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Luisa Rezzonico. La ragazza con un sogno al volante

Luisa Rezzonico entra nel mondo dei motori nel 1951. Ha solo 19 anni. Motori e velocità sono il suo sogno, un sogno fatto di indipendenza e di emancipazione in un mondo ancora largamente maschile. Corre e vince Luisa, ma i sogni a volte s'infrangono. A volte contro il muro di una chiesa a 130 chilometri all'ora.
Luisa Rezzonico

Avere paura è normale. Avere paura, in certi casi, è anche sano ed è ciò che ci rende umani.
Eppure Luisa Rezzonico non ha paura quasi mai.
Sguardo schivo, affronta con il sorriso piloti e curiosi dai quali, prima di ogni gara, cerca di estraniarsi per cercare la giusta concentrazione per dare il meglio di sé e del suo entusiasmo.
Quando sale in macchina, stringe il volante e ascolta il motore, Luisa Rezzonico sa che quello è il suo mondo e quello è il suo sogno.

Il mondo e i sogni, però, non sempre vanno come dovrebbero andare.

L’amore per le corse

Luisa Rezzonico nasce a Lugano nel 1933, ma si trasferisce presto a Milano insieme alla famiglia. Il padre è un importante industriale e nel 1947 sarà artefice del trasferimento a Meda degli impianti chimici dell’ICMESA. Trenta anni dopo, nel 1976, l’ICMESA entrerà tragicamente nella cronaca italiana per la fuga di diossina.
L’amore di Luisa Rezzonico per le corse nasce presto. Ha diciannove anni quando inizia ufficialmente a gareggiare e oltre con guida e motori deve prendere dimestichezza con un mondo di uomini che spesso la guardano di sottecchi, circondandola di frasette fatte tipo “ma che sta cercando il papà?”, “forse è la fidanzata di qualcuno”.
Ma sono solo chiacchiere e Luisa non le sente. L’unica cosa che sente è l’emozione di salire in macchina e sentire il suo sogno battere allo stesso ritmo del motore. E ovviamente nessuna chiacchiera le ha mai fatto venire il dubbio se continuare o meno. Così come il dubbio non l’ha mai sfiorata neanche quando le sue amiche le chiedono “ma non ti fa paura andare così veloce?”.
No, Luisa non ha paura.

Luisa Rezzonico
(Luisa Rezzonico. Photo credit: Istituto Luce)

La prima nebbia

Luisa Rezzonico esordisce nel mondo delle gare nel 1951. Durante una delle sue prime gare, il destino batte un colpo, ma le fonti sono frammentate e non è ben chiaro in quale.
Accade però che Luisa avverta per la prima volta un formicolio che dalle dita delle mani si espande poco a poco fino alla base del cranio. È una sensazione nuova, come se una pioggia leggera si stesse insinuando dentro di lei e si facesse spazio fra i polmoni lasciandola senza fiato. Non ci bada, lei ha una gara cui partecipare e un volante da stringere, ma verso la metà della corsa quella pioggia è diventata in nebbia, è ovunque, la irrigidisce fino a farla sentire quasi una statua di pietra.
Luisa non capisce, non sa cosa sta succedendo fino a quando non è buio. Buio scuro e un forte odore di bruciato. Cosa è successo? Pochi istanti, ritorna in sé e ha un flash. Si rivede sterzare bruscamente per evitare un gruppo di spettatori troppo vicini al terreno di gara. La macchina si cappotta e prende fuoco. Qualcuno l’ha tirata fuori dal finestrino in frantumi prima che il fuoco prendesse anche lei. Non si è fatta nulla, lo spavento è solo un attimo che scaccia per informarsi sulle condizioni delle persone coinvolte.

I primi successi

È il 1953 quando Luisa Rezzonico entra con autorità negli albi d’oro delle cose.
In questo anno, infatti, vince il Rally Perla di Sanremo e la Coppa delle Dame Como-Lieto Colle, cronoscalata di 7,4 chilometri, entrambe al volante di una Lancia Aurelia B20.
Lo stesso anno partecipa anche a una gara sul circuito stradale di Ospedaletti e all’ormai scomparso Rally del Lido a Venezia.

(Luisa Rezzonico. Photo credit: Istituto Luce)

Parigi- Saint Raphael

I mesi passano. Luisa tenta di convincere tutti e anche sé stessa che tutto sia tornato come prima e nel 1954 si iscrive al Rally Paris-Saint Raphael, anche questa gara al femminile. Torna alla guida della sua fidata Aurelia B20, molti vedono in lei una favorita, ma le cose vanno diversamente. Una serie di problemi la costringono al ritiro. Non sempre al perfezionismo dei piloti poi segue il risultato aspettato.
Luisa è giovane, si rifarà presto.

Il giro Automobilistico d’Italia

L’occasione arriva presto. Il Giro Automobilistico d’Italia è una gara importante, gli equipaggi possono essere misti e la sua scuderia, la Sant’Ambreus di Milano, è pronta a farla correre.
Luisa è gioiosa, nei suoi occhi ormai non più schivi c’è la luce di una ragazza nel fiore degli anni pronta a mettersi alla prova sfidando strada, tempo e velocità.
La gara ha un tracciato impegnativo di quasi seimila chilometri diviso in dieci giorni. La scuderia forma l’equipaggio con lei e Mario Poltronieri su Fiat 1100 Tv.
Non è la macchina preferita da Luisa, però, e lei ha qualcosa da ridire.

