Quando lo sport è nel DNA tutto parla di amore allo stato puro per un settore formativo, salvavita e curasogni. In un modus vivendi ripiegato su sé stesso, a volte spietato e troppo freneticamente perfezionista, ecco che i circoli sportivi possono assumere le connotazioni più vicine a un’oasi. Questo accade perché la visione manageriale odierna salpa dal puro business per approdare al concetto di contributo. Lo testimonia Emanuele Tornaboni, ex nuotatore e co-fondatore, insieme al fratello Pietro, del villaggio sportivo capitolino Due Ponti Sporting Club. “Quando ero piccolo – dichiara – si giocava per strada o nelle parrocchie. Oggi gli educatori sociali sono i circoli sportivi: luoghi dove riportare quei valori bruciati dalla società di massa e dei consumi. I circoli sportivi sono contenitori sociali salvavita. E questo vale tanto per i giovani quanto per gli adulti. Gli ingredienti sono due: attività sportiva e aggregazione sana”.
Questione di DNA
Emanuele e Pietro sono cresciuti in vasca: “I nostri genitori hanno fatto molti sacrifici per permettere a me e a mio fratello di fare sport. Mio padre si alzava tutte le mattine alle 5 per portarci agli allenamenti e poi a scuola. Usciti da scuola, nostra madre ci accompagnava nuovamente in piscina e poi, tutti a casa a studiare. Questo è il nostro DNA perfettamente ereditato da mio nipote Leonardo, nel nuoto prima e nella gestione del Due Ponti poi”.
Nuoto…e oltre
A puntare il dito sull’aggregazione è, paradossalmente, un ex nuotatore. Un uomo che ha scelto di praticare uno sport tra i più esilianti. “In effetti, fino agli anni ’80 – testimonia Emanuele – lo schedule di allenamento non prevedeva una preparazione fisica collettiva, quindi si può dire che, ai miei tempi, il nuoto era uno sport alienante. Sintetizzando: ti allenavi da solo. Detto questo, io la socialità l’ho sempre creata e ho molti bei ricordi di trasferte e competizioni particolarmente divertenti. C’ero sempre io dietro a qualunque occasione aggregativa tanto da guadagnarmi il nick di “Falchetto” sulla rivista Radio Serva a cura di Faber Cucchetti”.
Tra i ricordi più vivi della vita in vasca, Tornaboni cita “la staffetta 1.000 x 50 al Foro Italico. Tra i mille – sottolinea – cito nomi come Sergio De Gregorio e Bud Spencer. Una sfida estrema, condivisa ovviamente con mio fratello, che si concluse con il record del mondo made in Italy”. Altrettanto degna di nota, la Maratona di New York nel ’96: esperienza condivisa con il fratello Pietro e il gruppo corsa del Due Ponti Sporting Club. “Io e mio fratello abbiamo affrontato tutto insieme, nello sport e nella vita con la consapevolezza fiduciosa che dove non arriva uno arriva l’altro rimanendo una cosa sola”, dichiara Emanuele.
Una vita nello sport tra cambiamento e conservazione
“Sono cambiate le metodologie di allenamento e di prevenzione, così come le tecniche, i materiali, i mezzi e le figure professionali coinvolte (vedi il mental coach). L’identità dello sport, invece – ribadisce Tornaboni – è rimasta immutata: porterà sempre con sé equità e rispetto contro ogni genere di emarginazione. Lo sport ha cambiato pelle? Forse sì, ma non il cuore. Quello che chiede la Carta Olimpica è destinato ad essere eterno, così come quello che da in cambio: individui migliori e capaci di fare gruppo. In famiglia e fuori dalla porta di casa”.
Due Ponti Sporting Club e i mostri sacri del tennis
Da due piccole palestre, nate sulla scia del boom del culturismo degli anni ’80, a un villaggio sportivo che oggi compie 30 anni. Il circolo sportivo capitolino, fondato e diretto dai fratelli Emanuele e Pietro Tornaboni, ospita eventi sportivi con uno sguardo fisso sul mondo esterno, dove lanciare grandi campioni targati “Due Ponti Sporting Club”. A dire il vero, di campioni ne hanno già avuti sui loro campi. Solo pensando al tennis: Agassi, Sampras, Sharapova, le sorelle Williams. Immagini che, negli anni senza social, hanno invaso l’Italia e attraversato l’Oceano fino alla Grande Mela. Evento che gratificò non due semplici spettatori ma due fratelli che, prima ancora di essere manager sportivi, lo sport lo avevano fatto da nuotatori della Nazionale anni ‘70 / ’80. Ecco perché Emanuele Tornaboni non si sofferma su propagandistici numeri e percentuali dell’attività del Due Ponti. Ne descrive l’anima.
Senso di appartenenza e spirito di gruppo: carota e frusta
“Lo sport – sottolinea Emanuele Tornaboni – è formativo quando lo spirito sportivo è condiviso dal gruppo. È un percorso comune che richiede mentalità aperta, dinamismo e pieno rispetto dei valori sociali e sportivi dell’educazione fisica. Il senso di appartenenza e lo spirito di condivisione qui sono un must”. Una policy che il Due Ponti Sporting Club mette in pratica con la consapevolezza che il team non si improvvisa ma si basa saldamente sulla costruzione.
“È importante far sentire le persone all’interno di un progetto, ascoltando le loro idee e fissando l’obiettivo comune. Tradotto nella pratica – spiega Emanuele Tornaboni – riunioni settimanali con tutte le figure professionali coinvolte, che in pieno regime sono 140 e devono coesistere collaborando in sintonia e sinergia. Questa spontaneità può solo derivare dal dialogo e dalla capacità di ascolto. Qualcuno la chiama professionalità. Io la chiamo umanità”.
Quando si passa dal guanto di velluto al pugno di ferro?
“Quando non viene rispettato il regolamento scatta da parte nostra un pronto intervento: dal dialogo fino a un provvedimento disciplinare con sospensione o allontanamento. L’educazione dei soci è fondamentale per garantire la serenità generale. Sono tutti uguali di fronte al regolamento”.
Felicità 3.0
In un villaggio sportivo che si rispetti tutto fa aggregazione. Ed ecco che al Due Ponti Sporting Club perfino le premiazioni assumono una connotazione di festa. Momenti da aggiungere al carnet degli eventi dal sapore culturale, canoro, mondano e sociale che invadono il calendario. “Siamo contro l’appiattimento mentale – commenta Tornaboni – e più propensi a creare aggregazione attraverso svariati stimoli extra-sport che, quando non creano ispirazione, possano creare sorriso”.
Altro che semplice “remise en forme”.