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Marco Pantani. Prima della fine

Venti anni di Marco Pantani, venti anni senza Marco Pantani, ma non è di un 14 febbraio e del suo mare grigio che voglio dire. Voglio dire di quello che c'è stato prima. Voglio dire di un'estate, quella del '98, una delle più grandi del ciclismo. Oggi il Jolly Roger non è a mezz'asta. Oggi il Jolly Roger è alto al cielo.
Marco Pantani

Parliamo di altro. Il mare d’inverno può essere romantico, ma a volte è solo triste e allora lasciamolo stare il mare di quel 14 febbraio di 20 anni fa, il mare di Rimini che d’estate freme di vita e che quel giorno era soltanto un mare solo e più triste. Lui e chi lo guardava. Lui e chi ci si nascondeva dentro e intorno, cercando quello che non c’era, che non c’era più. Tu non sei il ricordo di un giorno d’inverno, di un San Valentino tradito, no. Tu sei un’estate che dura una vita e anche di più. Tu sei Marco Pantani.

L’estate del ’98

Non ci sono più le estati di una volta, dicono così i vecchi.
Non ci sono più le estati del ’98, dicono così quelli che sanno di ruote incollate all’asfalto, di scatti e fughe in avanti che sono assalti all’arma bianca, proprio come quelli dei pirati.
Proprio come quelle di un Pirata.
Memorabile l’estate del ’98, una delle più grandi del ciclismo, la tua più grande, l’estate in rosa tinta poi anche di giallo che tanti hanno amato, ma che qualcuno non ti ha perdonato.

Il Giro sembrava volerti sfuggire quell’estate

Alex Zulle mette il suo e non era poco, si prende le prime montagne e per dodici delle prime sedici tappe il leader è lui. La gente però ti aspetta e a bordo strada e quando passi urla Pantani!Pantani!
Tu senti, stringi i denti e spingi sulle gambe. A Piancavallo vinci, fai ben sperare, ma subito dopo, alla crono di Trieste, Zulle trionfa ancora. Poi cambia tutto. Dopo ci sono le montagne vive e sante. A Selva di Val Gardena ti metti la rosa, Zulle sparisce, Tonkov proverà a inserirsi, ma non ce n’è per nessuno. La rosa non te la togli più, ma è un rosa che brucia da subito. Tonkov accusa, l’Italia inizia a conoscere una parola che sfuggiva ai più: ematocrito. Fai spallucce, tu sei abituato a mordere le salite, a caricartele sulle spalle, una parola te la metti in tasca e via perché davanti hai un altro monumento, il Tour.

La Grande Boucle

L’11 luglio sei a Dublino, il 2 agosto sugli Champs Elyses. In mezzo ci sono 92 ore 49 minuti e 46 secondi. In mezzo ci sono trentatré anni, quelli passati dall’ultima vittoria italiana; prima di te solo Bottecchia, Bartali, Coppi, Nencini e Gimondi. Dopo di te solo Nibali.
In mezzo ci sono il pomeriggio del 27 luglio, Deux Alpes, Jan Ullrich e un’Italia incollata al televisore. Ancora una volta la montagna viva e santa. Muscoli, nervi, fiato, cuore e chi dice altro vada a farsi fottere. Vinci, Dio come vinci! Da rosa a giallo e anche questo, come il rosa, giallo per sempre.

L’estate del ’98 come quella di Coppi del ’49. Se esiste un Dio del ciclismo, voi due lo avete guardato negli occhi e gli avete dato una pacca sulle spalle. Voi a lui, non il contrario.

Tutto questo è prima della fine

Tutto questo è prima di Campiglio ’99. È lì che il tempo si ferma, è lì che tu che alle salite parlavi, inizi a prendere discese mai viste, a chiudere gli occhi, ad andare senza mani. Chi ti vuole bene non ha parole, chi non te ne vuole ne dice troppe. Da Campiglio a Rimini è cronaca.
Io me le ricordo le biglie con i ciclisti, sai?
Ci ho giocato pomeriggi interi, ho disegnato piste sulla sabbia, battuto bene i bordi, preso bene la mira prima di far partire la schicchera e le ho viste andare una più vicina dell’altra, una superare l’altra. Non tutti i tiri andavano bene, però. A volte una biglia esuberante andava fuori pista e allora rimanevi fermo un giro prima di rimetterla dentro e ricominciare a giocare.
Deve essere accaduto così anche a te. Le tue biglie sono lì, a Imola e a Cesenatico. Non sono piccole come erano le mie, ma io sono un boomer, il tempo cambia le cose. Le tue sono grandi, dentro ci sei tu, in una stringi il manubrio ad occhi aperti, in un’altra sei a braccia aperte e ad occhi chiusi.
Le tue biglie sono uscite dalla pista, ma io le conosco le regole, lo so che sei lì, fermo un giro, pronto per tornare. Quanto dura un giro? Anche una vita, ma non ti preoccupare ce n’è sempre un’altra e se qui sei fermo, nell’altra lo so che hai già ricominciato a girare.
In rosa e in giallo.
Tutto come prima Marco. Tutto come prima.

Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)

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