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Stefan Schwoch. Benvenuto al Sud!

Dura solo una stagione e mezza l’avventura in azzurro di Stefan Schwoch, altoatesino dal cuore partenopeo, che fu il leader carismatico di un Napoli in grande disarmo. La storia del forte centravanti, per sua stessa ammissione, ricorda molto da vicino il fortunato film “Benvenuti al Sud” diretto da Luca Miniero nel 2010 e interpretato da Alessandro Siani e Claudio Bisio.
Stefan Schwoch

Stagione calcistica 1998-99. A soli 7 anni dal secondo scudetto, il Napoli è appena retrocesso in serie B dopo aver disputato il peggior campionato in A della sua storia. Solo 14 punti in classifica e ben 78 reti al passivo. Quattro allenatori inutilmente chiamati al capezzale di un malato molto grave (segnatamente, Mutti, Mazzone, Galeone e Montefusco). Una squadra costruita male, tra giovani come Longo, Bellucci e Panarelli, e giocatori di categoria superiore, ma in fase decisamente calante, come Igor Protti, il principe Giannini e addirittura “acciughina” Allegri, l’attuale allenatore superpagato alla Juventus, che disputa 7 partite incolori (un segno del destino?).  
La squadra agli ordini di Renzo Ulivieri, con un secondo d’eccezione di nome Walter Mazzarri, naviga in una anonima posizione di metà classifica. Il problema principale è senz’altro la scarsa vena realizzativa degli avanti azzurri Bellucci e Murgita. L’azionista di maggioranza Corrado Ferlaino e il direttore generale Antonio Juliano, allora, pensano di ingaggiare nella sessione invernale del mercato un centravanti non più giovanissimo, classe ’69, da poco approdato in serie A con il suo Vicenza, e che in B ha sempre fatto la differenza: Stefan Schwoch.

Racconta Stefan

Quando seppi della mia cessione al Napoli, non volevo nemmeno dirlo a mia moglie. Quando glielo riferii, lei mi minacciò: ‘Tu laggiù ci vai da solo, io non ci vengo.’”

Stefan Schwoch

In maglia azzurra

Il cliché è servito, o almeno così sembrerebbe. Un figlio della Bolzano fredda e ordinata, che in carriera non è mai sceso al di sotto di Livorno, improvvisamente trapiantato nella capitale caotica e nevrastenica del Sud. E, invece, Stefan smentisce tutti i luoghi comuni: Io sono un bolzanino atipico: mio padre è abruzzese e mia madre è di Palermo. Per questo motivo non c’è stato bisogno di ambientamento. Napoli mi piaceva e mi ritrovo nel modo di vivere del Sud. Avevamo 70.000 spettatori allo stadio tutte le domeniche. La gente mi ha accolto alla grande e, se devo dirla tutta, mi piace persino il modo in cui si guida lì.”
A fine stagione, il centravanti con la fascetta nei capelli lunghi segna 6 reti in 22 partite, che non salvano il Napoli da un deludente nono posto in classifica.

Stefan Schwoch

La stagione successiva

La stagione 1999-2000 si apre sotto ben altri auspici. Nonostante la situazione economica del club sia sempre più allarmante, l’abile Ferlaino conduce un mercato di tutto rispetto. Alla corte del nuovo mister Walter Novellino, avellinese di origine e mago delle promozioni, arrivano tra gli altri il centravanti Roberto Stellone; il terzino, futuro campione del mondo, Massimo Oddo; e il talentuoso centrocampista brasiliano Matuzalem. Ma a trascinare letteralmente il Napoli al secondo posto definitivo, e quindi all’agognata promozione in serie A, è proprio Stefan Schwoch, autore di ben 22 reti in 35 partite, eguagliando il record di marcature in un campionato firmato da Antonio Vojak nel lontano 1933 (arriveranno poi Edinson Cavani nel 2013, e Gonzalo Higuaìn nel 2016 ad alzare il record rispettivamente a 29 e poi a 36 reti).

Una prima punta atipica

Il centravanti di Bolzano non ha precisamente le caratteristiche che ti aspetteresti da un bomber: è alto un metro e 74 e pesa solo 70 chili. Ma la sua specialità non è certo quella di fare a sportellate con i rocciosi difensori della serie B. Stefan è rapido, ha un tiro potente e preciso, salta l’uomo con facilità ed è uno spettacolo quando, per preservare il risultato positivo a pochi secondi dalla fine, si porta palla al piede alla bandierina del calcio d’angolo facendo impazzire i difensori avversari.
Stefan diventa ben presto l’idolo dei tifosi dal cromosoma azzurro. Anzi, per i più giovani, che non hanno vissuto a pieno l’epopea di Maradona rappresenta il simbolo orgoglioso di un Napoli che tenta di ritagliarsi un posto al Sole nel calcio che conta, ma che nel giro di pochi anni vivrà la passione di una nuova retrocessione e poi del fallimento, fino alla gioia della rinascita con De Laurentiis.

La cessione al Torino

Per far fronte all’emorragia finanziaria del club, Ferlaino apre a nuovi soci. L’imprenditore romagnolo Corbelli rileva la metà del pacchetto azionario. La storia ci racconta che sarà proprio questo duumvirato che affonderà definitivamente la barca azzurra. Vengono fatte scelte sbagliate, impopolari. Tra queste, si decide di vendere Stefan Schwoch al Torino. Certo, 10 miliardi sono un bel gruzzolo per un giocatore quasi trentaduenne pagato solo 3,5 miliardi un anno e mezzo prima, ma il nuovo centravanti designato, il barese Nicola Amoruso, non darà il contributo sperato.

Stefan la prende male

Si aspettava la riconferma, Stefan Schwoch, ma davanti alle questioni finanziarie di un club sull’orlo del fallimento non ci sono idoli che tengano. A Napoli era amato e lui si trovava bene. E ci stava bene anche la moglie, talmente bene che, quando il marito le spiegò che dovevano fare le valigie in direzione Torino, lei rispose: “Non ci torno lassù!”

Il commento di Stefan

Mi viene in mente il film Benvenuti al Sud, ma a me è accaduto veramente.”
Oggi Stefan Schwoch gioca a golf ed è apprezzato opinionista televisivo. A Napoli si vede spesso: la città e la squadra gli sono rimasti nel cuore.

 

Davide Zingone Napoletano classe ‘73, vive a Roma dove dirige l’agenzia letteraria Babylon Café. Laureato con lode in Lingue e Letterature Straniere e in Scienze Turistiche, parla correntemente sei lingue. È autore della raccolta di racconti umoristici "Storie di ordinaria Kazzimma", Echos Edizioni, 2021; del saggio “Si ‘sta voce…”, Storie, curiosità e aneddoti sulle più famose canzoni classiche napoletane da Michelemmà a Malafemmena, Tabula Fati, 2022; e di “Tre saggi sull’Esperanto”, Echos Edizioni, 2022.

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