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La Cavalcata dei Monti Pallidi. Una favola del Giro

Una favola delle Dolomiti, il genio di patron Torriani, gambe e scorza di gente come Taccone, Meco, Baldini e Balmamion. Altri Giri, altro mondo. La Belluno-Moena non è una tappa, è una leggenda o, forse, una favola dimenticata.
Taccone Cavalcata dei Monti Pallidi

C’era una volta nel Regno delle Dolomiti un principe che aveva sposato una bellissima fanciulla, ma i monti scuri e cupi tra i quali vivevano rendevano la principessa malinconica. Poi un giorno il principe incontrò uno gnomo in cerca di una terra per il suo popolo, il quale gli propose, in cambio del permesso di abitare con la propria gente in quei boschi, di rendere luminose le montagne del regno. Siglato il patto, gli gnomi tessero per una intera notte la luce della Luna intorno ai monti scuri, fino a quando ogni roccia non cominciò a risplendere di un pallido bianco. Fu così che la principessa triste tornò a sorridere e le Dolomiti presero il nome di Monti Pallidi.

Vincenzo Torriani
(Vincenzo Torriani)

Quel genio di Torriani

A prima vista il tempo dei principi e delle principesse sembrerebbe finito da un bel pezzo, però il ciclismo, a torto o a ragione, si porta dietro l’etichetta di sport romantico, così nel 1962 il gran patron del Giro Vincenzo Torriani pensò bene di andare a ripescare quella vecchia favola che abbiamo appena raccontato e decise di ribattezzare la Belluno-Moena, il tappone dolomitico di quell’anno, la Cavalcata dei Monti Pallidi. A mio parere, un colpo di genio. All’improvviso invece che sulle Alpi sembrava di essere tra le Montagne Rocciose con le tribù indiane all’orizzonte. Eccoli gli Apaches, i Sioux, i Cheyenne, i Cherokee, i Mescaleros, sono tutti lì dietro le rocce che aspettano i corridori. Chissà per chi tifano? Forse, anzi senza forse, Torriani non sapeva neanche cosa fosse il marketing, ma quella sua idea sarebbe da studiare. Credo che alla Bocconi la definirebbero una perfetta case history.

Arriva l’Armata Rossa

Per restare allo sport, me ne viene in mente un’altra che ha fatto epoca. All’inizio degli anni Sessanta cominciavano le grandi sfide nella Coppa dei Campioni di basket e c’erano le prime trasferte in Occidente delle squadre russe. Tra queste spiccava il CSKA Mosca, sigla ostrogota e del tutto sconosciuta ai più. In realtà era la squadra dell’esercito. Da questo un giornalista francese ebbe l’idea di ribattezzare il CSKA chiamandolo Armata Rossa. Un vero colpo di genio che con un nome evocativo colpiva la fantasia anche dei non tifosi e che ha fatto avvicinare al basket frotte di nuovi appassionati.

Cavalcata dei Monti Pallidi
(Vincenzo Meco)

Torniamo al Giro

In quel giorno del 1962 la Cavalcata dei Monti Pallidi venne salutata da nuvole basse e folate di pioggia ghiacciata che ben presto si trasformarono in una bufera di neve. A un certo punto, superati i passi Duran, Forcella, Staulanza e Cereda, molti corridori cominciarono a cadere sul ghiaccio come birilli, altri ormai semiassiderati si ritirarono, qualcuno venne dato addirittura per disperso nella tormenta. Diventò impossibile proseguire e la giuria decise di istituire un traguardo di emergenza in vetta al passo Rolle e di chiuderla lì, rinunciando agli ultimi due colli. Per la cronaca, la vittoria andò all’abruzzese Vincenzo Meco che arrivò con tre minuti di vantaggio su Baldini e Massignan. Una tappa monca che potrebbe sembrare un mezzo fallimento, ma il cui ricordo è entrato di diritto nella leggenda del Giro.

Torriani vedeva lungo

Il patron Torriani, che aveva il naso buono e il fiuto di un segugio, ripropose pari pari la Cavalcata dei Monti Pallidi l’anno dopo. Sempre 198 chilometri da Belluno a Moena. Tempo da lupi anche questa volta, ma almeno niente neve e così la tappa diventò durissima e decise quel Giro d’Italia. Fino ai piedi del Passo Rolle nessuno si muove, poi parte Taccone insieme a Zilioli, Enzo Moser e a qualche altro. Sono tutti fuori classifica e nessuno li insegue. Piove, fa freddo, fango sulle strade e sulla penultima salita, il Passo Valles, la maglia rosa Adorni va in difficoltà, ha un cedimento e perde la ruota di Balmamion, un piemontese duro e inossidabile. La tappa la vince Taccone e Adorni, per colpa di quella “crisetta” arriva con due minuti e mezzo di ritardo. Quanto basta per perdere il Giro ed essere secondo in classifica a 2’24” da Balmamion.

Cavalcata dei monti Pallidi
(Ercole Baldini e Huub Zilverberg)

Il tappone dolomitico

Oggi le Dolomiti sono sempre lì e ogni anno il Giro d’Italia paga il suo tributo a quelle montagne che letteralmente trasudano ciclismo. Il tappone dolomitico è un appuntamento irrinunciabile, anche se negli ultimi tempi si è un po’ persa l’abitudine di chiamarlo Cavalcata dei Monti Pallidi. Forse perché il patron Torriani non c’è più o forse per qualche altra misteriosa ragione che magari un giorno i “geni” del marketing che hanno preso il suo posto si degneranno di spiegarci.

 

Silvano Calzini è nato e vive a Milano dove lavora nel mondo editoriale. Ama la letteratura, quella vera, Londra e lo sport in generale. Ha il vezzo di definirsi un nostalgico sportivo.

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