Attilio Fresia. Oltre confine

Alla voce "pioniere" il dizionario di Oxford dice: "Scopritore o promotore di nuove possibilità di vita o di attività, collegate specialmente all'insediamento e allo sfruttamento relativo in terre sconosciute". Spesso visionari, sempre coraggiosi. Attilio Fresia, forse né l'uno e né l’altro. È però il primo calciatore italiano all'estero. Non è poco. 
Attilio Fresia

Sono un centinaio i calciatori professionisti italiani all’estero. Dei privilegiati sui generis, punta piccola di un iceberg – il fenomeno migratorio – che ha interessato, con ben altre motivazioni, la nostra popolazione dall’unificazione ad oggi. A Parigi ci sono Gigione Donnarumma e Verratti; c’è Jorginho che cambia sponda a Londra; c’è il Chiello con gli ultimi tackles a Los Angeles; ci sono due irregolari, il Berna e Lollo Insigne per la libidine della comunità di Toronto. Loro campioni d’Europa di una notte londinese, poi tanti altri per restare in alto o per provare a spiccare il volo. Un manipolo di connazionali di cui, se vogliamo, possiamo sapere tutto: prestazioni, numeri, umori. Il mondo è piccolo, collegato. La rete di Balotelli, tre mesi fa al Goztepe, ha 2 milioni e 300 mila visualizzazioni. Il primo goal di Gianluca Scamacca in EPL ai Wolves si è fermato a 717 mila, sempre una bella cifra per il tubo. 
Tutti eredi di un pioniere che ha scritto il suo nome sulla prima riga della prima pagina del primo libro che raccoglie i nomi dei calciatori italiani fuori dei confini nazionali. Si chiama Attilio Fresia, torinese classe 1891. Attilio va dov’è il football, va in Inghilterra. 

Ragazzi, ci si vede alle 9am a Charing Cross

Treno, traghetto e ancora treno. “A Parigi dobbiamo cambiare stazione, mangiamo qualcosa e poi treno notturno per Genova“. Partenza, venerdì 9 maggio 1913. Arrivo, sabato 10 ore 18.30. Quattordici giocatori e quattro tecnici del Reading FC raggiungono l’Italia per una serie di partite contro formazioni italiane. È la prima tournée di un vero club d’oltremanica, ottavo posto per loro nell’ultima stagione di Southern League, ma ambizioni più su, se è vero, come è vero, che da lì a qualche mese si prendono la soddisfazione di superare l’Aston Villa, freschi vincitori della FA Cup. 

Reading FC
(1913. Il Reading FC nella tournée italiana)

Mai vista una squadra così qui da noi” scrivono Corsera e La Stampa

Fino ad allora ci eravamo dovuti accontentare di vedere in azione formazioni più o meno rabberciate di marinai e commercianti, bravi per l’amor di Dio, ma non espressioni dei grandi club di cui si leggeva. Eccezione fatta per l’undici – com’è che si chiamava?… English Wanderers, qualcosa del genere – con quel center forward Vivian Woodward, una vera e propria forza della natura. 

Genoa Cricket and Athletic Club vs AC Reading

Il giorno dopo l’arrivo il Reading è in campo, avversario il Genoa Cricket and Athletic Club, atto di fondazione 7 settembre 1893. Se le radici sono rossoblù, tanti rami sono inglesi. L’allenatore è William Garbutt, in campo Hector Eastwood, John Grant e Percy Walsingham. Le cronache dicono di gran divertimento, fair play ed entrate al limite. L’arbitro se la sbriga benissimo, è lo stesso Garbutt per ricordarci di certi valori e di, sempre, contestualizzare.  Finisce 4-2 per gli ospiti, le due reti italiane portano la firma di Attilio Fresia, un po’ mediano, un po’ attaccante, in verità dappertutto.   

La tournée prosegue

Arriva il 5-0 al Milan all’Arena, l’inattesa sconfitta con il Casale per 2-1 (una storia a sé, tutta da raccontare) nella terza partita in quattro giorni ed il riscatto immediato con i campioni della Pro Vercelli, imbattuti da 18 mesi, con un secco 6-0. Ultimo atto la sfida, davanti a 15000 spettatori a Torino, con la nostra nazionale con ben otto vercellesi, ansiosi di rivincita. Due reti nel primo tempo per il Reading, poi più fatica del previsto ma risultato che non cambia.
Cinque partite, un solo giocatore sul taccuino.

Attilio Fresia in nazionale 1913
(1913. Attilio Fresia, il primo inginocchiato da sinistra, in campo per Italia-Belgio)

Expat!

