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La pallanuoto, la mia vita e l’allegria

Da bambino la piscina mi dava allegria e ancora non sapevo che sarebbe stata la mia vita. Non sapevo che la pallanuoto avrebbe segnato il mio destino. Cuba, la tappa in Spagna e soprattutto la vita in Italia, l'oro mondiale nel 2011, l'argento olimpico nel 2012 e poi la televisione. Di una cosa sono sicuro: tutto questo senza allegria non sarebbe stato possibile
Pallanuoto Amaurys Peréz

Allegria.
Se guardo alla mia vita, alle sue intemperie e alle sue gioie, se dovessi trovare una sintesi per dare un valore agli stati d’animo che ho vissuto con la pallanuoto prima e con la televisione poi, allegria è la parola dove ritrovo tutto me stesso.
Allegria per me che sono nato a Cuba è qualcosa in più dell’euforia di un momento, è una condizione dell’anima che ti accompagna in ogni caso della vita che sei chiamato a vivere.

In piscina

In piscina sono arrivato che avevo 6 o 7 anni, portato dai miei genitori così come prima avevano portato mio fratello.
C
ome ogni bambino sono sceso in acqua con allegria, quasi per gioco, ma giocare,per un bambino è la cosa più seria e importante del mondo.
Non potevo sapere che quel gioco sarebbe diventato il gioco della mia vita, quello a cui devo tutto, devo quello che sono diventato e quello che insegno ai miei figli.
Avremmo potuto fare altri sport, certo, a Cuba si fa tanto sport e ci sono tante eccellenze, ma il disegno del destino volle che la piscina fosse vicino casa e così quello divenne il nostro punto di riferimento quotidiano.
Non una piscina e basta però, ma la piscina che con una palla che passa di mano in mano, presa, lanciata, rubata da braccia che si allungano e teste e spalle che si immergono per poi slanciarsi in alto, in avanti e a volte anche per curvarsi indietro, diventa il posto più bello del mondo: il posto dove si gioca a pallanuoto.

La pallanuoto a Cuba

Io lo capii presto, ma prima di me lo aveva capito mio fratello, già argento mondiale con la Nazionale cubana juniores di pallanuoto.
Io di quella palla ero innamorato e volevo diventare come lui, un atleta vero e possibilmente un campione.
Non fu facile e non fu neanche facile dire a mia madre, avevo appena 13 anni, che studiare era sicuramente importante,  ma io volevo fare anche la pallanuoto.
Le madri sanno sempre tutto e lei non fu particolarmente sopresa.
Mi disse però che avrei potuto fare quello che volevo e seguire la mia passione, ma che mai avrei potuto farlo senza sacrificio, impegno e rinunce.
Aveva ragione; sacrificio, impegno e rinunce sono essenziali, ma tutto sarebbe stato insopportabile senza allegria d’animo e di cuore.

È così che con tanto sacrificio e molta allegria arrivo anche io nella Nazionale cubana juniores.
Se prima era stato difficile, ora lo diventava ancora di più.
A vedermi adesso potreste non crederlo, eppure al tempo io ero magrolino e non ero neanche tra i più alti, insomma ero quasi una scartina rispetto agli altri, ma quello che poteva essere un  handicap, mi diede invece una fortissima motivazione e una grande spinta.
Iniziai ad allenarmi come un indemoniato, anche nel tempo libero e persino il sabato, quando tutta la squadra aveva un giorno di riposo.

Se veramente vuoi qualcosa, devi lasciare che il tuo desiderio si impadronisca di te e devi dedicargli tutto quello che hai e che sei.
Avrei potuto farlo senza allegria? Mai, non ci sarei mai riuscito.

A 18 anni il mio desiderio trova la sua strada maestra.
La convocazione per la Nazionale maggiore arriva inaspettata, ma era proprio quello che volevo.
Potevo rilassarmi e adagiarmi sul risultato raggiunto?
Ovviamente no, anzi dovevo impegnarmi sempre di più e quindi mi dedicai ancora anima e corpo agli allenamenti e a una intensa preparazione fisica, così da migliorare anche le prestazioni oltre che la tecnica.
È solo per questo che da scartina che ero, sono poi diventato il primo difensore della Nazionale cubana di pallanuoto.

