Alfonsina Strada.Il diavolo in gonnella

Nel 1924 Alfonsina Strada fa la storia come prima donna a partecipare nel Giro d’Italia e, tra critiche e pregiudizi, “il diavolo in gonnella” infrange ogni idea del suo tempo.
Alfonsina Strada

La strada è più di una semplice striscia di asfalto e righe bianche; la Strada è nervi tesi, emozione, sacrificio e tanta, tanta passione.
Se poi Strada ce l’hai nel nome, allora possiamo azzardaci a chiamarlo destino.
Questa è la storia di Alfonsina Strada, nata Alfonsina Maria Morini nel 1891, in una famiglia di braccianti analfabeti e il cui progetto di vita, almeno all’inizio, sembrava solo poter ambire a una vita come sarta del paese.
Per fortuna, non è andata così.

L’inizio della storia

È l’inizio del secolo scorso, Alfonsina è ancora piccola: “prendendo in prestito” la bicicletta del padre insegue a distanza le competizioni sportive locali e, guardando tra alberi e strade sterrate, è affascinata da quei lampi colorati su due ruote.
La velocità le piace. Le piace come la avvolge e le fa fischiare le orecchie quando si getta giù per le discese della campagna emiliana.
Piace di meno a sua madre che, ogni volta che torna a casa sporca di fango, le ricorda come questa non sia un’attività per ragazzine per bene con la testa sulle spalle.
Eppure Alfonsina non riesce a smettere: per allenarsi, la domenica mente dicendo di andare a messa ma poi, indossati corti pantaloni alla zuava, ritorna ad allenarsi a Bologna fra i giardini Margherita e la Montagnola.
La sua prima occasione per dare sfoggio di tutte quelle ore trascorse in sella a una bici è una gara cittadina a Reggio Emilia dove (gira voce) abbia vinto come premio un maiale vivo, fingendosi un ragazzo, nascosta sotto la visiera del suo cappello.
Non è la prima e non sarà l’ultima volta che Alfonsina partecipa a una gara in questo modo ma, man mano che la voce della presenza di un “diavolo in gonnella” a Castelfranco inizia a spargersi, i suoi parenti decidono di indirizzarla verso la strada del matrimonio.
Meglio che ti levi dalla testa certi pensieri, Alfonsì”, le ripete la madre mentre le pettina bruscamente i capelli, “Non sta bene”.
Eppure le due ruote continuano a ossessionarla, o meglio, a inseguirla.

Giri e rigiri

Per correre Alfonsina si sposta in giro per l’Italia da sola. Spesso va a Torino dove, avendo partecipato a una gara campestre a Stupinigi, ottiene anche il titolo di “miglior ciclista italiana” e l’invito a recarsi a San Pietroburgo al Grand Prix dove lo zar e la zarina le donano anche una medaglia
La vita è tutta una corsa, un vociare di urla che, intervallato fra un lavoro di maglia e l’altro, la portano a Milano dove incontra il cesellatore Luigi Strada (il destino ha sempre un modo divertente di mostrarsi). Uomo intelligente e “moderno” abbastanza da cogliere e apprezzare la passione per la bici della sposa, Luigi le dimostra  il suo appoggio regalandole per le nozze, nel 1915, una bicicletta tutta sua. È la sua prima, questa volta non comprata di seconda mano dal dottore del paese come quella precedente, con i manubri ricurvi perfettamente adatti per allenarsi e gareggiare.
Alfonsina, la strada è gentile e ti aspetta.
I tempi però sembrano molto meno inclini a essere cortesi.

Alfonsina Strada

Il Giro di Lombardia e la sua candidatura

1917: l’Italia è in guerra, gli animi sono abbattuti e solo alcuni sport sopravvivono, ciclismo incluso.
Il 2 Novembre si corre il Giro di Lombardia: nervi tesi e sguardo concentrato Alfonsina Strada è pronta alla partenza.
Non è stato facile arrivare là: per proporre la sua candidatura si è dovuta recare alla redazione della Gazzetta, organizzatrice dell’evento.
Qui riesce a parlare direttamente con Armando Cougnet, l’amministratore del giornale, che le permette d’iscriversi. Nessun regolamento vieta alle donne di partecipare (ma chi se la sente ora di mettersi a correre?) e una donna alla linea di partenza è un’occasione per fare notizia troppo bella per non coglierla.
Alfonsina Strada è pronta, consapevole di ciò che la aspetta: 204 chilometri, partenza e arrivo a Milano con in mezzo Varese, Como, Lecco e Monza.
3,2,1… ecco che si parte. La strada si srotola là davanti, infinita e piena di promesse.
Con il 74 sulla maglia e lo spirito del “diavolo in gonnella” lì vicino a sé, Alfonsina corre e corre sempre di più, tagliando la linea del traguardo un’ora e mezza dopo il vincitore, il belga Philippe Thys.
Gli allenamenti con Luigi sono stati provvidenziali: la minuta Alfonsina non solo ha lasciato il segno,  ma ci riprova anche l’anno successivo, arrivando al ventunesimo posto.

