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Il sogno di Luka Modric

Dal villaggio di pietre al pallone d'oro. Dai calcioni in Bosnia ad una finale mondiale. Da Basic ad Ancelotti. Luka Modric, giocatore con gli occhi dietro ed il sogno fisso davanti. Questa è la sua storia
Luka Modric


Il Mak P 100 per Luka Modric scocca il primo giorno del mese di marzo di un anno non bisestile, il 2006. Fuochi d’artificio al St. Jakob Park di Basilea. 13,138 testimoni intirizziti per una partita amichevole, Argentina-Croazia, a cento giorni precisi da un’altra partita, molto più attesa, quella inaugurale del mondiale di Germania. 
Campionati fermi, si gioca un po’ ovunque. A Firenze ci sono gli azzurri di mister Lippi. Spazzoliamo i tedeschi con quattro pere – Gila, Toni, De Rossi, chiude Del Piero – che fanno autostima. Tornerà utile, l’autostima, nella bolgia di Dortmund, ma nessuno lo può ancora lontanamente immaginare. 

Basilea

A Basilea il freddo becco dura sei minuti. Tre reti nei primi sei giri di lancette svizzere, franchi ben spesi.
Pasticcio difensivo albiceleste alla prima palla che vaga in mezzo all’area, Abbondanzieri e Demichelis si ostacolano, Klasnic deposita in rete (3′). Reazione che più immediata non si può (4′), il diciannove argentino parte a mille sull’out, imprendibile per Dario Simic e per tutti, ingresso in area e servizio al bacio per Carlitos Tevez. L’Apache deve solo mettere il piattone sottomisura. Il 19, maglia blu e sottomaglia a collo alto, capelli lunghi anni settanta a coprire le orecchie, è l’astro nascente del calcio mondiale, ha tutti gli occhi addosso ma non lo prendi, è Leo Messi alla sua sesta presenza con la nazionale maggiore.
Ancora due minuti e la pulce ruba palla, salta i birilli e chiude con un sinistro a giro, micidiale marchio di fabbrica, che accarezza il palo opposto, ma dalla parte giusta. Giusta per lui. È il suo primo centro, lo abbraccia capitan Crespo, lui cerca Riquelme. In campo e fuori la consapevolezza che è solo l’inizio di qualcosa di infinito.
La partita finirà con la gioia/riscatto di Simic – nove anni di onesta militanza milanese – ed il suo goal vittoria al minuto 92, nonostante una forte emicrania provocata da finte e controfinte. Un colpo di testa, o di spalla forse, su un pallone dalla bandierina nell’ultimo assalto per la festa croata, maggioranza sugli spalti. 

Luka, Leo e le coincidenze

È la prima rete di Leo Messi nel giorno della prima presenza di Luka Modric, altri capelli lunghi altre orecchie coperte, stessi piedi fatati e fisico, direbbe la generazione zelig, da lanciatore di coriandoli. Luka ha due anni di più, è la luce della Dinamo Zagabria, la prima squadra della sua nazione, gioca 84′ di sostanza e qualità, quello il suo compito, ma senza guizzi risolutivi. È il primo incontro fra i due, due dei numeri dieci più forti di sempre, uno con il 19, l’altro con il 14, perché storia e gerarchie tengono botta. Nico Kovac è il 10 croato, mentre El Diez argentino pesa ancora troppo per tutti. 

Luka Modric

13 dicembre 2022

Da Basilea, la macchina del tempo ci porta al minuto 81 di un’altra Argentina-Croazia, 13 dicembre 2022. Marty McFly potrebbe arrivare a spiegare la partita sul neutro della neutrale svizzera, ma convincere i posteri che un mondiale si giocò d’inverno e in Qatar, no, nemmeno l’immaginazione del buon Doc.
Tutti in piedi, anche noi davanti alla tv, ad applaudire Luka Modric.
Lascia la fascia, lascia il campo, occhi persi e bagnati: 88.966 spettatori sulle tribune dell’iconico Lusail Stadium lo omaggiano con una ovazione da brividi. La partita che porta alla finale mondiale passa, per un minuto lungo una carriera, in secondo piano. La partita d’altronde è sotto ghiaccio, Argentina padrone, Messi incontrastabile leader: “Muchachos, ahora nos volvimos a ilusionar” è il canto da qui all’angolo più desolato della Pampa. 
Per la Croazia la semifinale resta un grandissimo risultato, la conferma dopo la finale di quattro anni prima, l’orgoglio si taglia a fette, ma l’ultimo sogno del ragazzo di Modrici resta tale: la chimera di vincere e di vincere il 18 dicembre, lui sa perché e ci sta male. (*vai in fondo per capire subito perché o continua a leggere). 

