Nord. Estremo nord. Mar Glaciale Artico, appena sotto il Circolo Polare.
Ultima a sud delle Svalbard, l’Isola degli Orsi è poco più di un atollo entrato ufficialmente solo nel 1920 sotto la bandiera del regno di Norvegia.
Prima non era di nessuno, semplicemente esisteva sulle carte da quando nel 1596 due esploratori olandesi Willem Barents e Jacob van Heemskerck, la scoprono. Caso vuole che la prima e unica creatura che avvistano è un orso bianco. Da qui il nome.
Nome avventuroso che, anche se di orsi oggi non se ne registrano, ci racconta di un luogo di cui la natura è padrona assoluta con le decine di specie di uccelli che vi albergano oltre a balene e foche artiche che la circondano.
A noi umani rimane una stazione meteo che normalmente ci ospita in una decina di esemplari.
I Wegge
Però, c’è un però.
L’avventura ha i suoi richiami, inutile sondarne cause e ragioni perché quando qualcuno ne è preso, di ragioni non ne sente.
È il caso dei tre fratelli Wegge, due accarezzano il desiderio difare surf nell’Isola degli Orsi. Il terzo non li lascerà soli.
Folle? Abbastanza.
Impossibile? No, non del tutto.
Facile? Per niente.
La loro avventura inizia così e, ovviamente, ancora prima di mettere piede sull’isola devono superare diverse difficoltà, proprio come una spedizione che si rispetti.
Il mancato permesso da parte del ministro delle Svalbard al “passaggio” per l’Isola non li fa perdere d’animo, ma anzi, si preparano con cura a quelli che saranno i mesi più importanti della loro vita.
La partenza
1 Aprile 2014: è il giorno, non un pesce d’aprile.
Inge, Markus e Håkon sono a bordo dell’unico passaggio che sono riusciti a trovare: un cargo che aveva destinazione diversa dall’Isola degli Orsi. Vuoi il capitano, vuoi la compagnia, fatto sta che qualcuno decide di fare un favore a quei tre buffi ragazzi che vogliono solo cercare onde. Il cargo aggiusterà un po’ la rotta e li porterà dove vogliono andare.
Nel frattempo il permesso si era sbloccato, ma con la condizione che il loro soggiorno fosse a impatto zero. In fondo questa è la cosa più semplice. Prima di partire i tre si ingegnano nell’arte del riciclo; nei supermercati cercano cibo in scadenza o recuperano quello scaduto da poco e per l’abbigliamento vanno nei negozi a chiedere pezzi invenduti perché difettati o residui di fine produzione.
L’arrivo sull’isola
L’isola li accoglie con freddezza. Nel senso letterale del termine, visto che è tutta imbiancata di neve. Non è una sorpresa, anzi, è quello per il quale si erano preparati. I Wegge indossano gli sci, mezzo più veloce per spostarsi, ma non possono fare a meno di guardarsi intorno increduli; nessuno prima di loro è mai arrivato fino lì. Nessuno ci ha mai provato.
E invece ora sono lì a cercare il punto giusto per piantare tenda.
Markus, il “tuttologo dell’outdoor”, come lo chiamano i fratelli, segna attentamente sulla mappa i punti dell’isola da evitare per non disturbare le colonie di uccelli, ma anche per non correre loro dei rischi.
Trovano un punto a nord, lasciano bagaglio e provviste e poi iniziano l’esplorazione dell’Isola, che scopriranno pianeggiante a Sud e del tutto montuosa a nord.
I primi passi
Freeride, arrampicata. Sono solo loro, la neve e la montagna.
Arrivano in cima, guardano da lì quello che li circonda. Forse è solo adesso che si rendono conto per la prima volta di dove sono veramente capitati.
Inge, il maggiore dei tre, filma tutto. Ha le idee chiare. Alla fine la loro avventura diventerà un documentario, quello che infatti racconta la loro vicenda Avventure sull’Isola degli Orsi, disponibile sul catalogo Netflix.
