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Olga Biglieri. L’aerofuturista Barbara

Una vita di passioni. Il disegno, il brevetto di volo a vela a 18 anni, il mondo visto dall'alto. Olga Biglieri inizia a dipingere tutto quello che vede. L'incontro con il futurismo è dirompente, lei diventa Barbara e sarà la prima aeropittrice. Nel 1938 l'incontro casuale con Marinetti, poi le grandi mostre, poi la guerra che le fa cambiare strada, ma non il desiderio di vedere il mondo secondo il suo personale sguardo.
Olga Biglieri Barbara

Olga è tutto spirito. Certo, ha anche un corpo, due mani, due piedi e due occhi, ma in ogni cosa che fa la prima cosa che si vede è lo spirito che ci mette. Quindi sì, non sbagliamo nel dire che Olga Biglieri è tutto spirito. Lo è mentre dipinge, lo è mentre vola nei cieli italiani, lo è mentre parla di pace; è un insieme di tutto questo.

Testa fra le nuvole

Olga nasce a Mortara, vicino Pavia, nel 1915, ma ben presto si trasferisce a Novara con tutta la famiglia. Fin dall’età di undici anni dimostra interesse per il disegno, seguendo corsi di pittura e tappezzando la casa di ogni tipo di esperimento artistico.
Il primo vero e totalizzante amore però si rivela essere il volo: si iscrive di nascosto dai genitori all’Aeroclub di Cameri dove passa gran parte della sua adolescenza. Si innamora del volo a vela, sport dove a dominare è la libertà: l’aliante richiede tecnica di volo, ma significa anche libertà di movimento e libertà di poter avvertire il vento sotto le ali, assecondandone i capricci come solo gli uccelli riescono a fare. È lì che il mondo di Olga assume tinte di ogni genere: vede il verde delle chiome degli alberi fondersi in grandi tratti astratti, l’azzurro del cielo che si mescola con la luce rarefatta dell’alta quota che disegna nuovi paesaggi mai visti. È così che tutto diventa ispirazione che Olga inizia a tradurre su tela. Il primo brevetto arriva nel 1933, poco dopo ottiene con la stessa facilità anche quello per il volo a motore.
La libertà che le regala l’aliante è però impareggiabile.  “Significava avere un coraggio da suicidio. Non c’è carlinga e il seggiolino al quale sei legata è attaccato alle ali. Non ti metti niente in testa, tanto se cadi ti ammazzi comunque”, rivelerà poi.

Olga Biglieri
(Olga Biglieri)

Il mondo su una tavolozza

Nel frequentare l’Accademia di Brera a Milano, un paio di anni dopo, riesce finalmente a far fiorire attraverso i colori e disegni le suggestioni che le affollano la testa. Le sensazioni che le dà il volo diventano le suggestioni della sua creatività; il mondo le appare dall’alto e lei così inizia a raccontarlo. Il paesaggio visto da lassù è tutto diverso: segue la curvatura dell’orizzonte, oppure segue rette che puntano all’infinito mentre altre volte ancora il disegno dei campi crea tavolozze di colore che si fondono e si separano al tempo stesso. Su tutto domina l’aereo, meraviglia della tecnica, ma anche sguardo del pilota che  con la macchina si fonde, rendendole l’anima dopo che questa ha conquistato la sua.
I velivoli nei quadri di Olga Biglieri sono grandi aquile che sembrano indicare a chi guarda dal basso che esiste una via da percorrere, un mondo da scoprire, una realtà capace di rivoluzionare schemi e punti di vista. È così che ad osservare le tele capiti di sentirsi presi per mano e trasportati verso la stessa libertà tumultuosa che Olga si porta dentro.

Ignazio

L’aeropittura è dna futurista. L’incontro elettivo con Olga Biglieri sarà inevitabile e dirompente.
Negli anni trenta il futurismo è ormai più che maturo, il suo respiro è ovunque.
Nel 1935 Olga partecipa a una serata futurista al teatro Coccia di Novara. Lì incontra il poeta-commediografo Ignazio Scurto, già noto per avere lanciato due anni prima, insieme a Renato di Bosso, la cravatta futurista. “…anticravatta di metallo leggerissimo lucente duraturo…”, così la descrive il loro Manifesto che vorrebbe abolire la cravatta di stoffa per indossare una piastra di metallo a cui sono collegati due morsetti.
Fatto è che tra i due è amore a prima vista, la pittrice e lo scrittore intrecciano una relazione artistica e sentimentale che culminerà nel matrimonio del 1939.