Flashback

C’è un video di 39″, ovviamente bianco e nero, con un bambino di cinque anni che segue il gregge che pascola sulle petraie del monte Velebit, la costa dalmata ad una manciata di chilometri. Biondino, allampanato, un giaccone scuro di due misure più grandi, un bastoncino tra le mani perché lui fa il pastore, non gioca mica.
Modrici è terra arida, ostica, disegnata dalle rughe della sua poca, riservata gente. Alberi pochi e spogli, non è l’inverno rigido, è che non ne ha proprio voglia nessuno di crescere da queste parti. Case poche, una sola guarda giù verso il laghetto. Se aguzzi la vista, vicino al capannone, c’è un cartello scritto da una mano stanca: “Fermi! Ci potrebbero essere mine inesplose“. E poi una bandierina, disegnata a mano, quadrati bianchi e rossi.
Inospitale villaggio Modrici, gira una battuta che rimbalza fino a valle: “Qui possono sopravvivere solo i Modric ed il luppolo“. 
Domenica 9 settembre 1990 Luka torna dal pascolo, giorno di festa giro più lungo, e trova una torta della mamma per il suo quinto compleanno. Sono mesi pieni di tensione, sui monti arrivano sfumate le chiacchiere, ma arrivano. A marzo ’91 il referendum per la secessione della Croazia. A giugno la dichiarazione di indipendenza. Azioni e reazioni vanno fuori controllo, è guerra nella Jugoslavia che corre verso la dissoluzione. 

Modric

Verso Zara

Arriva, inevitabile, per papà Stipe, mamma Jasminska, Luka Jr. e le due sorelle il giorno di prendere le proprie cose e cercare rifugio altrove. Zara, roccaforte indipendentista, è il luogo più sicuro. L’Hotel Kolovare, dopo qualche notte d’ostello, accoglie decine di profughi della zona. Un casermone grigio, ma pulito e, per la gioia del piccolo Luka, con un parcheggio che non finisce mai. Il papà lo sprona: “Vai fuori a giocare, ma torna quando mamma chiama. Devi mangiare, devi fare i compiti“.
Luka è bravo, il muro che ritorna la palla è il suo migliore amico, meno buono il rapporto con le maestranze che non sanno come proteggere i vetri delle finestre, perché la tecnica c’è ma il tiro va ancora calibrato. 
Luka si diverte anche con la palla a spicchi e con quella più piccola di pallamano, sport popolarissimo tra i suoi compagni di scuola che invece non si divertono quando lui gioca a calcio, troppo forte, “o vai in porta o non giochiamo con te“.

La scuola calcio

Nel 1992 il parcheggio non basta più, Stipe trova i soldi, che non ha, per iscriverlo alla scuola calcio che, quanto meno, è sulla strada per l’officina dove ricomincia la sua nuova vita da meccanico. Luka si arrangia con dei parastinchi di legno fatti in casa ed è bravissimo a distrarre il mister per indossarli senza esser visto.
Luka si fa valere, arriva alle giovanili della squadra di casa, l’NK Zadar, sotto l’ala di Tomislav Basic, il tecnico che combatte contro pregiudizi e mulini a vento per dimostrare che il talento conta più del fisico, che Luka è di quel pianeta di pochi eletti dove tecnica, cambio di passo, conoscenza dei tempi di gioco sono sul passaporto “e vada a quel paese chi chiede, per prima cosa, quanto è alto il ragazzo“.

