Papà, fratelli ed io
A Rosadele Facetti non dà fastidio l’odore della benzina. Rosadele non arriccia il naso quando si passa una mano tra i capelli e non si accorge di quanto siano intrisi di olio per motori. Rosadele non si vergogna quando deve chiedere una mano per stringere qualche bullone testardo.
A Rosadele piace il mondo dell’officina. O meglio, Rosadele vive il mondo dell’officina.
Per lei è una questione di famiglia.
Suo padre Piero è stato prima pilota e poi meccanico di piloti come Tazio Nuvolari, Alberto Ascari e Juan Manuel Fangio; nel mondo sempre più veloce degli anni ’60 loro sono già leggende. Sia lei sia i due fratelli, Giuliano e Carlo, sono stati coinvolti fin da piccoli nell’impresa familiare, nessuno escluso. Nonostante la tradizione di famiglia, Rosadele alle corse non pensa più di tanto. Certo, appena ha potuto ha preso la patente (la promessa di una 500 nuova fiammante è stata un buon convincimento) e ogni tanto gareggia amichevolmente contro il fratello Carlo, ma niente di più. Lei è contenta così, il mondo delle macchine è stato buono con la sua famiglia e lei è semplicemente contenta di poter fare la sua parte. Non sono sogni di grandezza ad animarla quanto la consapevolezza di star seguendo la giusta strada.
Qualcosa cambia
Il 1964 sembra un anno come gli altri: il lavoro all’officina procede bene, lei tiene la contabilità e ormai si occupa di tutti i rapporti con i fornitori. Suo padre adesso è il preparatore ufficiale della Lancia e ormai casa Facetti è diventata luogo di ritrovo per tantissimi piloti.
Questa volta è il turno di Giorgio Pianta che, passato a ritirare la macchina per un trofeo organizzato a Monza, ha trovato ad attenderlo Rosadele, ancora con la tuta da meccanico addosso.
L’invito è del tipo che un amico potrebbe fare “Ti va se andiamo insieme all’autodromo?”, a Rosadele non sarebbe neanche servito chiedere.
In una sequenza di eventi quasi impossibile da seguire, Rosadele partecipa alla sua prima gara, seppur amatoriale. Con la stessa Fulvia che ha appena finito di rifinire, arriva terza nella classe 1600 vivendo per la prima volta il terreno di gara da dietro il volante e non dagli spalti.
È emozionata, non si era svegliata la mattina pensando che avrebbe partecipato ad una gara eppure è con il sorriso che il padre la accoglie al ritorno a casa.
Quella sera stessa, al tavolo della cucina, Piero e Rosadele discutono di corse e di motori, per la prima volta sotto una veste nuova.
“Devi essere onesta con me, Rosina. È questo che vuoi fare? – gli domanda il padre – gareggiare come Giuliano e Carlo?”. Il tono non è condiscendente, trapela affetto, ma anche preoccupazione e lui è attento nell’osservare il volto della figlia.
“Onestamente? Sì” è tutto quello che Rosadele riesce a dire.
Finalmente anche la terza Facetti scende in campo.
La prima Lancia
Torino, 1965. Piero le compra una Lancia Fulvia 2C, più leggera e maneggevole, che subito battezza in gara.
La sua prima competizione ufficiale è la cronoscalata Castellarquato-Vernasca in cui arriva al sesto posto. La Fulvia è veloce e Rosadele sa come spingerla al massimo, ma tutto questo non basta se paragonato alle capacità dei suoi avversari che possono contare su macchine molto più potenti.
Rosadele però continua, osserva i fratelli già piloti, cerca di capire i segreti della guida e come poter battere quelle macchine che sembrano quasi di un altro pianeta rispetto alla sua. Deve farsi le ossa, ma in fondo anche la gavetta non è male. Arriva nona nella scalata Malegno-Borno, solo due secondi e mezzo dietro al fratello Giuliano e alla sua Alfa Romeo. Ad attendere entrambi i fratelli, ci sarà ovviamente il padre che, per quell’occasione, si è trovato a correre da una parte all’altra dei box di partenza. Sia mai che uno dei due fratelli riceva più sostegno dell’altro.