Tappa in Spagna

A 24 anni ho voglia di girare pagina e per farlo devo cambiare mondo.
Il mio passaggio da Cuba in Europa, dove arrivo per andare a giocare con il Tenerife, fu proprio questo.
Cambiare mondo però non è facile; le mie aspettative, e forse anche quelle della squadra, andarono in gran parte deluse e i primi due anni mi scivolarono addosso fino a quando non arriva ad allenarci Pedro Villar, che io conoscevo perché era stato il capitano della Nazionale cubana.

Con Villar siamo in piena sintonia, mi insegna tanto, lo ascolto e inizio a vedere la pallanuoto in maniera diversa, a praticare un gioco deciso ma meno aggressivo, quasi una rivoluzione per me che una certa dose di aggressività mi aveva già fatto scontare diverse giornate di squalifica.
La cosa importante, però, è che Villar mi dà  il consiglio della vita.
Vai a giocare in Italia, mi dice, vai, gioca un anno e poi ritorni, ti farà bene.
Non poteva immaginare quanto bene mi avrebbe fatto.

La pallanuoto in Italia

È il 2003 quando arrivo in Italia, vado a giocare con il Cosenza in A2 e divento il capocannoniere del girone Sud.
In italia è tutto diverso, dentro e fuori l’acqua.
In acqua mi confronto con gioco, tattiche e velocità nuove rispetto a quelle che conoscevo, ma quello che mi cambia veramente  è la vita.
A Cosenza trovo un’accoglienza straordinaria e incontro Angela, la mia fortuna, la donna che ho sposato. È grazie a lei se alla fine ho compreso la differenza tra lotta e aggressività, lei è stata  da subito la mia prima tifosa e a lei lanciavo il mio primo sguardo ogni volta che entravo in acqua per vederla, immancabile, farmi cenno di usare la testa.

Gioco con il Cosenza fino al 2007, passiamo in A1, poi sono un anno con il Salerno e nel 2008 lasciamo la Calabria per trasferirci a Nervi dove trovo come allenatore Marco Baldinetti, uomo da cui imparo molto, anche a fare quattro tempi a 31 anni e a giocare alla pari con ragazzi di 20 o 25 anni. Se la differenza di età vi sembra minima, non fatevi ingannare dall’apparenza; vi assicuro che in acqua la differenza è abissale.

Con il Nervi rimango due anni poi mi chiamano sia il Brescia che il Posillipo, due gran belle squadre.
Io scelgo con il cuore; andiamo a Posillipo, grande tradizione, ma anche più molto più vicino alla Calabria.
Al Posillipo l’allenatore è Carlo Silipo, un monumento vivente della pallanuoto italiana che mi cambia ruolo e mi schiera in una sorta di difesa avanzata che deve scendere al centro per smistare gioco in avanti.
Siamo nel 2010 ed è una bella sfida che mi porta lontano.

La Nazionale italiana

Ricordo benissimo quella domenica di febbraio del 2011.
Mi suona il telefono, rispondo e mi metto a ridere allo scherzo che pensavo mi stessero facendo i miei compagni di squadra.
Non era uno scherzo.
Era Alessandro Campagna, commissario tecnico della Nazionale italiana di pallanuoto.
Mi dice che ha bisogno di qualcuno che tenga a bada serbi e croati, gente fisicamente esuberante che non molla un centimetro in acqua.
Dice anche che lui non è abituato a regalare nulla a nessuno.
Finalmente capisco che non è uno scherzo e lo tranquillizzo; a me nessuno ha mai regalato nulla.

