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John McFall. Il nuovo uomo delle stelle.

Nel 2000 un incidente costringe John Mc Fall a fare i conti con la vita e a ripensarla. Lo fa alla grande. Nel 2008 è in pista all'Olimpiade di Pechino. Nel 2016 si laurea in medicina e si specializza in ortopedia. Il 23 novembre 2022 diventa il primo uomo con disabilità reclutato per una classe spaziale. Le stelle sono tutte per lui.
John Mc Fall

John McFall è un uomo dallo sguardo sereno. Negli occhi leggi ancora una traccia di timidezza quasi infantile mentre tenta di tenere le mani a freno e spiega perché è proprio lui il candidato perfetto per il viaggio.
Questo però non è un viaggio qualunque. Nel pronunciare “viaggio spaziale” John McFall sembra realizzare solo in quel momento che sì, il 23 novembre 2022, l’Agenzia Spaziale Europea ha sceto anche lui per la nuova classe spaziale.
Ma le stelle non si sono sempre profilate nella linea d’orizzonte di John. Probabilmente, il mestiere dell’astronauta lo aveva lasciato tra i sogni di bambino cresciuto in fretta.
John nasce nel 1981 a Frimley nel sud del Regno Unito, fra spigolose colline e strade acciottolate di campagna. È appassionato di sport, ama la corsa e l’hockey, ama sentire i muscoli tendersi e distendersi sotto la pelle, ama sentirne la forza e ama il sacrificio degli allenamenti. Viene da una famiglia di militari. Mosso anche dal desiderio mai sopito di rendersi utile e di ridare alla comunità tutto quello che ha ricevuto, decide di proseguire la tradizione di famiglia.

Tutto cambia

A diciannove anni, nonostante il richiamo al dovere, vi è anche il desiderio di svagarsi, uscire dalle brughiere inglesi e vedere il mondo. John concluso il liceo decide di prendersi un anno sabatico e partire per la Thailandia.Se oggi ripensa a quel mare azzurro e a quelle strade sempre così rumorose non può far a meno di sorridere prima di avvertirne l’amarezza.
Sì, perché John mentre prende una curva stretta per uno dei vicoli di Ko Samui perde l’equilibrio, cade e, nel tentativo di tenere la moto in piedi, mette in mezzo la sua gamba che finisce schiacciata dal peso del mezzo. Il dolore è sordo, lancinante, un bianco che acceca e non lo abbandona fino a quando non si riprende, non riesce a comprendere neanche quanto tempo dopo, in ospedale a Bangkok.

Il risveglio non è un sogno

Nonostante si sia svegliato, tutto rimane confuso. I medici gli parlano in una lingua che non capisce, è spaventato e questo rende tutto ancora meno comprensibile.
Dopo tre giorni il responso è senza appello: la catena della moto ha reciso diversi vasi sanguigni della gamba. Bisogna amputare.  John forse per la prima volta nella sua vita sente fuggire via speranza, ottimismo e futuro.
Di nuovo il bianco accecante si fa spazio nella sua linea di visione mescolato solo a dolore, ma anche a una flebile sensazione di conforto nel sapere che lui è ancora su questa terra, vivo e in grado di vedere ancora un altro tramonto dalle grandi finestre dell’ospedale.
Al resto penserà più tardi.
Torna in Inghilterra, dove lo aspettano diverse settimane di riabilitazione a Londra. Deve ricostruire l’immagine di sé e del futuro che aveva immaginato, deve scendere a patti.
A volte, però, il patto migliore è accettare la sfida.

Un nuovo corpo. Il suo

L’anno successivo lo passa a casa, cercando di fare i conti con la sua condizione e con quello che potrà farne.
Quello che gli pesa più di tutto è l’immobilità, il dover trovare la pazienza di compiere passetti piccolissimi per permettergli di tornare a far qualcosa che aveva sempre dato per scontato. Sono giorni di cadute, fisiche e non, di momenti di sconforto, ma anche di gioia nel vedere come la ferita inizi a rimarginarsi e il dolore torni ad essere sotto controllo.
Presto la staticità della campagna inglese si contrappone con l’agitazione di John che, nel vedere i grandi campi che lo attendono là fuori, non può far a meno di convincere oggi sua madre, domani qualche amico ad accompagnarlo per passeggiate sempre più lunghe, testando la forza della sua protesi e dei muscoli. Improvvisa, elettrica come un fulmine, ricompare la meravigliosa sensazione di avere il proprio corpo in movimento. Diverso da come ricordava, ma suo.

John McFall
(John McFall a Pechino 2008)

La libertà della corsa

John sente il fiato farsi sempre più forte, i muscoli invigorirsi e la mente diventare più leggera; realizza che è nello sport che potrà trovare tutto quello che l’incidente ha tentato di portargli via. Nell’estate del 2003 riceve la sua prima vera protesi su misura, la testa subito e riprende gli allenamenti con la stessa passione e cadenza di prima. Velocemente rimodella i suoi progetti: si iscrive alla Swansea University, dove prende la laurea in Sport and Exercise Science per poi conseguire il master all’Università del Galles nel 2005.
John non smette mai di correre e allenarsi. Spesso è il primo a prendere posto sulla pista di atletica del campus, cercando di non notare gli sguardi che osservano la sua protesi con malcelato stupore.  