Lancia Aurelia B20
(1953. Una Lancia Aurelia B20 alla Mille Miglia)

Arriva la Lancia Aurelia

Forse qualcuno l’ascolta o forse chissà per quale altro motivo, pochi giorni prima dell’inizio della gara la scuderia cambia macchina e assegna all’equipaggio una Lancia Aurelia B20 verde e nuova fiammante, più potente della Fiat, ma anche più pesante.
Le reazioni sono contrastanti. Luisa non vede l’ora, vuole rifarsi dalle sconfitte passate e vuole farlo a bordo della sua fidata Aurelia.
Mario Poltronieri, invece, non è convinto; prova a dissuaderla, sottolinea come non abbiano avuto il tempo di collaudare la macchina, non ne conoscono i limiti e lui poi è scettico sulla capacità di frenata.
Luisa è irremovibile: vuole correre con l’Aurelia anche a costo di dover correre da sola. Poltronieri insiste, ma alla fine si vede costretto a rinunciare; lascia il suo posto come co-pilota e gareggia a bordo della Fiat 1100 TV insieme a Sandro Villiger.
Il nuovo compagno di corsa di Luisa è Franco Simontacchi.
Lunedì 27 settembre 1954, Monza: la gara prende il via in un’assolata giornata autunnale. Le prime due tappe procedono tranquille; si scende verso il sud in giornate che promettono solo sole e tanti chilometri da percorrere.

Il primo ottobre 1954

Siamo alla terza tappa, la Napoli-Bari.
Luisa si sveglia già dalla mattina con strani dolori ovunque, ma non si preoccupa. lo sa che “manovrare una bestia di auto come l’Aurelia è stancante”. Così la rassicura anche Simontacchi, ma qualcosa di sinistramente familiare sembra annidarsi dietro gli occhi della ragazza. Simontacchi le chiede se vuole lasciare lui il posto di guida, mentre lei può riprendersi per la prossima tappa.
Luisa lo tranquillizza: va tutto bene, può proseguire lei con il numero 133.Si parte, l’Aurelia B20 si mangia la strada, ma ancora una volta c’è nebbia. Non fuori, ma dentro. Sempre la stessa nebbia che il sole di ottobre non dissipa. Simontacchi alterna consigli tecnici a sguardi preoccupati. “Sicura che vada tutto bene?” le chiede. Luisa non risponde mai, ma stringe con ancora più forza il volante. Quella maledetta nebbia, però, non accenna a dissiparsi.

Paura? Forse

L’Aurelia B20 corre. Ha lasciato Alberobello e ora mangia la strada verso Putignano, la terza tappa sta per finire.
Luisa Rezzonico, per un breve istante, avverte che però la gioia non è legata all’aver completato un altro tratto della gara, quanto al potersi finalmente scrollare di dosso quella che, forse per la prima volta riconosce essere paura.
Paura non solo di quanto veloce stia spingendo la macchina, ma paura di quello che l’aspetta dietro ogni traguardo, sguardi e domande che seguono ovunque una ragazza di ventuno anni che ha deciso che da grande vuole fare la pilota. Luisa è testarda e quella paura l’ha sempre saputa tramutare in grinta, è questo il suo segreto: la paura fa parte dell’uomo, lei per fortuna non lo è.

Il muro di Castellana

Non è però la paura la causa di quello che avverrà pochi istanti dopo.
Il duo Rezzonico-Simontacchi taglia il traguardo in seconda posizione, ma l’Aurelia non rallenta, prosegue la corsa, scagliata in avanti forse già senza più guida, Luisa non riesce a fare una curva stretta e si schianta contro il muro di una chiesa. A 130 chilometri all’ora, l’urto è tremendo, il boato sembra una bomba, la chiesa sembra tremare e forse lo fa sul serio, impaurita lei stessa per le vite che si sta portando via.
Luisa Razzonico e Franco Simontacchi muoiono sul colpo.
Il sogno di Luisa si infrange lì, nella carcassa silente dell’Aurelia, in qul numero 133 accartocciato sulla fiancata.

(1954. Il sogno infranto di Luisa Rezzonico)

Ad memoriam

Di Luisa Rezzonico rimane il ricordo del sogno di una ragazza che aveva visto il suo futuro nel volante. Sogno suo e di tante altre ragazze che non si sono mai accontentate di rimanere a bordo pista e che mai rimarranno a bordo vita.
A sua memoria, alcuni mesi dopo la Coppa delle Dame diventerà il Trofeo Luisa Rezzonico.
Avere paura è normale. Avere paura, in certi casi, è anche sano.

Luisa però non ha mai avuto paura, neanche di andare a gareggiare da un’altra parte.
Buona fortuna Luisa.

Giulia Colasante si affaccia al mondo nell'ultimo anno del secolo scorso, in tempo per sentirne raccontare in diretta, abbastanza per rimanerne incuriosita. Giornalista pubblicista, laureata in Filosofia e in Scienze Cognitive della Comunicazione e dell'Azione, continua a studiare il futuro che attende lei, ma anche un po' tutti gli altri.

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