Alfonsina Strada

Alfonsina fa la storia: il Giro d’Italia

Le difficoltà per Alfonsina Strada però non si concludono.
Nel 1924 Luigi viene ricoverato al manicomio di San Colombano al Lambro, la paga di sarta non basta per mantenere la famiglia, ma Alfonsina è donna e dalla sua ha lo spirito pratico a darle una mano. Decide di puntare in alto: ora che finalmente si può tornare a gareggiare, deve iscriversi alla più importante gara ciclistica nazionale. Deve iscriversi al Giro d’Italia.
L’iter rimane lo stesso: presentarsi alla Gazzetta dello Sport e chiedere (soffocando l’indignazione di dover esporre la propria condizione di correre per necessità economiche) di poter partecipare. I rifiuti sono diversi, ma alla fine ecco che sul giornale, tre giorni prima dell’inizio della competizione, compare l’elenco dei partecipanti. Al numero 72 vi è “Alfonsin. Strada di Milano”; la A finale sarebbe potuta sembrare un lusso troppo pregiato.

10 Maggio: la Gara inizia.

Dodici tappe e circa 3613 chilometri. Voci di una donna in gara si susseguono e, tra chi la definisce una pagliacciata e chi crede sia solo una trovata pubblicitaria, Alfonsina Strada conquista la folla a ogni fermata, oltre che finalmente il proprio nome per intero sui giornali.
Le prime quattro tappe si susseguono regolarmente, lunghissime nella loro folle velocità di percorrenza: Milano-Genova, Genova-Firenze, Firenze-Roma (dove il re Vittorio Emanuele II regala ad Alfonsina un mazzo di fiori e una busta con cinquemila lire) e Roma-Napoli.
Ma, ecco che il Giro si dimostra in tutta la sua  profonda difficoltà: durante l’ottava tappa, l’Aquila- Perugia, pioggia e vento si abbattono con una furia improvvisa flagellando i ciclisti che cadono a terra e si trovano con le gomme forate.
Alfosina, pur avendo combattuto con tutte le sue forze, arriva fuori tempo massimo.
Scatta la polemica fra i giudici: tra chi spinge affinché venga esclusa dalla gara e chi invece insiste nel continuare a farla partecipare.
A uscirne vittorioso è Emilio Colombo, direttore della Gazzetta dello Sport che le consente di proseguire.
A Fiume una provata ciclista ricoperta di fango è accolta da una folla piena di entusiasmo che la alza in alto e la acclama come campionessa (almeno morale).
Alfonsina riesce a continuare il Giro, tra stanchezza e frustrazione, fino a Milano quando, fra i trenta partecipanti rimanenti (alla partenza erano novanta), taglia la linea del traguardo 28 ore e 10 minuti dal vincitore, l’italiano Giuseppe Enrici.

Oltre ogni record

Alfonsina Strada diventa una star e tutti vogliono sentire la storia dell’unica ciclista donna riuscita a completare il Giro (anche se negli anni successivi le verrà negata l’iscrizione). Alfonsina è chiamata anche all’estero e nel 1938 ottiene il record femminile dell’ora (35.28 chilometri) a Longchamp in Francia. L’esclusione dalle gare ufficiali però la spinge ad interessarsi anche ad altre attività: partecipa a diversi varietà e si esibisce anche in alcuni circhi.
Nel 1942 scompare il più grande fan di Alfonsina, Luigi.
Alfonsina poco dopo stringe amicizia con Carlo Messori, anche lui ex ciclista di fama, del quale diventerà presto moglie.

Pedalate finali

Alfonsina e Carlo Messori si trasferiscono a Milano, dove aprono un negozio di biciclette, “Il mio laboratorio”, con annessa officina lì; Alfonsina continua ad andare ogni giorno a lavoro in bici.
Nel 1956 corre la sua ultima gara, una competizione per veterani a Nova Milanese, che vince.
Rimasta vedova di Carlo Messori e vinta dall’età, Alfonsina scambia le due ruote della bici per quelle di una Moto Guzzi 500 rosso fiamma che, si dice, abbia acquistato vendendo parte delle medaglie e trofei vinti nel passato.

Alfonsina Strada

Nel settembre del 1959, in sella alla moto, parte molto presto per assistere alla famosa “Tre Valli Varesine”.
Al rientro, la sera, rimane famoso il suo scambio di battute con la portiera del palazzo. Malinconica ed evidentemente delusa, alle domande della donna riguardo il suo umore risponde così : “Perché nessuno mi ha riconosciuta, nessuno si ricorda più di me…”.