La prima tournée

Nel 1997 l’NK Zadar viene invitato ad un torneo internazionale in quel di Alzano Lombardo, teatro l’oratorio dell’Immacolata, da cento e passa anni riferimento sportivo e non della comunità lombarda.
È il primo viaggio per Luka, emozionato e sconosciuto.
Si gioca una partita dietro l’altra, venti minuti a partita, Luka non si risparmia e porta i suoi compagni di squadra a giocarsi la finale, appuntamento domenica mattina. Non dice nulla, ma restare con la maglia addosso sudata fra una partita e l’altra, e lui suda come pochi, non è una bella cosa. Sente la febbre salire, non dice nulla, chiede solo di andare a dormire presto “perché domani dobbiamo vincere“. Crolla, infila dieci ore di sonno, si sveglia zuppo ma sfebbrato.
L’NK gioca, vince e lui ci mette la firma con una rete di testa, di certo non la specialità della casa.
Per una volta ringrazia il compagno per la palla ben dosata e mister Basic, complice e bravo a far credere di non aver capito del febbrone. 

Luka cresce

Chioccia Basic asseconda il desiderio di Luka, provare con la squadra del cuore, l’Hajduk Spalato.
Non va, bocciato, sono proprio le riserve sulla tenuta fisica a decidere. Una brutta botta, senza il suo punto di riferimento dentro e fuori dal campo sarebbe forse finita lì ma per il coach è solo l’ennesima sfida. Bussa alla porta dei rivali, Dinamo Zagabria. La società ha una dirigenza discutibile, ma gli affari sono affari ed al quindicenne Luka viene offerto un discreto ingaggio, girato integralmente a casa, ed un appartamentino. “Presto per la prima squadra, ma ci crediamo, dovrà farsi le ossa altrove, ma non lo perdiamo di vista“.

Basic fa buon viso ed accetta la soluzione prestito a squadre di categoria inferiore.
Con lo Zrinjski Mostar, in terra bosniaca, Luka Modric fa il salto: “Dura giocare in Erzegovina, spesso erano insulti e sputi. Il mio modo di giocare sembrava una provocazione, prendevo tanti calci. E quando mi lamentavo con l’arbitro, mi sentivo rispondere cose tipo “Taci, feccia di un croato“. Mi è servito molto“. 

Un gigante

Il rientro in Croazia con l’Inter Zapresic porta il primo riconoscimento di prestigio: miglior giovane 2004.
Cambia tutto, la Dinamo non solo lo riporta a casa madre, ma gli presenta un decennale. Luka vede la cifra sul contratto e pensa solo ad una nuova, più bella e più grande, casa per i suoi. Firma il contratto, compra la casa. Da qui, come da Modrici verso il lago, è tutta una discesa con il freno vicino, perché oramai riconosce anche le insidie del successo. Campione nazionale, fascia da capitano, qualificazione UEFA, quattro stagioni con 29 assist, e fin qui ci sta, e 31 reti che sono tante per uno che se vede il compagno meglio piazzato, la passa. Luka gioca a ridosso delle punte, Marione “bello di casa” Mandzukic, primo beneficiario della sua illuminata generosità.
Non è più il piccolo, è un gigante di 1.72cm. 

Luka Modric

In Premier

La conseguenza, estate 2008, dopo l’ennesimo successo in campionato – ventotto punti sulla seconda -, il passaggio ad una big straniera. Si accende la bagarre nella Premier, con 16 milioni di sterline, la spuntano gli Spurs, reduci da una stagione “horror”, undicesimo posto, qualcosa come 41 punti dai campioni del ManU. Juande Ramos è molto prudente, Modric parte spesso dalla panchina, un infortunio non aiuta e riparte la diffidenza sulla tenuta atletica, pregiudizio moltiplicato dai luoghi comuni che vogliono i campi inglesi proibiti ai pesi piuma. “Solita storia, le critiche mi fanno bene. Quando sento lo scetticismo attorno, divento più forte mentalmente e vado oltre, dove non sapevo di poter arrivare“.
Di vero c’è che il ritmo della EPL è forsennato e non sempre il trequartista ha lo spazio/tempo per la giocata. Il 25 ottobre salta Ramos, subentra Harry Redknapp, che sa di calcio e lo sa raccontare (Da tirare l’alba a sentir le sue storie degli anni con Paolino Di Canio. Chiusa parentesi).
Luka finisce sull’out, ma solo per capire definitivamente che la soluzione è un’altra, era lì per tutti di vedere.
Arretra, centrale o mezzo sinistro, mediano pensante, la qualità si esalta, distribuisce e recupera palloni a dosi industriali.

