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Io e Benedetta Pilato, cresciuti insieme

Vito D'Onghia, suo coach da sempre, racconta il talento di Benedetta Pilato e di come tra atleta e allenatore ci sia uno scambio continuo di insegnamento, di esperienze e di emozioni che migliora e perfeziona tutti e due.
Donghia cover ok

Benedetta Pilato, Benny per gli amici, nasce il 18 gennaio 2005 a Taranto e a soli quattordici anni e mezzo partecipa al suo primo campionato mondiale battendo anche il record di precocità di Federica Pellegrini, in una disciplina comunque differente da quella dell’atleta plurimedagliata. In ogni caso, fare paragoni non è quasi mai opportuno, si sa che in certi sport basta una manciata di anni per accorgersi dei mutamenti. La tarantina al momento è leader nella disciplina della rana in vasca corta. Ma già a tredici anni Benny si era presentata alla ribalta nazionale vincendo nel 2018 la medaglia d’argento ai campionati italiani di Riccione e nel 2019 la medaglia d’oro agli europei giovanili di Kazan’ in Russia. Da allora non si è più fermata. È doveroso infatti menzionare la medaglia d’oro e il record del mondo ai campionati europei del maggio scorso in Ungheria, dove ha cancellato quello dell’americana Lilly King. Una ragazza non raggiungeva una vetta così elevata dal 2007, ad opera dell’allora diciannovenne Federica nazionale.

Quando hai iniziato a percepire le potenzialità di Benedetta Pilato così precocemente formatasi e quale può essere il futuro dell’atleta, anche in prospettiva delle Olimpiadi di Tokyo?

Lo chiediamo al coach personale della nuotatrice, Vito D’Onghia, che in un momento di confidenze ha detto affettuosamente “Io e lei siamo cresciuti insieme” e che segue la ormai signorina Pilato sin da quando, la Benny bambina, dimostrò di avere una particolare famigliarità con l’acqua.

Era molto piccola quando mi è stata affidata, aveva appena compiuto cinque anni, nuotava nella vasca didattica, la vasca piccola. Benedetta aveva tuttavia qualcosa in più rispetto ai suoi coetanei, non in termini di acquaticità, ma per intelligenza, spigliatezza e furbizia, capiva al volo le cose, aveva la capacità di  mettere subito in pratica ogni suggerimento che le veniva dato.  Nel tempo ha dimostrato di avere grande capacità in acqua e da esordiente fece subito il tempo per accedere ai campionati italiani assoluti ai quali non poté tuttavia parteciparvi per via dell’età. Era ancora troppo piccola, aveva solo dodici anni. Da un lato compresi che aveva tutte le doti necessarie per poter diventare un numero uno, dall’altro io fui il primo a contenere l’entusiasmo. Il mio e forse anche il suo. Era opportuno essere cauti. Nel nuoto abbiamo avuto e abbiamo tanti talenti che poi si spengono nel breve perché vengono spremuti troppo e non riescono più a conseguire i risultati precocemente raggiunti. Con lei siamo andati, e direi continuiamo ad andare, con i piedi di piombo senza metterle pressione in termini di risultato ma solamente in termini di miglioramento e divertimento. Quando hai un’allieva, di sedici anni, per quanto molto brava, non puoi fare progetti a lungo termine. Lei deve viversi lo sport con passione, nella maniera più serena possibile e gli obiettivi devono esserle dati giorno dopo giorno, altrimenti il tutto diventerebbe logorante.

Vista la giovane età di Benedetta Pilato e gli eccellenti risultati da lei già raggiunti possiamo ritenere quindi che vi siano ancora margini di miglioramento.

I margini di miglioramento ci devono essere, sempre. Non esistono macchine perfette, nel nostro caso bisogna saper cogliere i punti di debolezza, sia dell’atleta che della donna, su cui lavorare. L’obiettivo non è il risultato ma il miglioramento, il risultato è la conseguenza.

Hai detto che sei cresciuto con lei, ci parli degli esordi e di come ti sei adattato a una tua allieva che vedevi crescere giorno dopo giorno e che avrebbe potuto darti le grandi soddisfazioni che hai già avuto e continuerai a ricevere?

Mi sono fatto carico di Benedetta Pilato quando ero l’allenatore della “Propaganda”, la preagonistica nel nuoto, sono poi diventato l’allenatore della Propaganda junior, a seguire degli esordienti B ed A. Sono poi stato designato come suo allenatore personale, prima nella categoria ragazzi, quindi negli juniores. Benedetta si è dimostrata sin da subito una velocista pura e io ho dovuto adattare le mie conoscenze al mondo della velocità con lo studio e i continui aggiornamenti cercando sempre di modellare gli allineamenti su di lei perché potesse esprimere al meglio il suo potenziale. Io sono cresciuto come tecnico e lo dimostrano i suoi crescenti risultati nel corso del tempo. Allenare un’atleta come Benedetta comporta qualche difficoltà in più, lei nasce come nuotatrice in vasca corta e le sue performance sono innate, quest’anno abbiamo raggiunto insieme la maturità anche nei cento metri dopo un lungo lavoro di costruzione e forti della sua esperienza, della mia e del tempo che vi abbiamo dedicato.

La realtà tarantina non offre grandi strutture sportive, tu e Benny siete costretti ad andare a Bari per l’allenamento in una vasca regolamentare. Come fate a coniugare lo sport e il privato?