Torno tra un attimo

Il tempo di “Torno tra un attimo, vado a mettere via la moto per prendere la bici” che il cuore così potente di Alfonsina si ferma per sempre, lasciandola legata in un fermo immagine eterno alla sua moto (è così che i soccorsi la ritroveranno).
Alfonsina lascia dietro di sé non solo uno dei più importanti record per il ciclismo e l’uguaglianza femminile ma anche il racconto di come, con forza e passione, si possa andare incontro a tutto quello che si ricerca.
Essere un diavolo in gonnella non significa solo infrangere lo status quo, ma più di tutto vuol dire essere esempio per tutti gli altri diavoli che verranno.
O che aspettano solo di trovare loro simili.

 

Giulia Colasante si affaccia al mondo nell'ultimo anno del secolo scorso, in tempo per sentirne raccontare in diretta, abbastanza per rimanerne incuriosita. Laureata in Filosofia all'Università di Roma Tre, per tentare di capire il futuro che l'attende studia Scienze Cognitive della Comunicazione e dell'Azione. Che attende lei, ma anche un po' tutti gli altri.

ARTICOLI CORRELATI

Enzo Francescoli

Enzo Francescoli. El Principe

A casa sua ha portato tre coppe America. In Argentina è una leggenda del River Plate. In Italia è nella Hall of Fame del Cagliari. A Parigi e Marsiglia giocate come le sue non le hanno più viste. Non c’è classifica che non lo veda tra i primi cento di tutti i tempi e tra i primi venticinque sudamericani. Si chiama Enzo Francescoli. El Principe. La sua palla non ha mai fatto rumore.

Leggi tutto »

Jacob Miller. Il cerchio della vita, tra reggae, calcio e fatalità

Sport, cuore, fratellanza. Jacob Miller e Bob Marley. Jamaica, perla del caribe, reggae, ruggiti dell’anima e calci a un pallone di cuoio duro. Occhi chiusi per sognare, sorrisi che si allargano, rabbia che non cede il passo, libertà a cui non si rinuncia. Mai. Lo sapevano loro. Lo sanno i tifosi che ancora oggi dalle curve cantano al cielo Three Little Birds & Tenement Yard. E la vita gira e tutto, prima o poi, torna al suo posto.

Leggi tutto »
Millerntor Stadium

Azionariato popolare. Calcio del futuro o sguardo romantico?

La campagna di azionariato popolare lanciata dal Montespaccato Calcio, squadra di periferia romana con una storia di riscatto sociale e recupero della legalità, offre lo spunto per affinare un tema di estrema attualità. Sarà sostenibile ancora a lungo l’attuale modello di proprietà finanziaria delle squadre di calcio? L’azionariato popolare è solo una scheggia di calcio romantico, oppure è qualcosa di più? Sicuri che non possa proporre e sostenere il calcio del futuro?

Leggi tutto »
Hèlene de Rothschild van Zuylen

Hélène van Zuylen. La poetessa pilota

Nonostante essere nata in una delle famiglie più influenti al mondo, Hélène non può tenere a freno il suo spirito ribelle. Dopo aver sposato il barone van Zuylen, diviene la prima donna a gareggiare in una competizione internazionale. Il suo vero trofeo però è stato abbandonare tutte le certezze per una vita d’amore.

Leggi tutto »
Patrick De Gayardon

Patrick De Gayardon. Tra cielo e terra

Capace di volare come nessuno prima, capace di sognare come nessuno dopo. Una vita oltre l’estremo, fortemente voluta, immensamente amata, Patrick de Gayardon è ancora dove voleva essere. Tra cielo e terra.

Leggi tutto »
Boxeador

Boxeador. Pugni in musica d’autore

Una conversazione con Marco Massa, cantautore milanese che nel pugilato romantico ha trovato ispirazione di vita e di musica. Da La Lombarda di via Bellezza 16, poi Palestra Visconti, fino alla Gymnasio Rafael Trejo de l’Avana, il Boxeador di Marco Massa è alla fine un pretesto per conversare del senso delle cose e del loro significato. Fuori e dentro il ring.

Leggi tutto »
Attilio Fresia

Attilio Fresia. Oltre confine

Alla voce “pioniere” il dizionario di Oxford dice: “Scopritore o promotore di nuove possibilità di vita o di attività, collegate specialmente all’insediamento e allo sfruttamento relativo in terre sconosciute”. Spesso visionari, sempre coraggiosi. Attilio Fresia, forse né l’uno e né l’altro. È però il primo calciatore italiano all’estero. Non è poco. 

Leggi tutto »
Barazzutti e Connors

Corrado Barazzutti. Il furto di Forest Hills

1977. Us Open. Forest Hills, più che campi un tempio del tennis. Corrado Barazzutti arriva con la Davis cilena conquistata, è in forma e va avanti sino a dove nessun italiano era mai arrivato. La semifinale lo vede contro Jimmy Connors. Poteva finire in ogni modo, ma quello che fa Connors va oltre l’immaginazione e segna una delle più brutte pagine del tennis.

Leggi tutto »



La nostra newsletter
Chiudi