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Maradona e la punizione del secolo

Il 3 novembre 1985, allo stadio San Paolo di Napoli, Diego Maradona segna uno dei gol più incredibili della storia del calcio. Una punizione impossibile che, sfidando tutte le leggi della fisica, si insacca nell’angolo in alto a sinistra della porta difesa da Tacconi e regala ai napoletani la vittoria contro la rivale di sempre, la Juventus.
la punizione di Maradona

Per i neoplatonici il subline era la categoria estetica superiore al bello, teorizzata per definire quella capacità tipica dell’arte di indurre uno stato di estasi nell’essere umano, grazie alle sue connotazioni di mistero e di ineffabilità. Molti secoli dopo, in periodo romantico, Schopenhauer lo definì come “il piacere che si prova osservando la potenza o la vastità di un oggetto che potrebbe distruggere chi lo osserva”. Ma per noi mortali ordinari, che riusciamo a fare filosofia solo dopo la quarta birra bevuta in compagnia, l’aggettivo sublime (dal latino sublimis, a sua volta composto di sub “sotto” e limen “soglia”, e vale, quindi “che giunge fino alla soglia più alta”) vale semplicemente – si fa per dire – “sommo, eccelso, nobilissimo”, cioè la manifestazione del bello e del grande al suo massimo grado.
E che cosa fu la punizione di Diego Maradona contro la Juventus in quell’uggiosa domenica novembrina del 1985, se non l’apoteosi del sublime applicato a un pallone?

La punizione del secolo

È parere unanime che il gol di Dieguito all’Inghilterra ai Mondiali di Mexico ’86 (il secondo, ovviamente, anche se il primo, passato alla storia come La mano de Dios, forse aveva un significato politico-sociale ancora più trascendente…) sia il gol del secolo. Ma, circa sette mesi prima, il geniale scugnizzo napoletano nato per caso a Lanus in Argentina, aveva messo a segno una delle punizioni più incredibili nella storia del calcio. Probabilmente la punizione del secolo.

Platini e Maradona

L’eterna dicotomia

Al San Paolo era di scena la Juventus pluriscudettata di Michel Platini. Ecco che si riproponeva la più classica delle dicotomie: il bianco e nero contro le mille sfumature di azzurro del cielo e del mare, il blasone contro la fame di vincere, l‘algida prosopopea contro la passione viscerale, Settentrione contro Meridione, invasori contro briganti, miseria e nobiltà, mare e montagna. Insomma, opposti che non si attraggono, ma che stridono. E fanno rumore.

Il racconto alla radio

Un rumore assordante, come il boato che si alzò dal catino dello stadio e avvolse in un suggestivo abbraccio l’intera città, allorché Enrico Ameri, voce cara di un tempo che fu, quando Tutto il calcio minuto per minuto alla radio rendeva con la sola potenza della narrazione le emozioni viscerali di un calcio ancora mitico, annunciò al mondo intero che il miracolo che tutti i tifosi dal cromosoma azzurro attendevano da anni si era realizzato: “Meravigliosa punizione di Maradona! Napoli in vantaggio!

punizione di maradona

Una punizione impossibile

Ma cos’era successo in realtà?
Al 28’ del secondo tempo l’arbitro Redini assegna una punizione a due in area per gioco pericoloso di Gaetano Scirea su Daniel Bertoni.
Non ci hanno dato rigore, com’è possibile?”, chiede un attonito Bruscolotti.
Beppe, tranquillo: faccio gol lo stesso”, gli risponde Maradona posizionando il pallone su quel ciuffo d’erba umida defilata sulla destra della porta avversaria.
Una posizione proibitiva. Ad aumentare la complessità dell’operazione, la barriera bianconera è posizionata a non più di cinque metri dalla palla. Ma Maradona ha deciso. Forse ha già immaginato ciò che succederà di lì a poco, come succede ai grandi artisti. Forse una vocina nella testa gli suggerisce di provarci: ‘Vai, guagliò: tu si’ D10s!” Chiede a Eraldo Pecci di toccarla leggermente all’indietro. Il centrocampista si rifiuta: “Ma sei matto, Diego, come fai a farla passare sopra?”, gli dice con il suo inconfondibile accento bolognese.
Maradona insiste. Pecci non può far altro che accontentarlo: “Mo fa’ un po’ come ti pare: Maradona sei te…”