Noi meridionali siamo abituati da secoli ad adattarci alle situazioni che si prospettano. Talvolta pure a piangerci addosso. Benedetta ha una grande capacità di coniugare studio, famiglia e allenamenti. Senza per questo ritenere che faccia grandi sacrifici. In questo siamo simili. La famiglia per lei è importante quanto la mia per me. Mia moglie e i bambini, nei limiti del possibile, cercano di seguirmi quando sono lontano da Taranto. Quando è stato necessario Benedetta talvolta si allena in una piccola vasca di un lido, in altri momenti andiamo a Bari e qualcuno si meraviglia. In verità la distanza fra Taranto e Bari si copre nello stesso tempo che si impiega a Roma per andare da un punto all’altro. Quindi nessun sacrificio, solo capacità di adattamento a quello che abbiamo. Contiamo sulla vicinanza del Circolo Aniene per i cui colori nuota Benedetta che ci mette a disposizione tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Abbiamo uno staff di cui fanno parte il dottor Franco Confalonieri che esercita a Milano e che una volta al mese a Taranto o a Roma è al nostro fianco da ormai tre anni, a Taranto abbiamo Luigi Zaffarano, il preparatore atletico e il dottor Luigi Santilio del centro di medicina dello sport di Taranto, a nostra disposizione acca ventiquattro, c’è poi il biomeccanico Stefano Nurra, l’uomo che cura la parte tecnica, partenze, virate e subaquee, e ci fornisce i video per soffermarci sulla parte tecnica. Lo staff è completo in ogni necessaria figura professionale e tutti uniti da un unico obiettivo.

Qual è stata ad oggi la tua emozione più grande nel percorso di crescita di Benedetta Pilato?

In ambito sportivo, sicuramente i cento metri che hanno segnato il passo olimpico in 1’06’’02 del 17 dicembre 2020, fu un’esplosione di gioia. Ho visto la realizzazione di un sogno. La mia vita è stata sempre scandita dai quattro anni di intervallo tra un’Olimpiade e un’altra; realizzare che la tua atleta alle prossime sarà lì è una gioia che non si può esprimere, difficile da raccontare, è qualcosa di molto intimo. Sono certo di poter affermare che la mia è stata un’emozione più grande della sua. Quelle due vasche forse me lo sogno tutte le notti più io che lei. Benedetta fino a una settimana prima non conosceva neppure il tempo di qualifica, fortunatamente non è il tipo di atleta ossessionata dai tempi, qualcosa che è sempre controproducente ai fini della prestazione, ecco, lo reputo il suo più grande pregio.

Lacrime versate?

Sempre quel dicembre, ricordo che per scaricarmi della tensione telefonai a mia moglie che non era al mio fianco a Riccione, sentii poi i miei genitori. La passione per lo sport e per il nuoto in particolare l’ho potuta assecondare anche grazie ai loro sacrifici visto che per molti anni, a turno, mi hanno accompagnato tutti i giorni in piscina. Ho ritenuto giusto dover condividere la mia gioia con loro e con mia sorella. Più grande della medaglia in Cina o a Glasgow, si trattava di aver raggiunto il sogno delle Olimpiadi. Ma adesso dobbiamo ripartire da zero.

Secondo te i successi di Benedetta Pilato hanno accresciuto l’interesse dei tanti ragazzi per il nuoto in generale e per la specialità in particolare?

In Italia, non solo a Taranto o in Puglia, lei ha un grandissimo seguito ed è un punto di riferimento, non solo in ambito sportivo. Mi chiedo da un bel po’ le ragioni del successo di Benny, e le risposte continuano ad essere le stesse: perché è molto giovane, direi ancora piccola, è spigliata, è davvero un personaggio, parla bene e tutti vedono in lei qualcuno che ce l’ha fatta. A tutti noi piacciono le storie particolari, le storie di successo, proviamo a pensare a “Pretty Woman”.  Benedetta nasce al sud, dove nell’immaginario collettivo il degrado è superiore al benessere, in una città che viene menzionata esclusivamente per le acciaierie, i licenziamenti e i tumori. Eppure lei diventa un numero uno. E’ una bella storia. L’americana Lilly King, otto anni più grande di Benedetta, primatista del mondo nella specialità, oro olimpico a Rio, in una precedente competizione a Budapest duellò più giorni e anche se per pochi centesimi lei ebbe sempre la meglio su Benedetta di cui però disse: “Ho guardato Benny negli occhi più volte, e ho capito che è l’unica a non aver paura di me”. L’affermazione inorgoglì me, ma deve inorgoglire soprattutto i ragazzi che accettano le sfide e che si impegnano per combatterle.

Prima di salutarci e di ringraziarti per la tua disponibilità, hai ancora fiato per dirci cosa è accaduto a maggio a Budapest?

Il ventidue e il ventitré maggio di quest’anno rimarranno sicuramente scolpiti nella mia mente e soprattutto in quella di Benny per il resto della vita, a prescindere da come andranno le Olimpiadi. Quelle due giornate sono state una scarica di adrenalina terribile, credo di non aver dormito per due notti. E’ stato un sogno che continuiamo a vivere e a cavalcare, andiamo a Tokyo con la giusta euforia e giusta carica. Certo, Lilly King non si sbagliava affatto.

Vincenzo Mascellaro, uomo di marketing, comunicazione e lobby, formatore, scrittore e oggi prestato al giornalismo

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