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Leo Messi. 800 milioni in lacrime.

Le cose devono essere chiamate con il loro nome perché solo in questo modo mantengono la loro dignità. È lecito che Leo Messi cambi squadra e che lo faccia da professionista nella prospettiva di un guadagno personale. Ma le lacrime che vogliono raccontare una storia diversa le rispediamo al mittente.
Leo Messi

Leo Messi è unico.

Un talento tra i più grandi nell’intera storia del calcio, un campione di cui è inutile contare e riepilogare i successi sia di Club che di nazionale ascritti alla sua vita sportiva.
È sufficiente dire che tutto quello che un calciatore può sognare di vincere, Leo Messi lo ha vinto.

Leo Messi e il Barcellona

Una storia altrettanto unica quella tra Leo Messi e il Barcellona, una simbiosi, un’appartenenza reciproca con il campione argentino che ha vestito la maglia blaugrana, nelle diverse categorie, per 20 anni.
In 20 anni Leo Messi del Barcellona è diventato leader, immagine, simbolo, archetipo. Tutto.

Eppure anche i migliori si lasciano e, come spesso accade in tutte le separazioni, capita che qualcosa o qualcuno ci metta una zampina e l’idillio, o quel che ne era rimasto dall’erosione della ritualità quotidiana, finisce per rompersi.

Nel caso in questione la zampina non è particolarmente poetica, non è proiezione di amorosi sensi, ma è solo fredda aritmetica evoluta; si chiama salary cap,  regola de LaLiga che definisce parametri economici e finanziari che i Club, nella logica del fair play finanziario, sono tenuti a rispettare.

Fair play finanziario che è vera spada di Damocle sui destini dei club europei, come il Milan sa bene mentre altri hanno fatto finta di non sapere e qualcun altro ha fatto finta di non vedere.

Ebbene, Leo Messi campione tra i più grandi di tutti, in questi 20 anni, al netto degli sponsor, pare abbia guadagnato da ingaggi e premi qualcosa che gira intorno agli 800 milioni di euro.

Leo Messi è nella famiglia blaugrana dall’età di 13 anni.
Non c’è dubbio
che si sia trovato bene e che, insieme alla soddisfazione milionaria, abbia sviluppato una qualche affettività nei confronti della squadra, della maglia e dei tifosi osannanti che dagli spalti del Camp Nou ne hanno fatto in qualche modo il padrone della città.

Caso vuole però che in 20 anni il mondo cambi e che anche il Barcellona debba far di conto con bilanci e salary cap.
Accade così che nel far di conto l’ingaggio di Leo Messi non ci stia e che la separazione diventi la strada maestra.
Non l’unica come si vuole far credere, ma questo lo vedremo a brev.

Il set

La scena madre, sulla quale la stampa non solo sportiva aveva già da tempo acceso i riflettori, si consuma all’Auditorio 1899 del Camp Nou.
I 35 trofei vinti dal campione, poi le telecamere, i giornalisti, il presidente Joan La Porta, i compagni di squadra, la moglie del nostro e, al di fuori qualche centinaio di tifosi in emotiva attesa e partecipazione.
Nulla è lasciato al caso, la
rappresentazione è perfetta.
Ma per cosa?
Per annunciare l’addio al Barcellona di Leo Messi o per costruire intorno all’addio una ben riuscita cortina emotiva?

Leo Messi piange

Il fatto è noto.
Leo Messi piange, ma nulla a che vedere con il pianto irrefrenabile, irrazionale, quello che sale alla gola, offusca pensieri e fa inciampare parole.

Leo Messi, educatamente, lucidamente e a favore di stampa, del suo pianto spiega i motivi.

Lui piange, ma dice che…ho fatto tutto ciò che potevo, mi sono ridotto lo stipendio del 50% per cento, non c’è altro da aggiungere.
E ancora…la gente del Barça mi conosce, sa che sono un vincente e voglio continuare a competere, a conquistare titoli… Devo trovare la mia strada per vincere ancora.
E poi…è tempo di ricominciare da zero. È un cambiamento difficile per la mia famiglia, perché so cosa provano a stare in questa città, ma so che ci adatteremo e staremo bene. Dobbiamo accettare, assimilarlo, ricominciare.

Sia ben chiaro: è tutto lecito.
È lecito che Leo Messi a 34 anni, dopo 35 trofei e 800 milioni di ingaggi, aspiri a vincere e guadagnare ancora come è stato abituato sino ad ora e se il Paris Saint-Germain gli dà questa possibilità buon per lui e, in fondo, anche per il calcio.

La dignità delle parole

Però la morale del pianto, no!
La morale del pianto e il conseguente allineamento mediatico che ne ha esteticamente voluto risaltare un ipotetico dramma umano, no!
La drammaturgia del dover ricominciare da zero, ma ce la faremo, no!
Le cose devono essere chiamate con il loro nome perché solo in questo modo mantengono la loro dignità.
È lecito che Leo Messi cambi squadra e che lo faccia da professionista nella prospettiva di un guadagno personale.
Però nessuno racconti una storia diversa.

Un campione senza coraggio

Se Leo Messi avesse voluto continuare a giocare con il Barca, come le sue lacrime hanno voluto lasciar intendere, e se il problema era l’ingaggio, la soluzione però era a portata di mano.

Sarebbe bastato solo un po’ di coraggio.
Invece di ridursi del 50% lo stipendio, Leo Messi avrebbe potuto parametrarselo a quello di un calciatore della giovanile e trasferire la monetizzazione del suo talento agli ingaggi pubblicitari.

Dopo 800 milioni di ingaggi in 20 anni, chi se non Leo Messi si sarebbe potuto permettere un passo del genere?
Chi se non Leo Messi avrebbe potuto dare esempio più grande di amore per la maglia, quella che vesti al di là del tornaconto?

In un calcio sempre più dopato di finanza, una tale affermazione di coraggio sarebbe stata rivoluzionaria.

Le lacrime al mittente

Leo Messi non lo ha fatto e rimane un campione.
Le sue lacrime , però, sono da rispedire al mittente, così come è da rispedire al mittente il circo mediatico che vi è stato costruito sopra.

Rimane il dubbio se sia stato Leo Messi oppure il sistema calcio a non potersi permettere il coraggio di un gesto del genere.  

Può darsi che sia solo nostalgia fuori tempo di un calcio romantico, ma senza coraggio l’unico trofeo che gli mancava Leo Messi l’ha perso per sempre.

Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)

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