Il giocatore dei sogni

Luka è finalmente il giocatore che ogni allenatore sogna, non solo di allenare, ma di veder fare tutto quello che fa. Lavora come un demonio, non conosce fatica né lamento, quell’espressione di fatica sul viso sono i segni della petraia, lui può andare avanti ancora mezz’ora, ancora un’ora, tutta la notte. Lavora con e senza palla, il suo passaggio a giri contati aiuta il compagno meno tecnico e fa volare quello veloce, si diverte a dribblare, ma se l’opzione passaggio è più utile, lui la passa. La sua visione periferica non s’è mai vista prima. 
Dopo 4 anni il Chelsea prova con 22, poi con 27 milioni di sterline, ma la nuova sfida è la Liga alla ricerca della consacrazione definitiva. 30 milioni e cinque anni di contratto, il Real. Qui la vittoria è di casa, e di nuovo Luka Modric sa che dovrà farsi spazio tra dubbi e concorrenza – Ozil, Khedira, Xavi Alonso – tutti fortissimi e ben inseriti nella meringata macchina da guerra. Con Mou è tutto tranne rose e fiori, cambia tutto con Don Carlo. Chiude la stagione con 90% di passaggi riusciti e numero record di palloni recuperati, oramai è titolare insostituibile. Da qui fino ad oggi una collana di successi con il club, la nazionale, di squadra, individuali.

Il Palmares

Solo il palmares può provare a rendere l’idea di questi dieci anni: 5 Champions, 4 FIFA Club, 4 UEFA Supercup, 3 Liga, 1 Copa del Rey, 4 Supercopa de Espana, dieci volte consecutive (2013-2022) giocatore croato dell’anno, pallone d’oro e world soccer player 2018 – interrompendo il dominio CR7 e LM10 – e sul podio con la sua nazionale negli ultimi due mondiali. Non da meno, per i più giovani, i numeri di FIFA 23: passing 97, dribbling 97, creator 98. 
Reale o virtuale, questa la sintesi, con Luka Modric siamo nell’Olimpo con Paul Scholes, Andrea Pirlo, Xavi, Andrés Iniesta. Gente che non (la) perde mai.  

 * Ecco l’asterisco di cui sopra.

Il 18 dicembre 1991 Luka Modric è con le sue pecore e le sue capre lungo la vecchia strada. Da un’autovettura arrivano canti a squarciagola ed urla incomprensibili. In un attimo, quattro persone sbucano fuori: “Che fai qui, vecchio. Non è la tua terra questa. Non è della tua gentaglia. Vai via, muoviti“.
Luka china la testa, si volta provando, per quel che può, ad allungare il passo. Un colpo di pistola lo abbatte. Luka Modric è il nonno di Luka Jr.
Tutta la Croazia il 18 dicembre 2022 voleva sfidare la Francia per la rivincita mondiale di quattro anni prima.
Il suo trentasettenne capitano è Luka Modric Jr e ci tiene più di tutti.

Lui – dentro – aveva una rivincita più grande da prendersi.
Con la guerra. 

 

…………..

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Venti di calcio

Roberto Amorosino romano di nascita, vive a Washington DC. Ha lavorato presso organismi internazionali nell'area risorse umane. Giornalista freelance, ha collaborato con Il Corriere dello Sport, varie federazioni sportive nazionali e pubblicazioni on line e non. Costantemente alla ricerca di storie di Italia ed italiani, soprattutto se conosciuti poco e male. "Venti di calcio" è la sua opera prima.

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