rosola, Emanuele Bombini e Davide Cassani.
A Colorado Springs nel 1986 Moreno diventa campione del Mondo, l’anno seguente il nostro team vive una straordinaria stagione di successi nazionali e internazionali collezionando ben 27 vittorie.

Domenico De Lillo con padre
(1942 Domenico De Lillo. Sulla destra il padre)

Ciclista di curva

La ma vita da ciclista di curva, quindi, è stata ricca di emozioni indimenticabili e, tra queste, una grande soddisfazione è di aver non solo preso dalla vita, ma anche di aver restituito insegnando tutto quello che avevo imparato, pareggiando così il conto del dare-avere.

Nel 2015 la città di Milano mi ha voluto omaggiare con l’Ambrogino d’oro, riconoscimento riservato ai figli illustri di Milano.
Confesso di esserne stato particolarmente contento ed emozionato.
Per me, ragazzino dell’Isola che ha inseguito curve per non perdere di vista i suoi sogni, è stato un momento che non avrei mai immaginato di vivere.
Mi piace pensare però che, più che per la mia vita da ciclista, l’Ambrogino d’oro sia stato un tributo all’uomo che da bambino mi ha portato sulle spalle e per mano ad incontrare il mio destino al Vigorelli.
Mio padre.

 

Domenico De Lillo ciclista di curva, con tutte le curve che ho fatto nella mia carriera, probabilmente se le mettessi assieme potrei fare il giro del mondo, perché oltre al mezzofondo ho partecipato alle Sei Giorni di Milano, Zurigo, Montreal...ma fortunatamente dopo la curva c’era il rettilineo con il traguardo, sognato, sospirato e qualche volta vinto, allora mi riempiva di gioia e tutti i dolori muscolari sparivano.

ARTICOLI CORRELATI

Muhammad Ali vs Cleveland Williams

Muhammad Ali. La sera dell’Astrodome

14 novembre 1966, all’Astrodome di Houston Cleveland Williams sfida Muhammad Ali. 7 minuti e 8 secondi, tre riprese per quello che molti considerano il più bell’incontro di Ali. Un incontro che una fotografia di Neil Leifer fissa nel tempo con una forza espressiva immensa. Questa è la storia di una Farfalla, di un Grande Gatto, di una 357 magnum e di un grande fotografo.

Leggi tutto »
Cavalieri della Roma

Cavalieri della Roma. Nozze d’argento con i nominati del 2023

Parterre d’eccezione per le nomine dei Cavalieri della Roma in occasione del venticinquesimo anniversario dell’Associazione. La prestigiosa investitura va a Francesco De Gregori, Noemi, Zibì Boniek e ad altri dieci tra imprenditori, manager, magistrati e professionisti, tutti testimoni e protagonisti di assoluta fede giallorossa.

Leggi tutto »
Piotr Zieliński

Piotr Zieliński. Calcio e cuore

In una stagione segnata dall’irruzione sul mercato dei dollari arabi che attirano campioni in piena attività in un campionato meno che mediocre, Piotr Zieliński, in totale controtendenza, preferisce decurtarsi lo stipendio e rinnovare il contratto con il suo Napoli. Ma Piotr è prima di tutto un grande uomo, dai valori importanti, cristallini. Il suo impegno nel sociale, sebbene mai esibito, è encomiabile e ci fa capire perché in Patria, al di là delle sue indiscusse qualità tecniche, tutti lo amino.

Leggi tutto »
Angelo Jacopucci

Angelo Jacopucci. Una storia personale

È una storia veloce quella di Angelo Jacopucci. Una storia di 29 anni e 12 riprese. Una storia che si ferma sul ring di Bellaria e che si conclude all’ospedale di Bologna. Una storia di un pugile sfortunato che si intreccia con i miei ricordi di bambino e ragazzo. Una storia che non ho mai dimenticato.

Leggi tutto »
Rocky Joe

Rocky Joe. La boxe nei manga

Con la sua sapiente mistura di arte sportiva e violenza drammatica, la noble art si presta perfettamente al modo di raccontare tutto asiatico del manga. Con la narrazione delle avventure del pugile Rocky Joe, infatti, si chiude la straordinaria trilogia del grande maestro Ikki Kajiwara dedicata allo sport

Leggi tutto »
Roald Amundsen

Roald Amundsen. Avventura a Nord-Ovest

Custodito da un Mar Glaciale Artico implacabile, il passaggio a Nord-Ovest è stato a lungo il sogno da accarezzare, il mito da svelare. Tanti hanno provato, ma uno solo è riuscito a trovarlo e a segnarlo sulle carte: Roald Amundsen. Esploratore, avventuriero, uomo coraggioso che ha saputo sfidare e vincere i ghiacci del mondo fino a quando il Mar Glaciale Artico non lo ha voluto tutto per sé.

Leggi tutto »



La nostra newsletter
Chiudi