Olga e Ignazio
(Olga Biglieri e Ignazio Scurto)

Olga Biglieri, ovvero Barbara e il futurismo

Nel crogiuolo futurista Olga Biglieri si muoveva da tempo.
La frequentazione con Italo, la suggestione del volo, la sovversione degli schemi, la libertà di parole, gesti e tratti. Un fermento creativo che le fa prendere un nome d’arte, elettivo, esplosivo per la personalità che ci mette dentro, ma formalizzato persino con atto notorio. Nel 1936, infatti, Olga diventa Barbara, nome fatto di sillabe dure, più consonanti che vocali, tagliente, forte di una personalità totalizzante.
La storia vuole che mentre passeggi per Brera a Marinetti cada l’occhio su un quadro esposto da un corniciaio. È totalizzante, è futurista, è Vomito dall’aereo. Si ferma, chiede, vuole conoscere la pittrice. L’incontro inevitabile di cui dicevo prima ora non è più solo linee e visione, ma anche persone, volti e parole.
Nel marzo del 1938 Barbara espone una personale al Broletto, ma il meglio deve ancora venire.
“…Sono lieto di dichiarare che la signorina Barbara è una aeropittrice geniale e che con quadri importanti ha partecipato alla ultima Biennale veneziana…”. Così dirà qualche tempo dopo il fondatore del Futurismo.
Alla XXI Biennale di Venezia del 1938 Barbara partecipa con il suo L’aeroporto abbranca l’aeroplano; l’aviatrice futurista riscuote successo “…Ho molta fiducia nel suo ingegno pittorico” dirà ancora Marinetti che riserva ai quadri di Barbara l’enfasi di un afflato che lo portava a guardare e sperare in una nuova generazione di futuristi.
Nel 1939 Ignazio pubblica il romanzo “L’aeroporto”. Barbara ne disegna la copertina, ma soprattutto ispira la storia; la passione per il volo e il carattere determinato della protagonista Tulliola sono i suoi.
Il romanzo diventerà un classico del tardo futurismo ed è salutato con entusiasmo da Marinetti .

Scurto L'aeroporto

Barbara l’aerofuturista

Barbara non si ferma. Nel 1939 partecipa alla terza Quadriennale di Roma con tre tele, nel 1940 è alla Mostra d’Oltremare di Napoli,  nel 1940 e nel 1941 ritorna alla Biennale di Venezia. Nella gioia di condividere le emozioni del volo trova una sua dimensione, forse quell’intesa fra corpo e spirito che aveva tanto cercato da giovane quando doveva nascondere ai genitori le prime lezioni di volo. Il suo universo non impallidisce davanti la visione del Manifesto del Futurismo che la vuole “serbatoio d’amore, veleno o fragile”, anzi con i suoi colori vibranti e le linee decise sembra proprio voler gridare l’opposto.
Barbara si sa muovere sullo stesso terreno dei colleghi maschi con uguale agilità; si sente protagonista perché lo è.
Tutto sembra procedere per il meglio fino a quando la guerra non allunga le sue dita d’ombra sulla vita. Barbara non la vede come “sola igiene del mondo”.
Il suo ultimo quadro, Battaglia aerea, è figlio del tempo e dell’anima. Siamo ancora nell’aeropittura, ma l’afflato è diverso; Barbara dipinge un velivolo colpito a morte che precipita vorticosamente verso terra. 
L’anima è segnata. L’ispirazione finita.

Guerra e oltre

L’antibellicismo di Barbara  si sedimenta nel cuore della pittrice una fredda mattina quando, tenendo per mano le sue due figlie piccole, saluta suo marito in partenza per il fronte.
Ignazio Scurto sarà prima in Francia e poi in Russia, lasciando a casa Barbara che ogni giorno cerca di tenere insieme i pezzi, ormai infranti, di quella vita familiare che tanto aveva sperato di poter creare.
È un quadro macchiato, una chiazza di colore discordante che spinge Barbara a misurare la distanza con alcuni aspetti del futurismo.  Gli aerei che tanto amava improvvisamente le sono diventati alieni, sono tozzi e sporchi, scuri contro un cielo perennemente grigio. Il suo passaggio verso un nuovo mondo sembra essersi disperso.
I pennelli vengono messi da parte e neanche la fine della guerra e il fortunato ritorno di Ignazio riescono a farla ricominciare. Ignazio è provato nel fisico, ma soprattutto nello spirito ed ha abbandonato le parole in libertà che l’avevano colpita in gioventù. È un momento difficile. Barbara vede nella guerra l’origine di tutti i mali ma, nonostante il dolore che continua a seguirla come un segugio fedele, si rimbocca le maniche e cerca una via per andare avanti.

Olga Biglieri Barbara
(1938. Pensieri in carlinga. Barbara – Olga Biglieri)

Ricostruire il mondo. Almeno il suo.