Attilio Fresia, per quei due palloni alle spalle di Burnham e per una personalità da numero uno, ha impressionato i tecnici inglesi che lo avvicinano con l’aiuto di Garbutt, non solo nelle vesti di traduttore.
Le circostanze sono favorevoli.
Il recente passaggio di Fresia al Genoa è finito sotto il mirino federale, ossessionato dalla caccia al professionista. Il calcio è dilettante e tale sarà per sempre. 
Ballano 400 lire nella sua cessione dalla società Andrea Doria e la sua squalifica è cosa pressoché certa. L’accordo si trova in fretta, 17 sterline al grifone, il ventitreenne è un nuovo giocatore dei Royals.

Altri campi

Entusiasmo e curiosità lo precedono, ma la burocrazia rallenta l’esordio nel nuovo mondo che poi, per il football, è vecchio, è terra santa.
Passano mesi prima di vedere Attilio Fresia in campo contro la squadra riserve del Croydon Common. Con tutti gli occhi addosso, Fresia si batte con grande impegno e poco costrutto. Le uscite successive confermano la tendenza, l’inserimento è faticoso, a sorpresa più in campo che fuori. La lingua non è l’ostacolo, ma il sistema di gioco, l’intesa con il compagno d’attacco.  Arriva, annunciata, la bocciatura definitiva dal giornale locale che copre le partite dei Biscuitmen: “Non è adatto per i terreni duri, evidentemente è abituato a campo morbidi. Non serve al Reading un giocatore così‘”.

Si torna a casa

La benedizione non solo di Garbutt, ma soprattutto di Vittorio Pozzo, lo riportano in Italia dove trova che la squalifica promessa di due anni è ancora là ad impedirne il rientro in attività. Gioca a Modena per quattro anni, attraversa gli anni di guerra tra la divisa canarina e quella di artiglieria, passa a Livorno nel ’19 e poi di nuovo a Modena dove appende le scarpette al chiodo a soli 29 anni, incoraggiato dalla promessa di poter essere il nuovo allenatore della prima squadra.

Palestra Italia, São Paulo

Dietro la decisione di lasciare il calcio giocato non c’è l’ambizione, ma la salute. I bronchi stanno messi male e, per quanto fortissimo è il legame con Modena, Attilio Fresia accetta la proposta del club paulista che ci è più caro, Palestra Italia.
Il clima, e cure più mirate, dovrebbero essere d’aiuto.
Il club, fondato dai nostri emigrati (oggi Palmeiras, e sorvoliamo sul cambio di nome), ha sei anni ed è già al vertice. Fresia sbarca dalla nave in tempo utile per sedersi sulla panchina in occasione dello storico 1-0 al Paulistano di spaccareti Arthur Friedenreich che dovrà aspettare l’avvento di Pelé per versi soffiare il record di imperatore del goal.
Per la Palestra è il primo titolo paulista della storia ed Attilio ha portato bene. 

Attilio Fresia Livorno 1919
(1919. Atiilio Fresia, quarto da sinistra in piedi, nel Livorno)

La salute però non migliora

Il rientro a Modena è inevitabile. Nerina, la moglie, è peggio di quei difensori che ti stanno addosso dal primo all’ultimo minuto tanto è l’affetto e la cura che si prende per il suo bomber. Attilio non molla e non molla il campo.
Lui sul campo respira a pieni polmoni, per gli addetti ai lavori è predestinato ad una carriera di allenatore di primissima fascia. 
Ci sa fare con i giovani, vede il talento, ha viaggiato, sa ascoltare. Si prende delle belle soddisfazioni con il settore giovanile, fa salire un paio di ragazzi in prima squadra che, per lui, resta obiettivo e purtroppo miraggio.

Il fischio finale arriva quando non doveva

Non d’improvviso perché le ultime settimane sono uno strazio, ma sempre tanto male fa.
Attilio si ferma ad aprile a soli 32 anni. Tanto da dire, tanto ancora da dare ai suoi modenesi che lo abbracciano a migliaia all’ultimo saluto, che chiedono che lo stadio prenda il suo nome, che raccontano di quello che poteva essere e non è stato.
Una cosa però resta, è certa, e riempie di orgoglio: Attilio Fresia, il primo calciatore italiano all’estero.
Gli altri, campioni e non campioni, tutti arrivati dopo.  

 

 

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Venti di calcio

 

Roberto Amorosino romano di nascita, vive a Washington DC. Ha lavorato presso organismi internazionali nell'area risorse umane. Giornalista freelance, ha collaborato con Il Corriere dello Sport, varie federazioni sportive nazionali e pubblicazioni on line e non. Costantemente alla ricerca di storie di Italia ed italiani, soprattutto se conosciuti poco e male. "Venti di calcio" è la sua opera prima.

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