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Curva Sud. Quello sguardo in alto a destra

Curva Sud, viverla è emozione allo stato puro. Sono stato un ragazzo e anche un ex ragazzo di Curva. Impossibile dimenticare le emozioni, impossibile non riviverle ogni volta che ci torno. eppure ogni volta penso a loro, ai ragazzi che entrano in campo. La prima cosa che fanno, immancabilmente, è guardare a destra, verso la Sud che ogni volta spumeggia di anime giallorosse. E allora sì che ti si deve stringere il cuore.
Curva Sud

Per chi è destrorso, l’emisfero destro del cervello è quello che è definito non dominante, che permette l’elaborazione della fantasia, della creatività, dell’intuizione. La parte invece dominante è l’emisfero sinistro, interamente dedicato all’elaborazione, alla logica, alla razionalità. Cosa c’entra questo con il calcio, la tifoseria, la Curva Sud? Saranno sicuramente in tanti a porsi tale domanda, la risposta è semplice, poco complessa, ma molto emozionante.

Sguardo a destra

Il mio personale contributo nasce da quello sgradevole sentimento che corrisponde all’ invidia, la maggior parte delle volte imbarazzante per come si compone, che cresce in me ogni volta che vedo un calciatore della Roma salire le scale che lo portano a calpestare il rettangolo di gioco e, mentre si appresta a elevarsi sull’erba, ecco che il suo sguardo si rivolge in alto a destra. Verso la Curva Sud. Non c’è tempo per indugiare, bisogna proseguire il cammino dietro la terna arbitrale, tutto è terribilmente veloce, ma anche terribilmente accorato, da brivido. Impossibile rimanere indifferenti. Non esiste scena migliore per ognuno che ha indossato la maglia giallorossa se non quella di godersi, senza alcun fotomontaggio, quella grande onda anomala tutta colorata di rosso pompeiano e giallo ocra che anima e riveste la Curva Sud.

Un ragazzo di Curva

L’emozione sale, non c’è che dire, e non si può rimanere impassibili davanti uno straordinario spettacolo che è offerto dagli eterni ragazzi della Curva Sud.
Io sono stato uno di quelli per molti anni. Ho partecipato attivamente alla creazione di quadri d’autore, provocatore seriale di quelle strane sensazioni che ti portano ad avere la pelle d’oca. Giorni e giorni insieme ai ragazzi a cercare di dare quel tocco magico che solo una grande Curva riesce a dare. Quante pezze unite nel nome di Roma, quante parole d’amore nel nome di Roma, tutto e di più sempre e comunque nel nome di Roma.

Roma- Feyenord

Pochi giorni fa tutti hanno potuto godere di immagini forti, non adatte a cuori deboli, dello Stadio Olimpico vestito interamente a festa per la partita contro il nemico olandese del Feyenoord, praticamente una distesa di “Du colori!…I du colori de Roma nostra…oggi signora der futteball…”, non c’era uno spazio vuoto tra sciarpe, bandiere, magliette. Tutto recitava Roma, come copione.
Gli americani, e mi riferisco scherzosamente alla famiglia Friedkin, sono maestri di scenografia, ma in questo nostro particolare caso… semo stati li mejo!
Stavolta voglio fare i complimenti a tutto lo stadio, a tutti i presenti sugli spalti, dalle comode poltrone della tribuna d’onore fino all’ultimo seggiolino in basso a destra, tutti per una sera intonati nei colori e nei cori, degni curvaroli, grazie!

Ma come si vive in quell’angolo di paradiso calcistico?

Non è facile descrivere la gioia che si prova quando si è sotto il grande telo che tutti ammirano e applaudono al suo calare al centro del settore. Non si respira perché manca l’aria, ma va bene lo stesso. Gli artefici di cotanta bellezza lo hanno visto disegnato, preparato, ma non possono goderlo nel momento topico della sua calata sopra la testa dei tifosi.
La coreografia è la parte importante che ti aiuta a far partire un magico momento che rimarrà impresso nella storia di quella determinata partita; conta, è pur vero, il risultato, ma altrettanto importante è come si sia creata una certa atmosfera per essere il vero dodicesimo uomo in campo.

Curva Sud

A tutta voce

Una volta che la scena ha preso anima e corpo, tocca poi ai protagonisti di quel quadro, darsi da fare, farsi sentire, e così accade…Ecco che il coro parte, l’adrenalina si consuma, il sudore della fronte si scatena.
Tocca a noi! È il momento dell’inno!
Un carissimo amico diceva con la voce spezzata dall’emozione: “In alto i cuori e fuori la voce!”, è cosa buona e giusta. E non basta solo la voce, occorre avere tanta forza nelle braccia per quella bandiera che deve sventolare, sempre e comunque. Chi si trova nel bel mezzo della bolgia, sa bene che la partita non la vedrà, ma il vero romanista la partita non la vede, la sogna…
Stavolta siamo stati grandi tutti e sono sicuro che la prossima sarà ancora migliore. Si va allo stadio, ci si prepara per la squadra, ci si veste da stadio, sciarpa al collo, bandiera al vento, voce, anche se poco intonata, ma è solo uno stupido dettaglio, bella carica.

Un regalo a Roma

Avevo in mente ben altro argomento ma lo spettacolo del 20 aprile, non poteva essere tralasciato, il regalo di un’intera tifoseria alla sua amata città a poche ore dal suo 2776° compleanno.
Oggi non parlo di campioni, non celebro nessuna particolare giocata che ha un corpo immerso dentro una orgogliosa maglia giallorossa, oggi tutto è dedicato a chi era fuori campo ma al suo posto, ma anche chi era a casa a fare la stessa identica cosa, Tifare… Tifare… Tifare!!

Beato te!

Chiunque tu sia, Capitano, calciatore in campo e fuori che ti godi sto spettacolo guardando alla tua destra, una storia da raccontare ai figli e poi ai nipoti, una volta appese le scarpe al chiodo. E se per caso ti scende una lacrima, lasciala scorrere sul tuo viso, è l’A.S. Roma che te la supporta…

Stefano Trippetta 66 anni, romano. Scrittore non per vocazione ma solo per passione rivolta alla città che fortunatamente mi ha voluto, scelto e cresciuto. Attraverso il filtro di una buona memoria sono riuscito a dividere questa grande madre: da una parte la Roma del cuore, la Lupa, tatuata con orgoglio; dall'altra quella razionale legata a ogni tipo di cambiamento, atteggiamento, costume.

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