Il primo argento
Rosadele finalmente ingrana la marcia giusta nella gara successiva, l’Alghero-Scala Picada, ottenendo l’argento. La vittoria supera la celebrazione della singola persona e diviene un successo collettivo per l’intera famiglia Facetti, ormai riconosciuta come una fucina di talenti.
Rosadele, per fortuna, continua a vivere il periodo delle gare come un gioco, un’occasione per poter vedere sotto un’ottica differente tutti quei piloti che per anni hanno girato nell’officina del padre. Ora lei non è più “la figlia di Piero”, semplicemente è Rosadele la pilota; una di cui aver paura, per di più.
Campionessa
Nel 1966 arriva un altro grande riconoscimento: campionessa assoluta femminile, per aver disputato tutte le gare della sua categoria, tranne la Coppa Carri. Rosadele non vuole ammetterlo ma quel premio, quella targhetta con il suo nome sopra sono più di un semplice riconoscimento di merito. Il trofeo è la dimostrazione materiale delle sue capacità e del suo coraggio, doti famiglia, certo, ma resi tangibili grazie ai suoi sforzi personali. Il dubbio che questa passione si stia trasformando lentamente in un lavoro a tutti gli effetti inizia a diventare quotidiano.
Las Temporadas
Nel 1967 Rosadele va oltreoceano e gareggerà in monoposto. Ruote scoperte, un altro mondo, il mondo della Formula Suo fratello, ha già gareggiato con la sua monoposto a cinque Las Temporadas in Argentina, questa volta ci sarà anche lei. Las Temporadas sono famose per essere uno dei principali ritrovi estivi del mondo delle corse, luogo di ritrovo per i più grandi piloti europei e sudamericani. I due Facetti gareggiano a bordo di una Tecno TF/66 per la Scuderia Madunina. Il lungo viaggio, la nuova esperienza, un nuovo stile di guida; Rosadele decide di essere prudente, di gareggiare senza eccessi con l’unico obiettivo di concludere la gara. Disputa la prima corsa a Buenos Aires, arriva ventesima, ma è convinta di aver comunque completato una buona gara, con ancora i “fai attenzione, ti prego” della madre nelle orecchie.
L’incidente di Mar del Plata
La seconda corsa è a Mar del Plata, tracciato cittadino di cui non si parla bene. La voce comune è che sia un circuito pericoloso, con strade non completamente chiuse e una moltitudine di persone che affollano ogni angolo, rendendo così difficile per i piloti prendere le giuste misure. Rosadele inizia la gara cercando di mantenere una velocità costante che la faccia essere sempre padrona del mezzo. La scelta della regolarità sembra essere giusta, ma al quindicesimo giro tutto cambia. Una macchia d’olio le fa perdere il controllo, la macchina inizia a vorticare a velocità forsennata. Le persone a bordo strada si animano tutte insieme come fossero formiche impazzite e cercano riparo dalla traiettoria imponderabile della macchina impazzita. Rosadele cerca di evitare il peggio: prova a tenere la macchina, a spingerla verso un muro anche a rischio di rimanere gravemente ferita. Qualcosa va storto però. La vettura sembra prendere il volo, quasi come una navicella spaziale, e atterra in mezzo al pubblico.
Rosadele ne esce incolume ma il bollettino è tragico: un uomo morto e di diversi feriti.
“Avevo davanti a me un muro umano. In pochi secondi pensai che se fossi uscita lì avrei fatto una strage. Sulla destra c’era un muretto – «Mi spezzerò le gambe…» – pensai – «Pazienza…». Quando corri non pensi mai di poterti fare male seriamente o di morire. Sterzai in quella direzione, ma prima del muretto c’era un marciapiede che mi fece da rampa di lancio: la macchina decollò e piombò tra il pubblico. Io non mi feci nulla, ma un uomo morì e diversi spettatori rimasero feriti” così racconta Rosadele in una vecchia intervista.
