Gilles Villeneuve. Ultimo giro.

Gilles Villeneuve, giovane, coraggioso, spesso fortunato tranne l'ultima volta, l'8 maggio '82, quando entra nella leggenda dell'automobilismo.
gilles villeneuve

Di Gilles Villeneuve abbiamo raccontato l’esordio in Ferrari quel 9 ottobre del 1977, quando per la prima volta il canadese veste il rosso di Maranello davanti al pubblico di casa, a Mosport Park, Bowmanville, Ontario, dove si corre il Gran Premio del Canada.
Amato come pochi, Gilles guidava come pochi.
Oggi è un altro giorno.

Oggi è l’8 maggio del 1982, un sabato

A Zolder sono le 13.50 e sono gli ultimi minuti dei giri di qualifica.
Spinge Gilles. Spinge perché per lui c’era solo un modo per correre, un modo che si chiama coraggio. Oltre il calcolo, oltre il possibile, per Gilles la velocità non era dinamica, ma filosofia, comprensione del mondo, proiezione interiore, battito esistenziale.
Gilles Villeneuve significa sei Gran Premi vinti, un secondo posto mondiale nel 1979 e anche molti incidenti con la sua macchina che spesso si alzava in aria a disegnare traiettorie improbabili.
È così che una stampa non sempre benevola inizierà a chiamarlo l’Aviatore.
A Gilles, fatto di cuore e velocità, quel soprannome non lo amava particolarmente, ma alla fine cerca di meritarsi anche quello: il 21 maggio 1981, sulla pista dell’aeroporto militare di Istrana, la sua Ferrari batte in accelerazione un F104 dell’Aeronautica Militare.
Qualche giorno in meno di un anno dopo, però, a Zolder, il tempo si ferma alle 13.50 o poco più.

Da Imola a Zolder

In un certo senso però il tempo aveva iniziato a rallentare a Imola, due settimane prima, il 25 aprile, con quel cartello che dai box Ferrari diceva Slow.
Gilles
era in testa, Pironi era secondo. Gilles rallenta, Pironi lo supera e la storia si ripete più volte fino a quando, all’ultimo giro, Pironi lo supera ancora e va a vincere il Gran Premio. Senza mezzi termini, per Gilles quella fu una vittoria rubata.
I rapporti tra i due si deteriorano e l’8 maggio a Zolder, durante le qualifiche, Villeneuve spinge perché vuole essere lui in pole.
Quel Gran Premio lo vuole vincere per riscattare Imola.
Villeneuve arriva in piena velocità alla curva Terlamenbocht, davanti ha la March di Jochen Mass, dal retrovisore il tedesco lo vede arrivare, all’uscita dalla curva si sposta sulla destra per lasciargli pista, ma Gilles è proprio lì che vuole passare, sulla destra.
La sua ruota anteriore sinistra tocca quella posteriore destra di Mass, la Ferrari s’invola, si torce due volte su sé stessa, si schianta contro le barriere, la scocca si spezza.
Le immagini sono impietose.
Gilles Villeneuve è proiettato fuori dall’abitacolo, spazza l’aria sulla pista, perde le scarpe, perde il casco e ricade sulla rete di protezione dal lato opposto.

Una manciata di secondi, cinque o sei

Nulla serve a nulla.
I soccorsi immediati, la rianimazione sul posto, Eddie Cheever che si ferma cercando di essere utile, la corsa in ospedale, l’aereo che da Montecarlo porta la moglie Joanna a Lovanio.
Nulla serve a nulla, Gilles è clinicamente morto.

https://www.youtube.com/watch?v=Z22qQl6s734

Alle 21.12 Joanna lo libera e fa spegnere la macchina che lo tiene artificialmente in vita.
Giovane, coraggioso, spesso fortunato a uscire indenne da incidenti paurosi tranne l’ultimo, Gilles Villeneuve entra nella leggenda dell’automobilismo.

“Gli volevo bene”

Così dirà di lui il Grande Vecchio, Enzo Ferrari, il drago che lo aveva preso a cuore. Lui come tanti, tantissimi di noi.
E allora oggi prendiamoci tutti il lusso di immaginare una fine diversa.


Immaginiamoci di vederlo tornare indietro a piedi, sulla pista, proprio come nella foto che lo ritrae tornare ai box il 23 ottobre 1977 dopo l’incidente al Gran Premio del Giappone.
Nulla serve a nulla.
Neanche un lusso serve, è vero, ma almeno per un giorno facciamo finta che sia andata così.

Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)

ARTICOLI CORRELATI

Giovanni Leone Reggio

Giovanni Leone Reggio. L’oro di Kiel

Giovanni Leone Reggio è entrato a vele spiegate nella storia dello yachting italiano grazie alla superba vittoria ottenuta alle Olimpiadi del 1936 che regala alla vela italiana il primo oro olimpico. Lo ricordiamo con un’intervista che Emilio Isnaldi, appassionato scrittore di vela, ha pubblicato nel 1941 su “Motonautica, Vela e Motore”, recuperata grazie all’archivio del centro Studi Tradizioni Nautiche della Lega Navale Italiana

Leggi tutto »
Abebe Bikila

Abebe Bikila. Il maratoneta scalzo

Tutti lo ricordano come il vincitore scalzo della maratona dell’Olimpiade di Roma 1960. Ma Abebe Bikila non era solo un atleta straordinario, iconico e inarrivabile. La sua vita, spentasi a solo 41 anni, sembra uscita dalla fervida fantasia di uno sceneggiatore di Hollywood.

Leggi tutto »
Gastone Nencini

Gastone Nencini e il treno galeotto

Una piccola storia, un aneddoto che fotografa il tempo. È il 1960 quando Gastone Nencini vince il Tour de France, un trionfo per il ciclista intrepido delle discese. Il rientro in Italia è in treno ed un trionfo è quello che lo attende alla stazione di Firenze. A Bologna qualcuno sale sul treno e lo raggiunge. Qualcuno che, in un’Italia ancora ferma su sé stessa, a Firenze si dovrà nascondere

Leggi tutto »
Faruk Hadžibegić

Faruk Hadžibegić. Quel rigore tra calcio e guerra

Un calcio di rigore cambia un destino. Di un giocatore, di una partita, di un campionato. A volte anche di una terra. Faruk Hadžibegić non poteva sapere che tornando a casa dopo l’eliminazione della Jugoslavia da Italia ’90, il mondo, il suo mondo, sarebbe andato a soqquadro e il destino, il suo destino, sarebbe stato a lungo girovago.

Leggi tutto »
Holly e Benji

Holly e Benji. Due fuoriclasse

Il cartone animato sul calcio che a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 ha conquistato milioni di giovani telespettatori, tra i quali parecchi calciatori professionisti, presenta alcune interessanti curiosità. Scopriamole insieme in questo articolo.

Leggi tutto »
DDR

DDR. L’inno oltre il Muro

Boomers di tutto il mondo unitevi! Hey Jude, don’t make it bad cantano i quattro di Liverpool, ma è nella piscina olimpica Francisco Marquez di Città del Messico dove risuona la musica più iconica di questo momento di ebollizione sociale e culturale. Sarà la colonna sonora per un ventennio. 

Leggi tutto »



La nostra newsletter
Chiudi