Deve farlo, vuole farlo. Barbara non può permettere che il suo spirito sia inquinato definitivamente. Lei che ha deciso da sola come chiamarsi vuole poter anche decidere del proprio futuro. Il mondo intorno deve ricostruirsi, così come quello personale di Barbara e Ignazio.
La pittura diventa uno svago, un veloce scambio di poche ore mentre cerca di rimanere il collante della sua famiglia.
Sotto diversi pseudonimi inizia a scrivere romanzi rosa, cercando di nuovo di avvertire quel fremito creativo che le aveva fatto compagnia in passato.
Nel 1954 tutto diventa improvvisamente più difficile.
Ignazio muore a Milano dove aveva trovato lavoro presso il quotidiano La Notte. Lui che delle parole aveva fatto la propria vita, sembra portarsele tutte via, lasciando di nuovo Barbara in balia di quei venti che da giovane sapeva cavalcare e domare così bene.
È di nuovo sola. L’odio per la violenza è il suo unico compagno che, invece di sussurrarle parole cariche di veleno, diventa benzina nello spingerla a cercare un nuovo spazio in cui potersi inserire e sbocciare di nuovo.
Lei sa di essere un’artista e come tale vuole poter vivere.

Una nuova passione

Barbara inizia a collaborare con vari settimanali, trova nel mondo della moda un anelito di futuro e creatività che altrove le mancava, scopre bellezza dove mai avrebbe pensato. Il suo Ignazio aveva iniziato la sua carriera con una cravatta, perché lei dovrebbe essere da meno?
Il suo nome assume una nuova popolarità. Con la trasmissione radiofonica Stella Polare, insegna alle italiane del dopo guerra come vestirsi. Per la prima volta la sua visione non è dall’alto, sopra le nuvole, ma a linea d’uomo, da dove osserva con sguardo acuto tendenze e desideri delle sue coetanee e non solo. Ecco che la mente di Barbara torna a essere una fucina di idee, finalmente in grado di potersi concentrare su quello che è il suo mondo. L’idea di ottenere un’udienza per gli stilisti dal Papa è sua. Fonda poi una società di comunicazione la Tele Express e organizza un premio legato alla formazione professionale, le Trame d’Oro.

Il ritorno sulle tele

Negli anni sessanta, anche grazie all’amicizia con il pittore svedese Gosta Liljestrom, la sua attività artistica ricomincia a trovare spazio in giornate sempre più piene, Gli acquerelli le concedono di sentirsi di nuovo ragazzina e la possibilità di creare performances e murales la avvicinano a gruppi di giovani che, secondo lei, sono la forza trainante del futuro mondo artistico. Ora non desidera più una carriera individuale, preferisce formare un gruppo di lavoro e allontanarsi dai dogmi troppo serrati delle avanguardie del momento. Scrive un’autobiografia, Barbara a colori, dove ripercorre la sua vita e racconta i numerosi viaggi compiuti verso la fine degli anni settanta che la portano in Unione Sovietica, Cuba, Giappone e Canada.

L’Albero della Pace

Nel 1981 Barbara è impegnata in un laboratorio di pittura per bambini. Machiyo Kurowama, una pacifista giapponese, le chiede di poter lasciare lì la sua impronta della mano. Nasce così l’ispirazione per l’Albero della Pace, una grande tela di dieci metri, dove premi Nobel, intellettuali italiani, superstiti del disastro nucleare e persone comuni lasceranno l’impronta colorata della propria mano.
Nel 1986 l’opera sarà donata al Museo della Pace di Hiroshima.
Nel 2000 alcune istituzioni italiane e giapponesi la candidano al Nobel per la pace.

Di nuovo in volo

A Roma, nel 2001, una mostra antologica la racconta ancora una volta.
La parentesi però si sta per chiudere.
Barbara non smette di dipingere fino a quando nel 2002 compie il suo ultimo volo, quello che lei non potrà dipingere, ma che noi possiamo immaginare di vedere mentre libera si lascia portare dal vento che amava. Lascia dietro di sé il ricordo di una donna poliedrica, curiosa del mondo, capace di comprenderlo e persino di inventarlo.
Barbara, Olga Biglieri, è tutto spirito, ma per fortuna almeno per un po’ si è fatta corpo.

 

…………..

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Intrepide

 

Giulia Colasante si affaccia al mondo nell'ultimo anno del secolo scorso, in tempo per sentirne raccontare in diretta, abbastanza per rimanerne incuriosita. Giornalista pubblicista, laureata in Filosofia e in Scienze Cognitive della Comunicazione e dell'Azione, continua a studiare il futuro che attende lei, ma anche un po' tutti gli altri.

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