Un tocco leggero, quasi impercettibile

Cabrini e Scirea, staccatisi dalla barriera, arrivano a 40 centimetri dalla palla. Ma il sinistro fatato del numero 10 in maglia azzurra è più lesto di loro. Prendendosi gioco di tutte le leggi della fisica, il pallone disegna nell’aria di Fuorigrotta una parabola dolce, un po’ telecomandata, un po’ magica, che si alza sopra le teste degli avversari e si abbassa improvvisa per insaccarsi nell’angolo a sinistra di Tacconi, uno dei portieri più forti del campionato. Il pubblico osserva con religioso silenzio quello squarcio nella tela, quel prodigio irripetibile e irripetuto. Poi la gioia esplode con la violenza di una bomba. L’odiata rivale di mille battaglie sta soccombendo grazie al colpo di prestigio del suo straordinario Masaniello in calzoncini bianchi.

Maradona esulta

La reazione degli avversari…

Spero che almeno qualcuno abbia preso il numero di targa”, dichiarò negli spogliatoi l’allenatore della Juventus Giovanni Trapattoni commentando quella sconfitta.
Provò a sdrammatizzare Stefano Tacconi: “Ho fatto diventare famoso Diego, lui lo sa. Se non gli facevo fare quel gol, non lo considerava nessuno. Se l’avessi parato, avrei preso 9 in pagella.” Al di là della dichiarazione ironica del portiere, la verità è che molti a Napoli si ricordano di lui solo per quel volo plastico, disperato, ultimo umano, vano tentativo di opporsi alla volontà degli dèi del pallone.

Ricorda Massimo Mauro

Infine, il racconto lucido, pieno di pathos, di Massimo Mauro, che assistette al prodigio dalla prima fila, direttamente dalla barriera juventina: “Ero a meno di cinque metri da Diego e da Pecci che si domandava se il Pibe non fosse impazzito a chiedergli di passargli la palla. Così vicino da essere tranquillo: ‘Non può farla passare sopra: è contro le leggi della fisica’, mi dicevo. Ma Diego era la legge del calcio: decise quando la palla doveva alzarsi e quando doveva abbassarsi e noi lì, in barriera, a chiederci come. Delusi, neanche arrabbiati: c’è poco da arrabbiarsi, quando uno ti segna un gol così.

 …e quella degli azzurri

Ottavio Bianchi, allenatore di quel Napoli che due anni dopo avrebbe vinto il primo, storico scudetto, aveva all’epoca la nomea di essere burbero come un personaggio dei film di Celentano. Tuttavia, dietro la sua scorza bresciana si celava un carattere ilare, molto affine al popolo napoletano che lo aveva adottato prima come calciatore e poi come allenatore. E la sua verve da partenopeo acquisito venne fuori tutta quando, con un sorriso sornione, andò avanti e indietro per i sotterranei dello stadio canticchiando: “La punizione divina, la punizione divina…”
Eraldo Pecci, l’altro, seppur marginale, protagonista della punizione del secolo, abitava nello stesso palazzo di Maradona, uno stabile superpanoramico sulla collina di Posillipo.
Tornato a casa dopo la cena al ristorante, Eraldo suonò al citofono di Diego: “Oh, però, che assist che t’ho fatto, eh?”
La risposta di D10s? “Ma vaffanculo!”

 

 

 

 

 

 

 

 

Davide Zingone Napoletano classe ‘73, vive a Roma dove dirige l’agenzia letteraria Babylon Café. Laureato con lode in Lingue e Letterature Straniere e in Scienze Turistiche, parla correntemente sei lingue. È autore della raccolta di racconti umoristici "Storie di ordinaria Kazzimma", Echos Edizioni, 2021; del saggio “Si ‘sta voce…”, Storie, curiosità e aneddoti sulle più famose canzoni classiche napoletane da Michelemmà a Malafemmena, Tabula Fati, 2022; e di “Tre saggi sull’Esperanto”, Echos Edizioni, 2022.

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