La videocamera diventa così i loro occhi indiscreti con i quali vediamo tutto quello che vedono loro. Li vediamo toccare il punto più alto dell’Isola, superare le nuvole e lanciare lo sguardo nel mare sconfinato che li abbraccia.
Per giorni esplorano, giocano, Inge addirittura si cimenta nello speed flying.
Ma il tempo passa e le onde non si vedono.
L’acqua gelida nella muta
I Wegge decidono di spostarsi a sud verso la zona pianeggiante, lasciando comunque delle provviste vicino alla stazione meteo.
Preparano le loro slitte e partono. Passano due giorni, sistemano il nuovo campo e iniziano ad ambientarsi nel nuovo angolo di Isola che hanno raggiunto.
È lì che tutto cambia. Trovano una spiaggetta, dove finalmente il mare si increspa e si può uscire con la tavola.
Inge e Markus non ci pensano due volte, indossano le mute ed escono.
Più che in acqua, sono al settimo cielo. Per la prima volta il surf arriva a toccare quasi il circolo polare artico. La felicità è contagiosa. Anche Håkon, che non lo aveva mai fatto, decide di cimentarsi con le onde. In fondo sarà l’unico che potrà dire di aver iniziato a surfare all’Isola degli Orsi.
L’Isola è l’Isola, ma casa è casa
I Wegge hanno un telefono satellitare, è il cordone ombelicale che li collega agli affetti. Gli auguri per il compleanno di mamma non possono mancare, ma c’è di più. Inge sta per diventare padre, la compagna aspetta un figlio e la lontananza pesa a tutti e due.
L’avventura dei Wegge sta per cambiare, ora ne inizia un’altra.
Il piano di rimanere quattro mesi salta. La compagna di Inge ha bisogno di lui a casa e Inge stesso non riesce a sopportare la distanza.
Markus e Håkon lo guardano: “La nostra avventura l’abbiamo fatta, è il momento che inizi la tua”.
Si abbracciano, possono tornare a casa.
La speranza dell’onda
C’è un problema però: bisogna tornare a nord, ma la neve si è sciolta e risalire sulla terra asciutta è estremamente complesso.
Se prima ci voleva un giorno a percorrere l’Isola in lunghezza, adesso ce ne vogliono almeno 3.
Inoltre il cargo che li deve portare indietro, non risponde.
Alternative non ce ne sono. I Wegge stringono i denti, superano i loro limiti e le paure, risalgono l’Isola con il vento freddo che gli sferza il viso, gli spacca le mani e gli ghiaccia i capelli.
Inge l’onda perfetta non l’ha trovata, ma lui è un inguaribile ottimista, sa che ha ancora un paio di giorni per riuscirci.
Un rito di passaggio
Raggiunta finalmente la base i Wegge non possono far altro che aspettare la nave.
Passeggiando Inge nota una piccola lingua di terra. È incredibile. Lì, davanti a lui, ci sono onde buone.
Provare un’ultima volta? Sì, ovvio.
Ed eccola l’onda perfetta dell’Artico.
Che sia però cambiato anche il ragazzo nel frattempo?
I Wegge infatti non solo hanno superato le difficoltà che la natura gli ha riservato, ma hanno trovato l’equilibrio.
Equilibrio e armonia tra i fratelli, ma soprattutto con i sé stessi che nel frattempo sono diventati: uomini, non ragazzi.
Doveva essere un’esperienza sportiva, ma poteva essere solo questo?
No, non poteva esserlo.
L’avventura nell’Isola degli Orsi si è invece rivelata per quello che doveva essere: un rito di passaggio.
Esperienza, crescita, trasformazione, consapevolezza.
È così che i fratelli Wegge diventano quello che erano destinati a essere.
La nave arriva, i ragazzi s’imbarcano da uomini.
L’avventura è conclusa. La prossima può iniziare.
Non vediamo l’ora.