La vita trova la strada

Per lui ormai è diventata la normalità, ma non sempre è facile ignorare il mal di schiena che lo colpisce dopo o il rossore che non abbandona le gambe. Si rivolge alla Federation of Disabilty Sports Wales. Non passa molto tempo che riceve le sue prime “lame”, protesi in fibra di carbonio modellate apposta per l’atletica leggera.
Presto viene selezionato dall’ex atleta Darrell Maynard per allenarsi nella sua squadra di normodotati.
È una vita che trova la sua strada. Di corsa.
John viene selezionato per i campionati europei, primo passo per le qualificazioni alle Olimpiadi. Nell’agosto del 2005, ad Espoo in Finlandia, si trova a vincere la medaglia di bronzo nei 200 metri. Cambia tutto e John si ritrova in un programma finanziato per il sostegno agli atleti.

Direzione Pechino 2008

John si allena, corre e corre al punto che sono le medaglie che iniziano a rincorrerlo.
Nel 2007 è  primo al mondo, nella sua categoria, per i 200 metri e secondo per i 100 metri.
Accade così quello che ogni atleta sogna: è  nella squadra che rappresenterà il Regno Unito alle Olimpiadi.

Inizia un periodo di allenamenti ancora più intenso, ha pochi mesi per arrivare al massimo della forma. Un periodo che John racconta con  british humor in una serie di video pubblicati dal The Telegraph.
Estate 2008 John McFall fa il suo debutto alle paralimpiadi di Pechino, categoria T42.
Il ragazzo che voleva fare il militare. e che è dovuto scendere a patti con la vita, ora è sulla linea di partenza con la Union Jack sul petto.
Poi tutto accade.
John corre, corre veloce e arriva al terzo. Medaglia di bronzo dietro Canada e Germania ed è una gioia immensa.
Ritorna verso casa scegliendo la strada lunga. Ha la possibilità di prendersela con calma e se la vuole godere.  Compra un biglietto per la transiberiana, attraversa in treno Cina, Mongolia, Russia e arriva fino in Italia. A  Roma incontra la sua ragazza con cui poi tornerà a casa verso novembre.

Una nuova avventura

Ma John McFall non vuole fermarsi alle Olimpiadi e allo sport in generale, la fame di avventura dentro di sé non sembra essere saziata. Il suo obiettivo rimane aiutare le persone. Come farlo se non diventando medico? Si iscrive alla Cardiff University School of Medicine, nel 2016 si specializza in ortopedia e diventa membro del Royal College of Surgeons.
Mentre studia, compie il praticantato come infermiere a Cardiff, sentendo che forse davvero è questa la sua strada: un mix di allenamenti fisici e mentali. Nel frattempo, infatti, è diventato anche mentore per il Paralympic Inspiration Programme, un sistema volto a incentivare e aiutare aspiranti atleti del futuro.
Dopo la sua laurea, fra il 2016 e 2018, completa gli studi per diventare chirurgo e ottiene anche numerosi premi in Anatomia e Dissezione alla Medical School.
Ogni tanto, nel caleidoscopio di attività che lo vedono protagonista, si concede di fermarsi un attimo, guardare indietro e sorridere quando qualcuno ancora lo riconosce per strada. Il suo compenso maggiore però è vedere gli sguardi sorridenti dei suoi pazienti e della sua famiglia.
Il destino, però, sembra non volersi fermare.

John Mc Fall
(John McFall prossimo astronauta. Photo credit: ESA)

Prossima destinazione: le stelle

È a metà 2022 che l’Agenzia Spaziale Europea apre le candidature per la sua nuova classe di astronauti.
Quasi per scherzo John McFall manda la sua candidatura, convinto che un medico/atleta disabile non abbia nessuna possibilità di rientrare nei parametri richiesti.
Non sarà così.
Il 23 novembre John McFall entra nella storia come primo astronauta disabile, incaricato di analizzare il modo in cui il suo corpo reagisce in una situazione di microgravità e in che modo si possano superare una serie di ostacoli che un viaggio simile comporta.
L’Agenzia Spaziale Europea pubblica una sua breve intervista in cui il neo astronauta sottolinea quanto la scienza e la prospettiva dell’esplorazione spaziale sia un qualcosa per tutti, una frontiera che tenta sempre di più di abbattere quei confini che anche solo alzando lo sguardo al cielo sembrano qualcosa di così sciocco.

Tutto si può fare” sembra sussurrare il cielo sopra di noi

John McFall non ha subito guardato allo Spazio, ma sicuramente, in qualche modo, ci ha sempre creduto.
Perché noi non dovremmo fare lo stesso?

Giulia Colasante si affaccia al mondo nell'ultimo anno del secolo scorso, in tempo per sentirne raccontare in diretta, abbastanza per rimanerne incuriosita. Laureata in Filosofia all'Università di Roma Tre, per tentare di capire il futuro che l'attende studia Scienze Cognitive della Comunicazione e dell'Azione. Che attende lei, ma anche un po' tutti gli altri.

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