Per lenuove generazioni probabilmente questo nome significa poco e niente. Per chi invece ha vissuto la Roma degli anni 70/80 e del secondo scudetto significa tantissimo.
Iniziamo col dire che il ruolo di Dirigente accompagnatore era solo sulla carta.
Fernando Fabbri è stato il papà di una serie di calciatori che hanno vestito la maglia giallorossa. Ne sanno qualcosa Bruno Conti, Carlo Ancellotti, Agostino Di Bartolomei…
Un “omone” sempre accanto ai tutti, a dare e dire parole di conforto, confessore, amico e, scusate la ripetizione, dovuta, papà. Ricordo una frase bellissima che riguarda l’addio al calcio di Bruno Conti, quando Fabbri confessò tutta la sua grande emozione e amarezza nello stare per l’ultima volta accanto a un grande mito del calcio romano e romanista.
Certi valori non si dimenticano tanto facilmente, e se nel mezzo c’infili anche puri sentimenti ecco che la lacrima di nostalgia ricopre il ruolo di protagonista, almeno per tutti quelli che, come me, hanno vissuto la Roma popolare, grintosa e testaccina, mai però forte a tal punto di vincere qualcosa di importante, almeno fino al campionato ‘82/’83.
Fernando Fabbri e il Presidente
Dipendente del servizio pubblico di trasporti, voluto fortemente alla Roma da un certo Aldo Pasquali che, segnalò quest’omone al Presidentissimo Dino Viola, inizialmente Fabbri svolse il suo ruolo nel settore giovanile della Roma. Fu poi Viola che un giorno lo convocò e lo “promosse” a Dirigente accompagnatore della prima squadra. Molti antichi tifosi, quelli più incalliti, certamente ricordano un duetto tra i due grandi uomini, due gentiluomini che è difficile vederne ancora. Fabbri dopo aver ricevuto tale importante incarico, umilmente, disse al grande Viola, che aveva timore di ricoprire quel ruolo, non si sentiva preparato. Viola dal canto suo rispose a suo modo dicendogli che doveva stare tranquillo, se fosse capitato qualcosa di incompetente, lo avrebbe serenamente licenziato.
Un compleanno di cuore
Per quindici lunghi anni ha ricoperto con umiltà e professionismo un ruolo importantissimo come quello del vero dirigente accompagnatore, colui sempre pronto ad ascoltare e a donare consigli di vita a chiunque tanto da essere riconosciuto da Viola, la sua seconda voce nello spogliatoio: “Quello che dice Fernando Fabbri, fate finta che l’ho detto io!”
Nel 1988, il mese di febbraio, per il giorno del suo compleanno, gli fecero trovare sul piazzale di Trigoria un’auto nuova, tutta infiocchettata, in sostituzione di una vecchia Fiat 127 di colore verde. Qui, permettetemi, tengo a precisare che l’iniziativa presa fu tutta di Giuseppe Giannini.
Quando un uomo riesce, nel suo ruolo, ad entrare nel cuore di tutti i componenti di una squadra, significa che il suo lavoro non lo svolge soltanto bene, c’è qualcosa in più che va oltre le precise regole aziendali, sentimenti, valori e affetto, qualcosa di estremamente speciale.
Piazza Quinto Curzio
Perché ho voluto ricordare questo personaggio dal cuore tutto romano e romanista, presto detto. Fernando Fabbri abitava con la sua famiglia a poca distanza da casa mia, suo figlio, Fabio, è cresciuto con me e con i ragazzi del bar che tutti noi frequentavamo in Piazza Quinto Curzio, periferia estrema di Roma Cinecittà. Spesso proprio con Fabio Fabbri andavamo a vedere gli allenamenti a Trigoria su quella tribunetta aperta al pubblico, senza disturbare niente e nessuno, neanche lo stesso Fernando.
Spesso capitava che, finito il turno di lavoro alla vecchia e mitica Stefer, Fabbri passasse per quel bar, noi tutti che lo conoscevamo bene lo aspettavamo impazienti di sapere qualche notizia del tutto particolare, che nessuno sapeva e nessuno avrebbe riportato sui quotidiani. Ricordo bene che lo tempestavamo di domande, una dietro l’altra alla ricerca di qualche cosa che solo noi sapevamo…una specie di santone circondato dai suoi fedeli adepti.
Un ricordo personale
Un particolare episodio che mi ha visto protagonista lo voglio però raccontare.
Erano i giorni che si avvicinavano alla maledetta finale di Coppa dei campioni, la mitica, l’unica perché erano solo le prime squadre a disputarla, chi aveva vinto il proprio campionato nazionale, senza seguito di seconde, terze e quarte classificate. La Roma, si allenava allo stadio Olimpico, quel pomeriggio mi recai allo stadio cercando, chissà come, entrare a veder gli allenamenti. Al cancello della tribuna Monte Mario dissi all’impiegato presente che ero stato invitato da Fernando Fabbri a vedere l’allenamento, fandonia più ridicola e assurda che in quel momento potessi sostenere (vergogna assoluta…). L’impiegato, con estrema gentilezza, mi domandò, guardandomi fisso negli occhi, quanti nipoti avesse avuto Fabbri in virtù di altri ragazzi che si erano presentati prima di me con la stessa banale scusa…
Non sono solo i calciatori e i Presidenti a fare la storia di una squadra
La storia di una squadra la fanno anche alcuni personaggi che, pur in ruoli completamente diversi, sono parte integrante di quel sentimento che lega una tifoseria ai colori della maglia.
Fernando Fabbri è stato uno di quelli.