La storia è nota e ha già fatto il giro della stampa e della rete.
Ora possiamo parlarne anche noi che non battiamo notizie.
La storia è nota, dicevo.
Una storia che parla di una maglia, ma che per noi parla di una carezza; la carezza di Leonardo Bonucci a Giuseppe Furino.
100 anni di proprietà Agnelli della Juventus, una storia calcistica e sportiva che non ha eguali. Preziosa al di là del tifo che può unire o separare persone e città. Preziosa come patrimonio e storia comune di cui Villar Perosa più che un luogo è un tempio.
Villar Perosa dove nasce il capostipite della più nota famiglia industriale italiana, quella che ha legato il suo nome all’Italia che si mise in movimento, l’Italia che può anche rallentare, ma che continuerà comunque ad andare.
Il 4 agosto
Dopo i forzati anni pandemici, il 4 agosto a Villar Perosa si è rinnovato il rito del precampionato iniziato per volontà dell’Avvocato nel 1959; una partita, una partitella nel valore affettuoso del termine, dove cuori e persone si ritrovano nella passione comune e celebrano gli auspici per l’inizio del prossimo campionato.
Il 4 agosto scorso, prima squadra e under 23 hanno scalciato sull’erba del Gaetano Scirea – un luogo simbolo non poteva che essere dedicato a un uomo simbolo – davanti a poco meno di 3.000 tifosi che al rito, nonostante il caldo estivo e a volte anche la distanza, non hanno voluto rinunciare.
Partitella durata poco, 49 minuti, prima che i tifosi si unissero ai giocatori in campo per fare festa comune.
Questo lo scenario dove, però, accade qualcosa in più.
A bordo campo c’è un mito: si chiama Giuseppe Furino.
Uomo di campo e di centrocampo, 18 anni nella Juventus di cui 7 da capitano. Coppe, scudetti e anche due finali di coppa non vinte. Giuseppe Furino c’era sempre, palla al piede, palla avanti, uomo contro uomo, testa e movimento, volontà che è un macigno da smuovere e fiato di riserva per non mollare mai.
Per questo Giuseppe Furino non molla neanche adesso che è chiamato a marcare a uomo la malattia che lo costringe a rinunciare a una parte di sé, ma non alla voglia di esserlo fino in fondo, pronto a sfidare l’altra signora, quella che di colore ne ha uno solo e non è il bianco.
Pronto a sfidarla fino ai tempi supplementari e magari vincere anche ai rigori.
Leonardo Bonucci
Poi c’è Leonardo Bonucci, difensore che non solo non fa passare palla e uomini, ma la palla è capace anche di spingerla in rete. Bonucci che con la Juventus ha vinto 8 scudetti, capitano anche lui di quelli capaci di prendere in mano uomini e squadra.
Ebbene Leonardo Bonucci, fisico da difensore e viso da ragazzo perbene, a Villar Perosa ha smarcato il tempo e ha consegnato la sua maglia da capitano all’altro capitano, a Giuseppe Furino, unendo idealmente una vita con l’altra, una fascia con l’altra. E sia chiaro, non all’insegna del passato, ma del futuro.
Tifosi, giocatori e fotografi sono lì, guardano, sorridono al tempo che è stato anche loro e a qualcuno, sono sicuro, il nodo sarà salito in gola.
La consegna della maglia è solo cronaca, però
È qui che accade quel qualcosa in più che ci piace sottolineare.
La foto è bella e dice tutto.
Dice soprattutto della carezza che Leonardo Bonucci fa a Giuseppe Furino.
La carezza è un codice disperso, un gesto dimenticato nella prassi dell’usa e getta di amori e persone.
La carezza è affetto allo stato puro, tenerezza d’animo che diventa movimento, commozione che si fa gesto, reminiscenza di di luci che si spengono e genitori che danno la buonanotte.
La carezza è quello che ricorderemo delle persone che ci hanno amato e che la vita a un certo punto si riprende.
Per questo, guardando la foto, fermatevi sulla carezza.
C’è un mondo in quella carezza, anche il vostro.
Di qualunque squadra possiate essere.