La convocazione arriva per fax nella sede del Posillipo, un mese dopo.
Io non sto nella pelle e a nulla valgono le banali polemiche sulla scelta di convocare in Nazionale un naturalizzato.
Bisogna giocare con la Grecia, penso solo a quello e a quello che dice mia moglie Angela che ai miei dubbi sull’età non proprio giovane risponde senza alcuna possibilità di replica: gioca, goditela e non pensare a nulla, mi dice.
Faccio così; Angela, come sempre, aveva ragione.
Vesto per la prima volta il costume della Nazionale italiana ed è un’emozione talmente forte che al solo ricordo mi vengono ancora i brividi. Per inciso, vinciamo 7 a 2.

Altra emozione forte è la seconda partita con la Nazionale, a Palermo contro l’Olanda per un incontro di World League; dalla Calabria vengono la famiglia e tutti gli amici, un regalo immenso di cui non smetterò mai di ringraziarli.
A fine partita Alessandro Campagna viene in camera e mi porta una decina di CD.
Sono i filmati della Nazionale e mi dice solo una cosa: studia!
Il campionato finisce, poi incontriamo la Serbia in World League, perdiamo ma ci qualifichiamo per il Mondiale.

È il 2011, al Campionato del Mondo di Shangai andiamo con tanta speranza e torniamo con la medaglia d’oro.
Per me è stato come se mi avessero regalato
un sogno, un sogno a un bambino di 35 anni che gioca, sorride, guarda alla sua vita, ripensa ai sacrifici, alla perseveranza, all’allegria e si commuove.
Quando torno a casa sembra che  tutta la Calabria si sia data appuntamento all’aeroporto di Lamezia Terme e ancora una volta questa terra meravigliosa mi regala tutto l’affetto di cui è capace.

Il sogno non finisce.

2012, Olimpiadi di Londra: siamo argento, una medaglia che pesa tantissimo perché una medaglia olimpica è una storia a parte, ineguagliabile.
2013, Campionati del Mondo a Barcellona: siamo quarti, un piazzamento importante.
Il tempo però non si ferma in nessun caso e io ho 35 anni; è il momento di uscire dall’acqua, il momento giusto per seguire la famiglia e crescere i figli.
Accade però qualcosa d’imprevisto, il mio mondo sta per cambiare ancora, proprio come la prima volta, quando mi sono trasferito da Cuba in Spagna.
M
i chiama Milly Carlucci, mi vuole a Ballando sotto le stelle.
Io gioco a pallanuoto penso, cosa ci vado a fare.

Ancora una volta è mia moglie Angela a fare la differenza; lei che mi spinge ad accettare, io vado e così inizia la mia seconda vita in televisione.
Da allora ho partecipato a tanti programmi, mi sono divertito e mi diverto un mondo e ho vissuto anche qualche esperienza dura, come  per l’Isola dei famosi 3, con i tre mesi passati in Honduras lontano da moglie e figli.
Ma anche in questo caso l’allegria mi ha aiutato e ha fatto la differenza, perchè l‘allegria è un modo di affrontare la vita con positività e semplicità e questo è uno dei grandi insegnamenti dei miei genitori.
L’altro, fondamentale, è il rispetto che dobbiamo alle persone, in particolare alle donne. Il rispetto è un valore assoluto che ti insegna anche a essere vicino a chi soffre, forse è per questo che ogni volta che aiuto qualcuno facendo beneficenza mi sento migliore e veramente più ricco.

In tutto questo la mia passione non si è mai sopita.
D
alla piscina nessuno riuscirà mai a farmi uscire e se è vero che faccio televisione è altrettanto vero che continuo a entrare in acqua per allenare pallanuotisti dai 16 ai 30 anni, mi piace moltissimo farlo e, soprattutto, continuo a imparare

E come  potete immaginare, lo faccio con tanta allegria!

 

Amaurys Peréz ha scelto la pallanuoto da bambino e dalla piscina non uscirà mai più. Campione del Mondo a Shangai 2011, argento alle Olimpiadi di Londra del 2012, oggi allenatore e personaggio pubblico televisivo.

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