A maggio sono 29
Non è il galoppo, ma il trotto l’andatura naturale del cavallo. La sincronia del movimento degli arti, anteriore e posteriore, sinistro destro, posteriore ed anteriore, destro e sinistro a battute ritmiche, uguali. L’appoggio è simultaneo, diagonalmente. La pista ha un fondo sabbioso, il cavallo traina il sulky a due ruote dove siede il guidatore.
Il 19 maggio 2024 Varenne festeggia 29 primavere. È una bella età, Capitano mio Capitano, per un umano si traduce in novanta anni o giù di lì. È una notta di tregenda, una tempesta di pioggia e vento quella che si abbatte sulla tenuta di Zenzalino, Copparo, provincia di Ferrara, quando mamma Ialmaz, generosa saura italiana, partorisce. È un baio oscuro, maschio, predestinato. Si chiama Varenne come la rue della nostra ambasciata di Parigi, un omaggio al suo quarto di sangue francese. Papà Waikiki Beach è stato un buon cavallo “yankee” da corsa, nel suo palmares ci sono American National, Matron Stakes Final e piazzamenti nel Kentucky Futurity e Historic Dickerson Cup.
Sono origini tutt’altro che plebee, anzi la premonizione indica precocità, velocità, determinazione e fondo.
Da qui ad immaginare quello che sarà, nemmeno Mandrake o Hans Christian Andersen.
Oggi Varenne vive a Villanterio, provincia di Pavia
La routine quotidiana non può non essere che all’insegna della serenità. Si sveglia molto presto, fa colazione con una bella razione di mangime e fieno, l’ingordigia non è mai stata una sua caratteristica. Di carote ne mangerebbe a volontà, ma sa che non decide lui. Una mezz’ora di stretching muscolare come da prescrizione veterinaria, l’osteopata si vede una volta al mese. Se non è di monta, esce a passeggiare lungo il fiume, a sella o a mano. La mobilità è importante a quest’età, ma Varenne è libero di decidere quando uscire e rientrare dal box. Non è solo, il suo paddock è vicino ad altri cavalli, ha le sue amicizie, riconosce i momenti di relax e quelli in cui si deve concedere agli altri, per la monta, per le foto. È unico, sa farsi capire sempre, lui che riconosce italiano e finlandese, conosce il suo ruolo, le attenzioni non lo disturbano, anzi sembra sempre contento di essere al centro dell’attenzione.
L’esordio in pista
Non ha ancora tre anni per il suo esordio in pista a Bologna: squalifica per rottura prolungata di galoppo. Il driver lo lascia continuare, la sua corsa di rimonta fino al ridosso del vincitore non sfugge agli addetti ai lavori. Lo acquista Enzo Giordano per 180 milioni di lire, signora cifra per un novellino. Tor San Lorenzo, alle porte di Roma, è la nuova casa. L’allenatore è il finlandese Jori Turja, il driver l’italiano Giampaolo Minnucci.
L’ultima corsa
L’ultima corsa del miglior trottatore di tutti i tempi è del 28 settembre 2002 a Montreal, curiosamente un’altra squalifica. Data spartiacque. Da una parte una trafila di successi inarrivabili, dall’altra tremila e passa figli. 51 Gran Premi. 2 Amérique parigini, 2 Elitlopp di Stoccolma, la Breeders Crown di New York con il record mondiale di 1’09″1, 3 Lotteria di Napoli, il Derby italiano del 1998. Imbattuto nel 1999, 14 su 14. Nel 2001 suo il primo grande slam (Agnano, Parigi, Stoccolma) della storia, bissa l’impresa l’anno successivo.
L’Italia dei cavalli lo segue dal primo giorno
L’italiano medio scopre Varenne l’ultima domenica di gennaio del 2001 quando è già da due anni il migliore del mondo. Ma l’Amérique è un’altra cosa. Varenne sorpassa tutti, lasciamo tutti “Quelli che il calcio…” per vedere il Grand Prix in diretta su Rai Tre, c’è la voce strozzata di Claudio Icardi, l’entusiasmo straborda. Sua maestà, il re! Varenne si prende la gloria, novantesimo minuto, l’apertura dei notiziari.