La gara, ovviamente, si conclude così.
Tu sai chi sei
A Mar de la Plata tutti sono d’accordo nel ritenere l’incidente una fatalità, senza colpa della pilota ma, semmai, di chi aveva consentito gli assiepamenti di persone lungo il percorso di gara.
La stampa italiana però non la vede così. Rosadele al suo ritorno è accolta da pagine di quotidiani che la descrivono come una pilota superficiale, più attenta allo scoop che alla gara e al rispetto delle regole. Lei cerca di raddrizzare la situazione: racconta la propria versione dei fatti, si spende in parole di vicinanza per i feriti eppure tutto quello che ottiene è tornare al punto di partenza.
Rosadele è una pilota, ma in questo momento molti la vedono solo come una pericolosa ragazzina distratta.
La frase peggiore, quella che davvero la colpisce è anche una delle più semplici “forse non correrà più”.
Per qualche tempo, Rosadele è quasi pronta a lasciarsi convincere. Suo padre, però, non è d’accordo. Con una scusa la riporta in officina e nel giro di qualche minuto assiste al ritorno di quella che davvero è sua figlia, la grintosa e coraggiosa Rosadele Facetti.
“Chi conta davvero, sa cos’è successo, ma soprattutto sa chi sei tu”. Con poche parole la pilota è caduta, ma con altrettante è pronta a tornare.
La Targa Florio
Rosadele si lascia il mondo delle monoposto alle spalle, riuscendo comunque a ottenere per la seconda volta il titolo di campionessa assoluta femminile. Che i giornali parlino, lei ha altre gare da vincere.
Ben presto, trova anche il suo prossimo grande obiettivo: la Targa Florio. S’iscrive nel 1968 in coppia con la campionessa inglese Pat Moss, condividendo una Lancia Fulvia HF. È una notizia che fa gola a tanti: due donne, entrambe nate in famiglie di piloti che gareggiano insieme; praticamente un duo perfetto. L’affetto che le lega è tangibile, ritrovandosi a vicenda in un mondo che invece le vorrebbe antagoniste. L’intesa vincente gli permette di arrivare diciannovesime nella classifica generale e none in quella di categoria.
Dopo alcuni anni in cui il suo ruolo è meno prominente, Rosadele torna a gareggiare nel circuito delle Madonie nel 1972, questa volta accompagnata dalla francese Marie-Claude Beaumont.
L’ordine di gara è che sia lei a partire per prima, ma un cambio di programma fa invertire i posti alle due. Non riescono a concludere neanche il secondo giro che un problema al motore purtroppo le costringe a ritirarsi.
Un nuovo capitolo
Nel 1973 i campionati italiani si spostano quasi tutti all’interno dei circuiti, ma lì Rosadele si sente ristretta. Lei si trova molto più a suo agio nelle cronoscalate, fra tornanti ripidi e paesaggi che scorrono, cambiano e affascinano.
Rosadele corre la sua ultima gara nel settembre del 1974. Al traguardo la precede un giovane pilota siciliano quasi sconosciuto, Erasmo Bologna. I due si stringono la mano di rito. Non possono sapere che di lì inizieranno una relazione per poi sposarsi l’anno successivo.
Con il matrimonio, Rosadele smette i panni da pilota, torna nell’officina del padre e aiuta a bordo pista il fratello. Deve prendere le misure con il constatare come poco a poco il suo ruolo cambi da “Rosadele, la pilota”, a “Rosadele, la moglie di Erasmo”. Inutile pensare che non le sia pesato; spesso una vena di malinconia le apre il cuore ravvivandole il ricordo “quei bei vecchi tempi andati.” Tempi che per lei andati non sono mai stati davvero.
Rosadele Facetti è un racconto di famiglia, la storia di una passione, la forza di una vocazione.
Nulla che possa far temere il tempo che passa.
Nulla che non possa far amare il tempo passato.