Accadde ieri.
Ieri era il 18 agosto 1946 ed era domenica.
Ieri era un altro mondo.
Un altro mondo che si chiama Istria, Pola, spiaggia di Vergarolla.
Nel mondo la guerra era finita da un anno lasciando macerie e ferite aperte.
In Istria la guerra si chiamava Zona A e Zona B, si chiamava Trieste divisa, si chiamava destino incerto, si chiamava Parigi, dove la Conferenza di pace ne stava decidendo il futuro sulla carta.
La società velica Pietas Julia
La società velica italiana Pietas Julia è di grande tradizione, fondata a Pola nel 1886.
Al tempo Pola è città italiana per cultura e popolazione, ma appartiene all’Impero Asburgico, la Pietas Julia ha sentimenti patriottici e questo le procurerà non pochi problemi che, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale la porteranno allo scioglimento per andare poi a ricostituirsi alla fine del conflitto.
Attiva specialmente nella vela e nella voga, la Pietas Julia si distinguerà per i tanti successi dei suoi atleti.
Poi arriva la guerra, la Seconda.
Il ritorno alla vita
Nel 1946 c’è bisogno di tornare alla vita e cosa più dello sport può restituirne il senso?
Domenica 18 agosto era una giornata di sole e sarebbe dovuta essere anche una giornata di sport.
L’appuntamento era per le gare di nuoto a mare della Coppa Scarioni, competizione promossa dalla Pietas Julia davanti alla sua sezione velica che ha sede nella baia di Vergarolla.
Su Franco Scarioni, eclettico uomo di penna e di sport, torneremo perché ha una storia che merita di essere racconta.
Ora basti dire che fu lui nel 1914 a istituire le Gare Popolari di Nuoto, aperte a tutti nel segno di una lungimirante visione dello sport, con in palio un premio a cui dà il suo nome, la Coppa Scarioni appunto.
18 agosto
Quella mattina del 18 agosto sono tantissimi i polesani che vogliono passare una domenica al mare e che, con famiglie al completo, vanno a Vergarolla, in particolare in quel tratto di spiaggia antistante la pineta, da dove si possono vedere bene le gare di nuoto che si svolgono nello specchio di mare lì davanti.
Su quella spiaggia non ci sono solo famiglie.
Ci sono anche 28 testimoni della guerra.
Testimoni muti e immobili.
Sono bidoni esplosivi al tempo usati come difesa antisommergibile.
Bidoni recuperati a mare, spiaggiati, resi inerti da una squadra di artificieri della marina italiana.
Bidoni con cui i bambini hanno da tempo preso confidenza, ci giocano, ci girano intorno, ci saltano sopra, ci stendono asciugamani al sole.
Bidoni che non potevano esplodere. Non da soli.
Sono tanti i bambini quel giorno a Vergarolla.
Alcuni sono in acqua per le gare della mattina, altri sono in spiaggia, qualcuno è in barca a manovrare con remi di legno pesante.
Tra i tanti bambini e adulti in costume, qualcuno ricorderà di aver visto un uomo vestito di tutto punto, un uomo che srotolava un filo che di tanto in tanto ricongiungeva, proprio come fanno gli elettricisti.
L’inferno
Il 18 agosto la vita è in fermento a Vergarolla.
La mattina qualcuno ha gareggiato, qualcuno ha preso il sole, qualcun altro ha fatto il bagno.
Poi arriva l’ora di pranzo e tutto sembra placarsi.
Non tutto.
Qualcuno racconterà di aver sentito ad un certo punto un colpo secco, come se fosse uno sparo.
Qualcuno alzerà la testa.
In tempo per sentire il fragore di un’esplosione, in tempo per vedere una palla di fuoco, fiamme e fumo nero alzarsi sulla pineta, in tempo per venire gettato in terra dalla spostamento d’aria.
Sono i più fortunati.
Sono quelli che in poco più di qualche attimo vengono ricoperti di brandelli di corpi straziati che piovono dal cielo.
Sono quelli che insieme alle urla di uomini, donne e bambini vedranno i gabbiani accorrere impazziti per rivendicare il loro pasto.
Sono le 14,15 e a Vergarolla si sono aperte le porte dell’inferno.
La strage in un giorno di sport
In quella che doveva essere una tranquilla domenica di sole, di mare e di sport si consuma la più terribile strage della storia repubblicana italiana.
È bene ricordare che allora Pola era compresa nel territorio della Zona A di Trieste, sotto amministrazione anglo-americana, ma formalmente, anche se ancora per non molto, territorio italiano e che dal 2 giugno l’Italia era una Repubblica.
65 vittime riconosciute e oltre 100 quelle imputate fanno di Vergarolla la prima e più cruenta strage italiana, per lunghi anni rimossa dalla storia, ma soprattutto dalle coscienze.
La differenza nella contabilità della morte deriva dal fatto che molti furono i disintegrati e di molti altri rimasero solo brandelli irriconoscibili.
Tra loro tantissimi i bambini.
Geppino Micheletti
Tra i vivi, impossibile non ricordare Geppino Micheletti, chirurgo triestino di origine ebraica.
Nell’esplosione perde il fratello Alberto, la cognata e i due figli Carlo, 5 anni, e Renzo, 9 anni. Di Carlo avrà il corpo, di Renzo solo una scarpetta.
Il 18 agosto Geppino Micheletti è in servizio all’Ospedale di Pola ed è lì che iniziano a essere trasportati i feriti.
Geppino Micheletti sa che c’era anche la sua famiglia, la notizia della morte dei suoi gli arriverà presto, ma lui rimarrà per oltre 24 ore ad operare in in ospedale i feriti e i mutilati dall’esplosione.
Nel 1947 sarà insignito della medaglia d’argento al valor civile e della medaglia d’oro del comune di Pola in esilio.
La storia
Noi ci occupiamo di sport e in questa sede non spetta a noi ricostruire la storia.
Il contesto storico dentro il quale è maturata la strage di Vergarolla è noto a tutti, un contesto che culminerà con l’esodo degli Italiani dall’Istria e dalla Dalmazia, un contesto storico che nella tragedia della guerra ha visto l’ulteriore tragedia delle foibe.
Il quotidiano l’Avvenire si è occupato più volte di Vergarolla e nel 2016 ha raccolto e pubblicato una testimonianza illuminante al riguardo delle responsabilità.
Così come è illuminante il documentario L’ultima spiaggia che Rai Storia ha dedicato alla strage, con le testimonianze a dir poco commoventi dei bambini di allora.
Il futuro
Oggi, a 155 anni dalla fondazione, 75 anni dopo la strage di Vergarolla e dopo aver lasciato Pola il 21 gennaio 1947 portando con sé il guidone storico, la Società Nautica Pietas Julia, rinata il 13 giugno 1948 a Marina Nuova di Panzano vicino Monfalcone, continua a far crescere giovani atleti all’insegna dei valori dello sport.
La loro storia è storia di tutti.
La loro storia è il futuro di tutti.