L’Amérique
Sulla carbonella di Vincennes ci si inebria di qualcosa che sopravviverà a noi. Sono 2700 metri, un’attesa spasmodica, seimila italiani e in tanti tra loro a sventolare il tricolore, quello giusto. C’è l’appuntamento ma non il buio, il favore del pronostico pesa, qui c’è quel nastro con giravolta al via che può scombinare i piani, ci sono i ventagli e le rimonte impossibili, c’è l’ultima curva, c’è che non vinciamo dal ‘47 con Mistero e da allora non sappiamo quando toccherà di nuovo a noi.
Le false partenze
L’epica chiede spesso aiuto alla sconfitta per creare il mito. Un anno prima la bagarre delle partenze false ingolfa Varenne, resta maledettamente indietro quando l’avvio è finalmente valido, quaranta metri forse di più, la rimonta è prodigiosa, vale il terzo posto e la consapevolezza di essere il più forte del lotto. Il fascino dell’Amèrique è senza pari, omaggio alla nazione che lasciò tanti ragazzi sui campi di battaglia europei nella grande guerra, oggi – 21 gennaio 2001 – c’è il sole d’inverno e la certezza che non è un giorno come gli altri. Varenne è il numero 16, manco a dirlo, i due avversari più accreditati sono francesi, General du Pommeau, detentore del titolo, e la femmina Fan Idole. Iina Rastas, la straordinaria lad finlandese, sembra sussurrare le ultime raccomandazioni al nostro campione. Lo starter blocca la prima partenza e poi la seconda, peccato, Varenne era pronto, avverte l’importanza di fare la corsa, anticipare tutti. Minnucci deve trovare l’equilibrio tra tranquillità e voglia di spaccare il mondo.
Pronti, via!
Il terzo segnale è quello buono e Varenne parte ancora bene, al centro dello schieramento. Corsa di testa, è una scelta. Le falcate sono regolari, non ci sono accelerazioni brusche. Minnucci cerca di controllare destra e sinistra con la coda dell’occhio, Varenne mangia il terreno, non conosce altri avversari. Galopin du Ravary, Igor Brick sono i più tonici nelle prime battute, ma a distanza debita. La prima salita consente di capire meglio la situazione, Varenne avanti senza accenno di fatica o preoccupazione, il Generale in seconda pariglia esterna. È ancora lunga, ma Varenne è davanti sulla piegata che immette sulla dirittura decisiva. A metà della curva finale, Minnucci chiede l’ultimo sforzo, ma non c’è bisogno, Varenne sa che deve dare ancora qualcosa – e ne ha, ne ha ancora -, il Generale non si arrende, ma deve aggirare diversi avversari prima di poter provare ad avvicinarsi. Varenne non ha mai mollato la testa, la falcata è ora di una bellezza indescrivibile, la tribuna impazzisce d’Italia, onore al Generale ed al ritorno di Fan Idole, ma il cerchietto rosso dell’arrivo è nostro. Come più bello non si può immaginare.
La storia del trotto come in un film
Volano cappelli, sventolano bandiere, si canta “il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me” e poi, alla premiazione, Mameli e poi di nuovo “il treno dei desideri nei miei pensieri all’incontrario va“. Solo Varenne è calmo, senza sudore, pronto a tornare in pista se a qualcuno venisse non sia mai l’idea.
La bellezza aveva vinto prima e vincerà ancora dopo, e sulla stessa pista con ancora più italiani sulle tribune ed ancora più margine sugli avversari. La prima volta dell’Amerique però ha un sapore unico, che non siamo stati capaci di descrivere qui. Sappiamo poco di cavalli e di come si può diventare campione, sappiamo solo riconoscere le emozioni senza, per questo, metterle in fila. Ci vorrebbe il pennello di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, il genio di Guglielmo Marconi, il coraggio di Francesco Baracca, la voce di Luciano Pavarotti… Come lui, immortali. Come lui, emiliani.
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