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Ottorino Mancioli. Lo sport come estetica

Friendless è un destino. Buster nel film, Ottorino quasi dimenticato in vita. Solo quasi, però, perché con Gianni solo Dio sa quanto sono stati amici. Ottorino Mancioli e Gianni Brera, da Tarquinia ’41 mai più persi. Ottorino e Gianni, matita e penna, arte e sport. Ottorino e Gianni due giganti.
Ottorino Mancioli

Friendless, senza amici, si chiama così Buster Keaton in Go West, il suo sesto film diretto ed interpretato. Sballottato da una vita senza lavoro, amici, futuro, solo paccottiglia ed un revolver “da donna” rimediato per caso. Si ritrova su un treno verso l’ovest perché l’America va da quella parte. Nella prateria il piccolo Buster sembra più piccolo, immensa la solitudine. Ma poi arriva lei, Occhi Marroni. Lui le toglie una pietra dallo zoccolo e lei lo protegge a modo suo dal mondo infame. Lui la libera, rischiando lavoro e linciaggio, riuscendo a riportarla nel recinto un attimo prima dell’arrivo dell’infuriato padrone del ranch. Lieto fine. L’omone cowboy si placa, crede che Friendless sia riuscito a recuperare tutto il bestiame – lui che lo aveva liberato – e lo implora pieno di gratitudine: “dimmi cosa vuoi, chiedimi tutto” e lui indica lei. Sua figlia che è lì davanti? No. Brown Eyes, occhi marroni, che stava lì buona buona dietro la staccionata. La mucca amica. Friendless, senza amici. Non è l’unico, non sarà l’unico. L’associazione d’idee è inaspettata, ma è Ottorino Mancioli che mi bussa alla memoria.

Gianni e Ottorino

Dalla montagna russa salta un topolino nelle mie notti senza sonno. È una bellissima storia di amicizia quella di due giovani allievi del corso paracadutisti “Folgore”, Tarquinia, 1941. Gianni ed Ottorino. Gioanbrerafucarlo, maestro di giornalismo. Ottorino Mancioli, maestro di disegno. Per tutti e due “e di tanto altro“. Immagino Brera a pigiar tasti dell’Olivetti lettera 62, una nuvola di fumo di pipa, rosso dell’Oltrepò, brasato pronto a minuti. Immagino Brera tutto preso a creare neologismi ispirato da Eupalla e che ci apostrofa, ciaparàtt ecc. ecc. Ottorino, invece, ha sempre una matita in mano. Disegna sulla tovaglia di carta, un fazzoletto, una cartolina, ovunque. Potenza, velocità, movimento nelle sue figure.

Due uomini di passioni

A Gianni non va giù, e non lo manda a dire, che Ottorino è nella lunga lista dei dimenticati, dei bollati. Dalla polvere della terra sento l’obbligo di raccattare il testimone dannato. Ottorino nasce a via Agostino de Petris, zona Viminale, un giorno d’Aprile dell’ottavo anno del secolo breve. Cresce magrolino, insicuro, tra racconti di guerra, inciampi di scuola e due rette parallele. Una tratteggiata, la medicina sportiva. L’altra continua, l’arte in tutte le sue espressioni. Spirito libero, non si allinea alle nuove correnti, ma studia ed assorbe. Art dèco, razionalismo, soprattutto futurismo. La conoscenza dell’anatomia esalta i suoi disegni: il corpo umano oltre la gravità verso una superiore armonia di forza, potenza e bellezza. Nessuno sa cogliere così il dinamismo dell’attimo.

Ottorino Mancioli

Ottorino si lancia

Volontario in Spagna con il Tercio Flechas Negras, battaglione autonomo. Al rientro sceglie la Marina, chissà perché, quando sa che vuole volare. Fa carte false per entrare in Aeronautica, riesce a prendere il brevetto para’ (con Gianni!). Gli toccano i giorni di El Alamein, le buche di sabbia, il bisturi più della Breda 37 e di carta e matita. Quaggiù il corpo umano non lo deve immaginare, tocca le ferite aperte, vede la sua provocata da una pallottola neozelandese che gli compromette il fondamentale braccio destro per tre anni.

Sport e matita

L’ufficiale medico torna con una medaglia d’argento, conta zero, e senza tanti fratelli, strazio senza rumore. É un gigante, ma non lo dice più nessuno. Allarga la sua pratica alla pittura ed alla scultura, centinaia di opere. Già dagli anni trenta ci aveva rappresentato nelle maggiori mostre nazionali ed internazionali, abbaglia Los Angeles, Berlino, esalta e si esalta nell’arte rivoluzionaria. Traguardi, asticelle, placcaggi, palloni rotondi ed ovali, il mito di Olimpia, non so chi altro abbia saputo incarnare meglio sport e vita con una semplice matita, ben appuntita. C’è l’atleta antico che allunga il testimone all’uomo nuovo. Lo afferra, lo stringe e via, al massimo della spinta, verso domani.

ottorino Mancioli

Non molla, tutt’altro, quando tutto si sbriciola

Si adegua, cambia lui tecnica e materiali. Gianni c’è e, senza clamore, aiuta Ottorino a far quadrare i conti tra una rimpatriata reducista e un altro giro di rosso. Continua a sfornare lavori e capolavori, ma non pensa più in grande, pensa solo ad andar su, a volare sul cielo di Roma e dove può con il suo piccolo aereo personale. Quasi ogni benedetto giorno Ottorino volteggia dove gli uomini diventano puntini, dove suo figlio è più vicino, dove la libertà non ha mutato sapore e dove oblio e vincitori sono argilla.

Oltre

Ha appena finito di completare un boxeur in cera rossa quando, nella sua casa di campagna, un malore lo riporta ad abbracciare il fratello Corrado e tutti i ragazzi della Folgore. Buono buono dietro la staccionata resta Gioan, due anni e sarà di nuovo bisboccia. Nulla dies sine linea. Nulla senza amicizia.

[Ottorino Mancioli, Roma 26.4.1908 – Jesi 21.3.1990]

 

Roberto Amorosino romano di nascita, vive a Washington DC. Ha lavorato presso organismi internazionali nell'area risorse umane. Giornalista freelance, ha collaborato con Il Corriere dello Sport, varie federazioni sportive nazionali e pubblicazioni on line e non. Costantemente alla ricerca di storie di Italia ed italiani, soprattutto se conosciuti poco e male. "Venti di calcio" è la sua opera prima.

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